L'anniversario

La prima Sony PlayStation compie trent'anni

La console, la cui rivoluzione fu più filosofica che tecnologica, è entrata nel linguaggio comune anche di chi non pratica i videogiochi o addirittura li detesta
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Stefano Olivari
03.12.2024 09:45

La PlayStation è una di quelle poche cose che sembra siano sempre esistite, per come è entrata nel linguaggio comune anche di chi non pratica i videogiochi o addirittura li detesta. E invece è esistito anche un mondo senza PlayStation, visto che i primi esemplari furono messi in vendita dalla Sony il 3 dicembre 1994, esattamente 30 anni fa, mentre in Europa la magica console sarebbe uscita nel settembre del 1995. Una rivoluzione, di cui oggi si fatica a capire la portata visto che ci viviamo ancora dentro.

Non solo bambini e adolescenti

L’idea rivoluzionaria della PlayStation, ricordata come Playstation 1 o PS1, non fu di tipo tecnologico ma filosofico. Non era soltanto una console per videogiochi migliore di quelle precedenti, come è logico che sia in questo settore, ma un prodotto in teoria a disposizione di tutta la famiglia. Quindi non qualcosa da mettere nella cameretta dei figli, di solito i figli maschi, ma un oggetto da affiancare al televisore principale della casa. L’intuizione della Sony, ufficializzata con una campagna pubblicitaria martellante, ebbe un successo immediato ma anche duraturo visto che della sola PS1 sarebbero stati venduti quasi 105 milioni di esemplari. Poi nella realtà dei fatti la prima PlayStaion veniva usata dai ragazzini maschi per videogiocare in modo classico, visto che internet e l’online erano per il grande pubblico agli albori, ma la percezione era comunque diversa rispetto a un SEGA MegaDrive o a un Super Nintendo. Era sempre un prodotto per adolescenti, che però strizzava l’occhio ad adulti che volessero sentirsi adolescenti e che non era troppo complicato da capire. Un’idea, sottolineiamo, che oggi sembra banale perché le differenze psicologiche fra generazioni sono molto più sfumate (e non sempre è un bene), ma che all’epoca spaccò.     

Doveva essere Nintendo

La curiosità di questo trentennale successo della PlayStation è che la Sony fino alla fine degli anni Ottanta non aveva mai pensato al mercato dei videogiochi, che molti analisti davano per morto, ucciso dai personal computer, o eufemisticamente per ‘maturo’. I fallimenti a catena di metà degli anni Ottanta erano ancora freschi. Infatti la Sony invece di studiare una sua console collaborò con la Nintendo per alcuni componenti di quello che nel 1990 sarebbe diventato il Super Nintendo, quello che chiamavamo Super NES o SNES, che andò a fare concorrenza frontale al Mega Drive della SEGA: ecco le console mainstream dell’epoca erano queste due e in tutto questo la Sony faceva da spettatrice e fornitrice, continuando con il suo marchio a vendere televisori e tutta l’elettronica possibile. La svolta avvenne quando la Nintendo pensò di affiancare alle leggendarie cartucce un supporto basato su CD-ROM e affidò proprio alla Sony lo sviluppo del drive. Scontato il finale della storia: dopo mille litigi e riappacificazioni, fra il Giappone delle due aziende e gli Stati Uniti che erano il mercato chiave, Nintendo e Sony si separarono e la Sony si fece la sua console in casa, progetto peraltro allo studio in segreto fin dall’inizio, rinunciando a mettere porte compatibili con le cartucce Nintendo e puntando tutto sul CD. Scelta non banale perché quasi nessuno ci credeva, visto che la stessa Nintendo dopo avere affidato il progetto CD alla Philips decise di bloccarlo e di puntare tutto sulle cartucce.

La pirateria

Il non detto del successo della PlayStation è che parte del suo successo istantaneo sia stato dovuto alla facilità di riproduzione illegale del CD rispetto a quella delle cartucce, quindi con i giochi acquistabili anche al 20% del prezzo originale. Certo non era colpa della Sony, visto che per adattare la PlayStation ai CD masterizzati occorreva una modifica (facile, va detto), ma questa facilità di accesso ai giochi fece della PlayStation la scelta numero 1 dei videogiocatori compulsivi, quelli che volevano avere tutto e passare da un titolo all’altro senza rovinarsi finanziariamente. Ma certo il boom in Giappone, negli Stati Uniti e in Europa non si può ridurre alla pirateria: la qualità era migliore rispetto alle generazioni precedenti di console e anche rispetto al coevo SEGA Saturn, i titoli nati come titoli da PlayStation erano tantissimi, e inoltre il passaparola faceva sì che la PS fosse argomento comune di conversazione, in certe fasce di età sopra il livello del calcio. E poi l’aspetto CD era fondamentale per vendersi come prodotto per tutta la famiglia, anche se abbiamo conosciuto ben poche persone, diciamo pure nessuna, che ascoltassero CD audio tramite la PlayStation.

E che giochi...

Al di là delle considerazioni storiche e di mercato, non c’è dubbio che la base del successo dei videogiochi siano i videogiochi stessi. E molti di quelli creati apposta per la prima PlayStation sono diventati culto e franchise: da Final Fantasy VII, il gioco di ruolo dei giochi di ruolo, a Gran Turismo, da Tomb Raider a ISS Pro Evolution, da Metal Gear Solid a Medal of Honor, passando per il re dei survival horror, Resident Evil. O gioielli come Silent Hill, Castlevania Symphony of the Night o i due capitoli di Oddworld (Abe's Oddysee e Exoddus). Un elenco quasi infinito. La PlayStation 2 sarebbe stata messa in commercio all’inizio del 2000 ma l’amatissima capostipite sarebbe rimasta in produzione, dopo qualche modifica ribattezzata PS One, addirittura fino al 2006: milioni di persone, non necessariamente appassionate di retrogaming, tuttora ne hanno in casa una funzionante. Proprio per questo non sono mancate nel corso degli anni operazioni nostalgia ufficiose e ufficiali, quasi tutte fallimentari con la PlayStation Classic del 2018 come esempio negativo. La PlayStation era la PlayStation, punto. Si può giocare con quella moderna, la PS5 che dovrebbe durare almeno fino a tutto il 2027, ma si deve conoscere quella vera, che non aveva bisogno di un impegno semiprofessionistico per padroneggiare le basi dei giochi. Non aveva bisogno nemmeno del gioco online, che sarebbe arrivato con la PS2, e la cosa che fa davvero impressione è in fondo questa: un mondo protetto in cui giocavamo da soli o con i nostri amici. Il mondo della PlayStation.