«Twitter? L'ho comprato per aiutare l'umanità»
Oramai è fatta. Anche se, quando di mezzo c’è Elon Musk, è bene non fidarsi. In ogni caso, il patron di Tesla e SpaceX ha gettato le basi, anche online, per far capire che sì, andrà – finalmente – a segno con l’operazione Twitter. Sul suo profilo, per dire, ha modificato la bio inserendo il titolo di chief twit e, ancora, impostando la localizzazione presso la sede centrale del social network. Dettagli, certo. Ma molto significativi.
Non solo: ieri, 26 ottobre, Musk si è presentato nel quartier generale di Twitter con in mano un lavandino. Sì, avete capito bene. Un lavandino. Ovviamente, si è fatto immortalare dai presenti e il video, pronti via, è diventato virale. D’accordo, ma perché entrare in azienda con un lavandino? Semplice: il riferimento è a un vecchio meme con protagonista un lavello (sink, in inglese) associato all’espressione «let that sink in», utilizzata dallo stesso Musk e traducibile letteralmente con «lascia che affondi». Un invito a rendersi conto che sì, l’acquisto di Twitter sta succedendo davvero.
La scadenza
La vicenda, cominciata quasi per scherzo lo scorso aprile, manco a dirlo con un cinguettio, dovrebbe dunque concludersi domani, 28 ottobre, entro i termini stabiliti dal tribunale del Delaware, specializzato nelle cause legali di alto livello. La trattativa, inizialmente, si basava su un’offerta pari a 44 miliardi di dollari per l’acquisto di Twitter. Offerta che era stata accettata nell’interesse di tutti, come avevano sottolineato i vertici della piattaforma a suo tempo. Poi, però, l’imprevisto, con il tasto «pausa» premuto da Musk al grido «fatemi vedere qual è il vero numero di account falsi». Musk, a un certo punto, aveva pure ufficializzato il dietrofront con una lettera inviata all’Autorità di vigilanza della Borsa statunitense, la SEC.
Di qui il tira e molla, la causa intentata da Twitter per costringere Musk a tenere fede alla parola data, la controdenuncia di Musk, il dibattito attorno alla libertà di espressione e al futuro della piattaforma, sempre più al centro del discorso politico.
L'app totale
Il processo, come noto, sarebbe dovuto cominciare il 17 ottobre. Ma, a inizio mese, proprio Musk, nel frattempo finito nel vortice della polemica per le sue posizioni sulla guerra in Ucraina e su Taiwan, ha cambiato un’altra volta idea. Bello, bellissimo. E parti nuovamente al lavoro per finalizzare l’accordo alle condizioni di aprile.
Domani, a meno di incredibili rovesciamenti di fronte, Musk metterà le mani sull’agognato social network. E potrà, soprattutto, cominciare a progettare la fantomatica app totale.
D’accordo, ma intanto che ne sarà di Twitter? Come e quanto cambierà rispetto alla piattaforma che conosciamo (e usiamo) oggi? Il Washington Post, al riguardo, ha spiegato che il patron di Tesla e SpaceX intende ridimensionare, e pure parecchio, la forza lavoro. Con tutte le conseguenze del caso in termini di sicurezza nonché lotta alle fake news e ai discorsi d’odio.
Il direttore marketing di Twitter Leslie Berland, secondo quanto riportato da Bloomberg, ha usato toni più accomodanti. «Elon è negli uffici di San Francisco questa settimana per incontri. Questo è solo l’inizio di molti incontri e conversazioni con Elon, e avrete modo di sentirlo direttamente da lui venerdì». Dipinto così, insomma, Musk appare come un predicatore buono.
Le buone e cattive notizie
Di sicuro, il magnate ora dovrà fare sul serio. Molto sul serio. I mercati, con il titolo in risalita e vicino ai 54,20 dollari offerti ad aprile, gli stanno dando linfa e fiducia. Lo stesso i partner dell’operazione, fra cui Morgan Stanley e Bank of America.
Resta da capire, come detto, che ne sarà della forza lavoro e, ancora, se è vero che Musk, la rivelazione è di Time, intende davvero tagliare il 75% dei dipendenti in una sorta di maxi-piano riorganizzativo. L’ipotesi, questa ipotesi, sarebbe però già stata smentita da persone vicine al dossier.
Ma perché comprarlo?
Infine, c’è un discorso più ampio. E nobile. Legato alla democrazia e alla citata libertà di espressione. In una lettera rivolta agli inserzionisti pubblicitari, Musk ha motivato così la decisione di acquistare Twitter: «Perché è importante, per il futuro della civiltà, avere una piazza digitale in comune». Una piazza in cui possano trovare spazio varie opinioni. Il tutto senza violenza. Il pericolo, agli occhi dell’eccentrico miliardario, è che i social media si trasformino in camere d’eco per l’estrema destra e l’estrema sinistra. E ancora: «Non ho comprato Twitter perché sarebbe stato semplice farlo, o per fare soldi. L’ho comprato per provare ad aiutare l’umanità, che amo».
Circa la possibilità, per tutti, di dire qualsiasi cosa, e quindi di avere nuovi casi Trump, Musk è stato categorico: Twitter non sarà il luogo in cui qualsiasi cosa potrà essere detta senza conseguenze. Ognuno, però, potrà ritagliarsi un’esperienza su misura in base a ciò che preferisce. «Un po’ come quando scegliamo un film o un videogame».
Mentre scriviamo queste righe, non è dato sapere se Musk deciderà di reintegrare uno dei twittatori più attivi (prima dell’espulsione). Donald Trump, proprio lui. A maggio, durante una chiacchierata con il Financial Times, l’oramai nuovo padrone di Twitter aveva detto che i ban permanenti sono un problema, poiché il ruolo della piattaforma dovrebbe appunto essere quello di piazza cittadina in cui ognuno può esprimere un’opinione.
Trump, di suo, aveva fatto sapere di non voler ritornare sul social network. Augurando però ogni bene a Musk e dicendosi sicuro che, con il patron di Tesla e SpaceX al timone, Twitter sarebbe migliorato.