L’agroalimentare si scopre tecnologico
L’emergenza Covid19 ha messo a dura prova il settore agroalimentare con ricadute sull’intera filiera. Dalle sospensioni di alcune attività, alla generazione di sprechi ed eccedenze di prodotti rimasti invenduti o non serviti, fino alla difficoltà di scambio di materiali tra diverse parti del mondo e calo di manodopera disponibile. In risposta a queste criticità, però, sono nate collaborazioni fra imprese, terzo settore ed enti pubblici per garantire la distribuzione di aiuti alimentari e valorizzare le eccedenze.
Per esempio, si è riscoperto il potenziale della “filiera corta” che riduce le distanze a monte e a valle, non solo tramite la vicinanza geografica ma anche l’integrazione verticale, la disintermediazione e lo scambio di informazioni tra gli attori della filiera, per una maggior inclusione e trasparenza. Come è successo in Ticino con Chilometrozero, un servizio gratuito promosso dalla Città di Lugano per mettere in contatto venditori e consumatori, con particolare attenzione ai prodotti del territorio (informazioni qui e su https://solidarietadigitaleated.ch).
O come nel caso di Terranostra, una piattaforma online ticinese attiva da alcuni anni e che mette in relazione produttori, mercati e famiglie in pochi clic (qui un video che spiega come funziona).
Inoltre, è stata messa in evidenza l’importanza dell’imballaggio, per tutelare la sicurezza del cibo e rendere tracciabili i prodotti e la filiera. La gestione dell’emergenza Covid19 ha offerto l’occasione per ripensare l’intero sistema agroalimentare in una logica più sostenibile, grazie anche all’innovazione portata dalle startup, che propongono nuovi modelli di business e nuove soluzioni sostenibili e circolari. Secondo un’analisi dell’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano, sono ben 1.158 le startup internazionali dell’agroalimentare nate tra il 2015 e il 2019. Perseguono obiettivi di sostenibilità economica, sociale e ambientale attraverso soluzioni per contrastare la fame, stimolare la transizione a sistemi di produzione e consumo più responsabili, usare in modo più efficiente le risorse idriche e tutelare gli ecosistemi ambientali: circa il 39% in più di quelle rilevate lo scorso anno (835) e il 24% delle 4.909 startup agroalimentari complessive. Di queste, il 39% ha ricevuto almeno un finanziamento, per un totale di 2,3 miliardi di dollari raccolti, pari in media a 5,2 milioni di dollari a startup. I Paesi con la più alta concentrazione di startup sostenibili sono: Svezia (20, di cui il 50% sostenibili), Olanda (49, di cui il 39% sostenibili) e Finlandia (27, di cui il 37% sostenibili). L’Italia, con 53 startup di cui solo 7 sostenibili (il 13%), presenta un mercato ancora limitato, che raccoglie appena 300mila dollari di finanziamenti, pari allo 0,01% del totale.
Gli obiettivi di sostenibilità su cui si concentrano maggiormente le startup sostenibili sono l’impegno per migliorare l’accesso alle risorse produttive, lo sbocco sul mercato e reddito dei piccoli produttori (245 startup), l’aumento della produttività e della capacità di resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatici (177 startup) e la riduzione di sprechi e eccedenze alimentari lungo la filiera (136). Seguono la gestione più efficiente delle risorse naturali utilizzate nei processi produttivi (128), le azioni per minimizzare l’impatto ambientale delle sostanze chimiche impiegate in agricoltura e dei rifiuti prodotti (96), garantire a tutti l’accesso al cibo (69 startup) e ottimizzare l’uso delle risorse idriche (64). Chiudono la classifica degli obiettivi di sostenibilità più perseguiti la conservazione, il ripristino e l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri e d’acqua dolce (56), la sensibilizzazione a stili di vita più sostenibili (23), la promozione di infrastrutture verdi (22) e il riciclo e il miglioramento della qualità dell’acqua (22).
Quasi quattro startup sostenibili su dieci sono operatori che analizzano dati e monitorano le prestazioni attraverso dispositivi intelligenti (o smart), per ottimizzare le attività agricole e ridurre gli sprechi (456 startup, il 39% del totale); una su cinque si occupa di processare il cibo, puntando su ingredienti naturali e cibi proteici alternativi (231 startup, il 20%); il 15% (179 startup) forniscono tecnologie per l’agricoltura di precisione e propongono soluzioni per la coltivazione idroponica (ovvero, la coltivazione delle piante in soluzioni acquose di sali nutritivi o su materiali di esse imbevuti).