L'anniversario

Vent'anni di Gmail: dal (finto) pesce d'aprile alla rivoluzione

Lanciato il 1. aprile del 2004, sulle prime il servizio di posta elettronica venne accolto come uno scherzo dagli utenti – In realtà era tutto vero, anche se nei primi anni avere una casella con la G era un privilegio per (relativamente) pochi
I due co-fondatori di Google nel giorno del lancio di Gmail. © 2004
Marcello Pelizzari
31.03.2024 20:15

A suo tempo, i co-fondatori di Google – Larry Page e Sergey Brin – amavano talmente gli scherzi che, ogni anno, in vista del 1. aprile si scervellavano alla ricerca del pesce più bello e fantasioso. Una volta, riferisce l'Associated Press, il colosso di Mountain View pubblicò un'offerta di lavoro per un centro di ricerca sulla Luna. Un'altra volta, invece, l'azienda spiegò di voler lanciare una funzione «gratta e annusa» sul proprio motore di ricerca. Per questo, anche se non soprattutto per questo, la coppia decise di annunciare l'arrivo di Gmail – un servizio gratuito di posta elettronica con, all'epoca, un gigabyte di spazio per archiviare i messaggi: una rivoluzione – proprio il 1. aprile. Tant'è che tutti, diciamo quasi tutti, pensarono subito a un pesce. Da quel giorno, sebbene sembri ieri, sono passati addirittura vent'anni. Sì, siamo vecchi...

Uno scherzo? No, anzi

Il concetto di una casella di posta targata Google, con una tecnologia allora top di gamma, capace di mettersi nel taschino i rivali più accreditati, come detto fece pensare, nell'immediato, a uno scherzo. I lettori, spiega ancora l'Associated Press, iniziarono a telefonare in redazione e a inviare e-mail all'agenzia di stampa dicendo, e ribadendo, che la stessa aveva preso un granchio. Anzi, un pesce. Ovvero: era cascata nell'ennesimo trappolone teso dalla coppia Page-Brin. Famosa, appunto, per i suoi scherzacci di primavera: come quando l'azienda disse che a mandare avanti l'impero non era il celeberrimo algoritmo denominato PageRank ma il PigeonRank, una schiera di piccioni domestici altamente addestrati.

«In effetti era parte del fascino, creare un prodotto che la gente non credesse reale» ha ricordato l'ex ingegnere di Google Paul Buchheit durante un'intervista con l'Associated Press. «Gmail, in ogni caso, cambiò la percezione delle persone sul tipo di applicazioni possibili all'interno di un browser web». Ci vollero tre anni per realizzare Gmail, nell'ambito di un progetto chiamato Caribou, un riferimento a una gag del fumetto Dilbert. «C'era qualcosa di assurdo nel nome Caribou, che mi faceva ridere» ha detto sempre Buchheit, il ventitreesimo dipendente assunto in un'azienda che, oggi, conta oltre 180 mila dipendenti nel mondo.

Associated Press, ribadisce oggi la stessa agenzia, sapeva che Google non stava scherzando riguardo a Gmail. D'accordo, ma come faceva a saperlo? Semplice: a un giornalista fu domandato, improvvisamente, di scendere da San Francisco alla sede centrale dell'azienda a Mountain View, in California, per vedere qualcosa di innovativo. Qualcosa che avrebbe giustificato la trasferta. Dopo essere arrivato in un campus aziendale a quel tempo ancora in via di sviluppo, ma che presto sarebbe sbocciato in «Googleplex», il reporter dell'Associated Press venne portato in un piccolo ufficio. Ad attenderlo c'era quel volpone di Page, seduto davanti al suo portatile, con tanto di sorriso sornione da attore consumato.

Page, all'epoca appena trentunenne, mostrò appunto la casella di posta elettronica di Gmail, dal design elegante, esaltandone la rapidità di funzionamento. Piccolo particolare: lo fece all'interno del browser Explorer di Microsoft, ormai in pensione. Non solo, Page sottolineò che non c'era alcun pulsante di cancellazione nella finestra di controllo principale di Gmail. Non era necessario, dato che Gmail aveva così tanto spazio di archiviazione e che qualsiasi messaggio, grazie all'integrazione con l'algoritmo di ricerca, poteva essere cercato e individuato con una facilità disarmante. «Penso che alla gente piacerà molto» disse Page.

Gmail, oggi

Come per molte altre cose, Page aveva ragione. Si stima che Gmail, oggi, abbia 1,8 miliardi di account attivi, ognuno dei quali offre 15 gigabyte di spazio di archiviazione gratuito insieme a Google Foto e Google Drive. Si tratta di uno spazio di archiviazione 15 volte superiore a quello offerto inizialmente da Gmail. Un'enormità, ma nemmeno troppo. Tant'è che l'accumulo digitale di e-mail, foto e altri contenuti è il motivo per cui proprio Google, ma anche Apple e altre aziende, ora si guadagnano da vivere (anche) vendendo capacità di archiviazione aggiuntiva nei loro data center. Gmail, per contro, è anche il motivo per cui altri servizi di posta elettronica gratuiti e gli account di posta elettronica interni che i dipendenti utilizzano sul proprio posto di lavoro, da tempo oramai, offrono molto più spazio di archiviazione di quanto pensassimo (e disponessimo) vent'anni fa.

L'impatto di quella casella...

Gmail cambiò le carte in tavola, dunque. In molti modi. Fu, di fatto, il primo tassello dell'espansione dell'impero di Google al di là del suo motore di ricerca, peraltro ancora dominante al netto dell'ingresso dell'intelligenza artificiale. Dopo Gmail, infatti, sul mercato arrivarono Google Maps e Google Docs. Poi giunse l'acquisizione di YouTube, seguita dall'introduzione del browser Chrome e del sistema operativo Android che alimenta la maggior parte degli smartphone del mondo. Con l'intenzione (esplicitamente dichiarata da Gmail) di scansionare il contenuto delle e-mail per comprendere meglio gli interessi degli utenti, Google lasciò inoltre pochi dubbi sul fatto che la sorveglianza digitale – al fine di vendere più pubblicità – sarebbe stata una parte importante delle sue ambizioni future.

Un privilegio per pochi, all'inizio

Sebbene generò immediatamente molta curiosità e interesse, Gmail partì con una portata limitata. E questo perché, prosegue l'Associated Press, inizialmente Google aveva solo una capacità di calcolo sufficiente a supportare una cerchia ristretta di utenti. «Avevamo solo 300 macchine ed erano macchine molto vecchie che nessuno voleva» ha ricordato Buchheit, al riguardo, con un sorriso. «Avevamo capacità sufficiente solo per 10 mila utenti».

Ma questa scarsità, come spesso accade, fu la fortuna di Google, dato che creò una sorta di esclusività intorno a Gmail che, parallelamente, spinse una domanda febbrile, gestita tramite (introvabili, spesso) inviti a iscriversi. A un certo punto, addirittura, gli inviti ad aprire un account Gmail furono venduti a 250 dollari l'uno su eBay. Roba da matti. L'invito diventò una sorta di moneta sociale, per dirla con Buchheit.

Dal 2007 a oggi

I cancelli, in via definitiva, vennero aperti a San Valentino nel 2007. Ironia della sorte, quell'anno per il 1. aprile Google offrì la possibilità agli utenti di far stampare a Mountain View il proprio archivio e-mail su carta formata al 94% da «soia organica post-consumo» e «sputo». E di farselo poi recapitare dal servizio postale statunitense. Uno scherzo, a differenza dell'annuncio-bomba del 2004. Un pesce d'aprile non pesce d'aprile che rivoluzionò il mondo.

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