Ma quale NATO, ad aiutare l'Ucraina c'è la «NAFO»
Grazie. Una parola che il ministero della Difesa ucraino, su Twitter, ha espresso tante, tantissime volte dall’inizio della guerra. Grazie ai partner internazionali, nello specifico. A fine agosto, però, l’account ha speso parole al miele per un’entità particolare. La North Atlantic Fellas Organization o se preferite NAFO. Il cinguettio era accompagnato dall’immagine di un cane, vestito con l’uniforme dell’esercito di Kiev. Alle sue spalle, dei razzi prendevano la via del cielo. La NAFO è stata ringraziata, nello specifico, per la feroce lotta contro la propaganda e i troll del Cremlino.
Il ministro ha aderito
La NAFO è un acronimo carico di ironia adottato da un gruppo di utenti. L’obiettivo? Difendere la causa ucraina. Il simbolo della lotta, appunto, è un cane di razza Shiba Inu, divenuto celebre a suo tempo grazie a un meme. E proprio i meme sono al centro delle offensive della NAFO. Non mancano, va da sé, i riferimenti alle prestazioni militari della Russia oltre alle affermazioni particolari dei funzionari del Cremlino.
Il ministro della Difesa ucraino in persona, Oleksii Reznikov, ha ringraziato ogni persona che si cela dietro al simbolo della NAFO cambiando, a sua volta, la sua immagine profilo su Twitter. Al posto di un ritratto tradizionale, Reznikov ha inserito una versione canina di sé stesso. Niente male. L’esperimento, ha detto, durerà una manciata di giorni.
«L’espansione della NAFO non è negoziabile» ha aggiunto il ministro, riprendendo uno degli slogan del gruppo che, manco a dirlo, fa il verso alla richiesta avanzata a suo tempo da Mosca. Ovvero, che l’Ucraina rinunciasse ad aderire alla NATO.
Il ritorno della Madonna con Javelin
La NAFO, leggiamo, è stata inventata da un utente di nome @Kama_Kamilia alla fine di maggio. I social hanno fatto il resto, garantendo viralità. Il successo, evidentemente, è dovuto ai toni giocosi ma taglienti, come pure al nome accattivante che richiama quello dell’Alleanza atlantica. Soprattutto, la NAFO ha saputo raccogliere giorno dopo giorno sempre più persone indignate e, parallelamente, aiuti per l’Ucraina attraverso donazioni puntuali.
All’inizio, riferisce l’Economist, l’utente disegnava avatar personalizzati, chiamati «Fellas», per tutti coloro che donavano alla Legione georgiana, un gruppo di volontari militari stranieri presenti in Ucraina. Gli avatar hanno attirato l’attenzione di Christian Borys, il fondatore di Saint Javelin, un’organizzazione di raccolta fondi con un logo altrettanto irriverente: la Vergine Maria con in braccio un missile anticarro (ne avevamo parlato qui). Borys non solo ha donato del denaro per procurarsi un «Fella» tutto suo, ma ha deciso di vendere prodotti raffiguranti lo Shiba Inu militarizzato anche sul suo sito, capace di raccogliere dall’inizio del conflitto qualcosa come 1,5 milioni di dollari in aiuti umanitari e militari. Un migliaio di utenti pro-NAFO si trova invece su Discord.
Il ruolo dei social media
Il ruolo dei social media in questa guerra, a partire dai videoselfie di Volodymyr Zelensky, è stato sottolineato sin dai primi giorni di invasione. La NAFO, secondo gli esperti, ha svolto un ruolo chiave nell’impedire alla Russia di assumere il controllo dell’informazione. Come era abituata a fare e, in parte, come ha fatto nel 2014 quando ha annesso la Crimea e promosso incertezza e confusione nel Donbass.
Di più, mentre l’Occidente ha (quasi) smesso di occuparsi della guerra su base quotidiana, ritenendola oramai un’abitudine, gli attivisti della NAFO hanno mantenuto alta l’attenzione. E questo grazie all’ironia e al sarcasmo, allargando il campo al divertimento.
La forza dei meme, a tal proposito, è riconosciuta anche dai vari eserciti. Gli americani, ad esempio, già nel 2006 valutavano la creazione di un vero e proprio Meme Warfare Center. Ma opzioni studiate a tavolino, va da sé, difficilmente risultano vincenti. Nel 2020, il Cyber Command del Pentagono pubblicò l’immagine di uno sfortunato orso dei cartoni animati con l’obiettivo di prendere in giro gli hacker russi. Tutto molto bello, peccato che il Pentagono impiegò qualcosa come tre settimane per progettare il tutto. Troppo, davvero. L’immagine venne retwittata poco meno di 200 volte, mentre quella di Reznikov oltre 4.500.
Se Putin ha perso (almeno) la guerra dell’informazione in Ucraina, gran parte del merito va attribuita a questi eserciti virtuali e spontanei, o meglio al caos creativo capace di generare a getto continuo prese in giro. Grazie, ha cinguettato non a caso il ministero della Difesa ucraino.