Lo studio

Ma quanto sono utilizzati chatbot e voicebot in Ticino?

Con Sophie Hundertmark, esperta nel campo dell'AI generativa e ricercatrice associata all'Università di Lucerna, parliamo di intelligenza artificiale e dell'uso che se ne fa nel nostro Cantone, tra casa e lavoro ma anche tra opportunità e perplessità
© KEYSTONE/DPA/Philipp Brandstädter
Federica Serrao
14.12.2024 10:45

Traduttori. Chatbot. Voicebot. L'intelligenza artificiale, ormai, è ovunque. Sempre più frequente, soprattutto, è l'uso che le persone fanno di questi strumenti, sia nella vita privata che in quella professionale. Che sia per lavoro, o per risolvere una faccenda in casa, sono sempre più numerosi coloro che ricorrono all'AI per risolvere problemi o ricevere risposta a quesiti di vario tipo. 

Una tendenza, questa, ormai presente anche in Svizzera, e persino in Ticino. Come evidenzia un recente studio condotto da Sophie Hundertmark, esperta nel campo dell'AI generativa e ricercatrice associata all'Università di Lucerna e Massimiliano Decarli, dottorando con focus sulle applicazioni dell'IA e blockchain nell'economia svizzera. Dai risultati del sondaggio dei due ricercatori emergono infatti quelli che sono i servizi di intelligenza artificiali più utilizzati nel nostro Cantone, tra criticità e opportunità derivanti dall'applicazione di queste tecnologie. 

Uso ormai quotidiano

Il primo dato su cui soffermarsi è, sicuramente, quello relativo all'utilizzo, vero e proprio, dell'intelligenza artificiale. Stando ai risultati dello studio, il 42,6% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare i servizi di AI «quotidianamente», spesso in modo «intensivo», in aree come la creazione di testi, la traduzione o la generazione di immagini. Un uso molto frequente che, come sottolinea lo studio, suggerisce che i servizi di AI sono ormai  «integrati nella vita quotidiana degli utenti», soprattutto in contesti professionali o creativi. 

Non solo. Un altro gruppo, pari al 44,7% degli intervistati, ha invece affermato di usare l'intelligenza artificiale, seppure «piuttosto raramente». Sebbene questi strumenti vengano considerati utili, il loro utilizzo è ancora circoscritto a determinate situazioni o viene impiegato unicamente per scopi e mansioni specifiche. Tuttavia, c'è anche una minoranza di persone che, a tutti gli effetti, ha dichiarato di non utilizzare mai – o quasi – l'intelligenza artificiale o strumenti come chatbot e voicebot. Si tratta del 12,8% dei partecipanti allo studio: un risultato che dimostra che esiste ancora un gruppo «non trascurabile» di persone che o non hanno accesso alle tecnologie di intelligenza artificiale, oppure non ne riconoscono il potenziale. Ciononostante, nel complesso, il 90% dei 116 intervistati in Ticino, chi più e chi meno, chi tutti i giorni e chi saltuariamente, rivela di far uso dell'intelligenza artificiale.

Osservando solo i dati, sorprende vedere che più del 12% degli intervistati abbia indicato di non usare mai strumenti legati all'intelligenza artificiale. «Ci sono sempre persone che dichiarano di non utilizzare queste tecnologie. Sono le stesse che, spesso, hanno un iPhone e non sanno di utilizzare regolarmente l'intelligenza artificiale», spiega Sophie Hundertmark. «Tuttavia, in questo studio ci siamo concentrati soprattutto su chatbot e voicebot. Dunque, di modi più pratici, come l'uso di ChatGPT. In questi casi, penso quindi che chi ha risposto in maniera negativa, semplicemente, non usi queste tecnologie». Ciononostante, però se pensiamo all'intelligenza artificiale in generale, come conferma l'esperta, potremmo dire che «la maggior parte della popolazione utilizza Google» e, di conseguenza, strumenti legati all'AI. 

Tra casa e lavoro

Ma non è tutto. Come abbiamo anticipato, l'uso di questi strumenti si può suddividere tra uso professionale e uso privato. C'è chi, infatti, utilizza strumenti come ChatGPT per pianificare un viaggio, direttamente dal divano di casa. E chi, invece, lo interpella chiedendogli aiuto per una mansione di lavoro. Ciò che è certo, è che non sembra esserci una distinzione significativa tra l'utilizzo di intelligenza artificiale tra le mura domestiche e nell'ambiente lavorativo. 

Stando a quanto emerge dal sondaggio, infatti, il 75,6% degli intervistati utilizza l'intelligenza artificiale sia sul lavoro che a casa. Un dato, questo, che evidenzia come questi servizi siano considerati utili in entrambi gli ambiti della vita e vengono utilizzati per aumentare l'efficienza sia sul lavoro che nella vita quotidiana. Al contrario, solo il 13,4% ha dichiarato di utilizzare l'AI solo in ambito professionale, mentre l'11% solo privatamente. 

Sì ai chatbot, ma i voicebot non convincono

Quando si parla di intelligenza artificiale, non si possono menzionare i chatbot. Ormai ampiamente accettati dalle persone, come si evince sempre dal sondaggio. In Ticino, il 55,9% degli intervistati ha infatti rivelato di averne utilizzato uno negli ultimi sei mesi. Un dato che, una volta di più, conferma l'importanza che mezzi come questo stanno acquisendo nell'esperienza degli utenti. Ciononostante, rivela lo studio, c'è ancora «un potenziale di miglioramento». Mentre il 42,3% degli intervistati ha dichiarato di aver risolto un problema grazie a un chatbot, un altro 38,5% ha indicato di trovato risposta alle proprie richieste solo parzialmente. Il che evidenzia, insomma, come questi strumenti non siano ancora privi di debolezze. 

Una differenza sostanziale, però, la si incontra quando parliamo di voicebot. Strumenti, questi, che come emerge dal sondaggio, sono decisamente meno diffusi tra i ticinesi. Solo il 22,5% degli intervistati ha infatti rivelato di averne utilizzato un voicebot, mentre il 67.4% ha dichiarato di non averne mai usato uno. Interessante osservare che il 10,1% degli intervistati, invece, si è detto «non sicuro» di aver mai utilizzato un voicebot. Un segnale che suggerisce che questi strumenti, con ogni probabilità, possono non essere sempre riconoscibili. Non sono molti, tuttavia, gli utenti che si dicono «soddisfatti» dell'aiuto offerto da un voicebot: il 30% di intervistati ha dichiarato che i loro problemi, sottoposti a un voicebot, non sono stati risolti, mentre solo il 20% ha espresso piena soddisfazione. Un'altra fetta di intervistati, pari al  50% di chi li ha utilizzati, ha invece indicato che questi strumenti sono stati in grado di risolvere «solo parzialmente» i problemi a loro presentati. Forse perché, evidenzia lo studio, la tecnologia non è ancora «matura»  e spesso non è in grado di gestire nel modo appropriato le richieste complesse.

Non far confusione

Come abbiamo detto, l'intelligenza artificiale, al giorno d'oggi, è, praticamente, ovunque. Ragione per cui, questa presenza impone qualche riflessione. In particolare, riguardo preoccupazioni e timori che la società può avere nei confronti di questi strumenti. «La maggior parte delle persone pensa, per esempio, che ChatGPT sia uno strumento utile, ma riconosce anche che alcune parti di queste tecnologie possono essere pericolose», osserva Sophie Hundertmark. «In effetti, ci sono problemi riguardanti i dati, la privacy dei dati e non solo. Ma molte persone confondono la tecnologia dell'intelligenza artificiali con strumenti come ChatGPT». E sono proprio questi ultimi, spiega la ricercatrice, gli strumenti che riscontrano più criticità. «L'intelligenza artificiale in generale, però, è un linguaggio. Che si può usare sia per il bene che per il male. Ed è per questo motivo che per noi è importante ricordare che deve esserci educazione. Ci sono persone, spesso bambini, che pensano di non dover più imparare le regole di grammatica o di ortografia perché esiste ChatGPT», avverte l'esperta. Ma queste tecnologie non possono sostituire certe competenze. «Ed è per questo che dobbiamo essere in grado di usare il pensiero critico, ed educare il più possibile all'utilizzo di questi strumenti». 

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