L’opinionista

Nuove tecnologie: questione di strategia

Una nuova puntata de «L’Opinionista» dedicata all’impatto delle cosiddette nuove tecnologie nell’ambito del diritto.
Una nuova puntata de «L’Opinionista» dedicata all’impatto delle cosiddette nuove tecnologie nell’ambito del diritto.
20.10.2021 11:57

La rubrica «l’Opinionista» in collaborazione con MAG del Corriere del Ticino incontra Prisca Quadroni-Renella, Founding Partner presso AI Legal & Strategy Consulting AG, intervistata da Davide Proverbio.

Nell’intervista l’avvocato racconta l’impatto delle cosiddette nuove tecnologie nell’ambito del diritto e come si comportano le imprese nell’adozione da un punto di vista strategico delle innovazioni. Nella loro introduzione è fondamentale avere subito un quadro normativo chiaro, perché si hanno implicazioni etiche o, ad esempio, strettamente connesse alla sicurezza e salvaguardia dei dati una volta che il processo di automazione è avviato. Essere in grado di prevedere i rischi connessi aiuta a non cadere in situazioni critiche successive davanti alla legge.

Avvocato Quadroni Renella, che cosa sono le nuove tecnologie dal suo punto di vista?
«Nelle leggi si tende a rimanere vaghi nei termini per non escludere tipologie di tecnologie di cui non si è ancora a conoscenza. Nell’applicazione dipende dai clienti e in particolare dal loro grado di utilizzo e adozione di queste ultime. Per esempio, per alcuni dei nostri clienti il «cloud» risulta ancora una tecnologia nuovissima con cui devono andare d’accordo. Se poi prendiamo uno dei miei ambiti preferiti, quello dell’Intelligenza Artificiale (AI), la definizione risale agli anni ’50, ma con il tempo è evoluta e oggi si parla molto di machine learning e deep learning (n.d.r. ovvero, sistemi di apprendimento automatico più evoluti e sofisticati). Direi che è molto personale il senso di «novità» e nel mio lavoro a livello legale si cerca di essere il più possibile ampi per includere lo spettro più ampio di innovazioni sotto questo termine, così da fornire la migliore consulenza alle aziende e clienti che si rivolgono a noi».

Da un punto di vista della sua professione legale, come si diventa un avvocato esperto in materia di nuove tecnologie?
«Ammetto di aver operato una scelta contro corrente in famiglia, per aver frequentato studi in giurisprudenza piuttosto che in medicina, fisica o biochimica. Ho però visto come fosse utile conoscere le nuove tecnologie e trovare il modo di sfruttarle nel mio ambito legale. Sono, inoltre, una persona molto curiosa e anche un po’ pigra. Ovvero, se la macchina mi solleva dal lavoro noioso, come è per me quello amministrativo o di ricerca fra i codici e la mole di sentenze, ne sono più che felice. In questo modo, posso dedicarmi a parti del mio lavoro che apprezzo molto di più! Quindi, posso avere più tempo per ascoltare e analizzare meglio i casi dei miei clienti, sviluppare con loro nuove opportunità. Inoltre, mi sono resa conto che, come avvocato, ho affinato una notevole esperienza nel gestire i problemi dei clienti che si affidano a me. Una competenza che può essere di valore anche per prevenire future criticità, che spesso sono proprio legate all’adozione delle nuove tecnologie».

Un caso concreto su tutti in cui si è trovata a risolvere in anticipo una controversia quale è stato?
«Alcune aziende volevano introdurre un chatbot (ovvero un sistema di risposta immediata) visto che i concorrenti lo stavano usando. Il problema è che si tratta si una tecnologia complessa e non sempre risponde alle aspettative. Inoltre, se si desidera un chatbot sofisticato è assai costoso e richiede parecchio lavoro (e quindi tempo). I clienti non avevano valutato questi aspetti da cui potevano nascere controversie e delusioni.. Per questo motivo bisogna sempre verificare cosa rende speciale un’azienda e valutare al meglio la tecnologia da introdurre».