In cantina

Tenuta Bocca di Lupo conferma la rinascita dei vini pugliesi

La Puglia era considerata la cantina d'Europa sino a pochi decenni fa, esportava soprattuto vino sfusi: oggi produce etichette di una qualità eccelsa
La Tenuta Bocca di Lupo a Minervino Murge è immersa in un paesaggio rado, quasi lunare
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
12.10.2022 11:00

Vini pugliesi alla ribalta durante una serata svoltasi al Grand Hotel Villa Castagnola e dedicata dall’importatore Bindella ai prodotti della Tenuta Bocca di Lupo di Minervino Murge. La località non si trova in Salento, né nella Valle d’Itria, dove pure si producono eccellenti vini pugliesi, ma in una zona situata più a nord, nei pressi di Castel del Monte, vicino alla Campania e alla Basilicata.

“Bocca di Lupo è situata in una Puglia che non sembra Puglia, lontana dall’immaginario del grande pubblico. Un paesaggio rado, quasi lunare, dove grande storia e civiltà contadina si intrecciano in un’atmosfera magica e misteriosa.  La Tenuta sorge in una terra arcaica che Lina Wertmuller ha meravigliosamente raccontato nel suo primo film, I Basilischi, girato proprio a Minervino Murge” afferma Vito Palumbo che si occupa in prima persona dell’azienda Bocca di Lupo, ceduta dalla sua famiglia alla fine degli anni Novanta ad Antinori.

“Possiamo dire che la storia della nostra azienda rappresenta bene la storia del vino pugliese: in passato si faceva più quantità che qualità, la Puglia era la cantina d’Europa, i nostri vini, sfusi, si mandavano al Nord dove arricchivano la produzione locale, erano soprattutto vini da taglio” continua Palumbo.

Chi scrive se li ricorda bene quei vini: mio papà da sempre possedeva dei piccoli vigneti qui in Ticino e produceva vino per i bisogni famigliari e per gli amici. Per dare vigore al suo vino, come molti suoi colleghi piccoli viticoltori, lo tagliava con lo Squinzano, prodotto per l’appunto in Puglia, essenzialmente con uve di Negroamaro.

La rivoluzione dei produttori pugliesi comincia negli anni Novanta, quando alcuni giovani viticoltori prendono coscienza dell’enorme potenziale della loro produzione e cominciano a puntare sulla qualità, anziché sulla quantità. Una gestione delle vigne con basse rese, nuovi impianti ad alta densità per ettaro e vinificazioni sempre più accurate, hanno permesso una progressione notevole e attirato l’attenzione dei più grandi conoscitori internazionali.

I vigneti della Tenuta Bocca di Lupo crescono a circa 300 metri sul livello del mare in piena Murgia, un’area caratterizzata da condizioni climatiche e ambientali che hanno costretto l’uomo a lavorare da sempre con grande devozione: i rigidi inverni, l’importante escursione termica, le “gravine” e la foschia che spesso avvolge i vigneti, la vicinanza dell’antico vulcano Vulture sono solo alcune delle caratteristiche di questo territorio che premia con frutti preziosi il duro e paziente lavoro della terra. Le varietà presenti sono Aglianico, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Fiano pugliese e Moscato Reale. 

Il percorso enologico che abbiamo affrontato è partito da un rosato che per la verità ha poco a che vedere con Bocca di Lupo, perché proviene da un’altra realtà del mondo Antinori, la Tenuta Tormaresca, situata nel Salento. Il Furia di Calafuria, rosato IGT Salento, è un vino delicato, espressione tipica del rosé prodotto in Puglia, dove il rosato è storicamente radicato. Abbiamo a che fare con un colore tenue, appena accennato, in stile provenzale, un rosato delicato, piacevolmente fruttato, sapido e ampio.

Dalla Tenuta Bocca di Lupo arriva un Fiano IGT Puglia 2020: un bianco morbido, profumato, grasso, che non viene sottoposto a fermentazione malolattica e viene affinato per dieci mesi in una botte grande di legno. “Il Fiano è il nero dei bianchi” si diceva in casa Palumbo per sottolineare l’importanza di questo vitigno.

Altro giro, altro bianco, ma questa volta è lo Chardonnay a farla da padrone in un assemblaggio e con una presenza che raggiunge il 90%. Il restante 10% è Fiano. Il Pietrabianca, Castel del Monte DOC 2020 è biologico, rotondo, fruttato, sapido, elegante e rilascia aromi delicati.

Si passa al rosso, con due annate di Bocca di Lupo, Castel del Monte DOC, 2017 e 2018. Qui è l’Aglianico l’indiscusso protagonista che non tollera ingerenze. E infatti è vinificato in purezza. L’Aglianico è il varietale principe del Sud Italia, uno tra i vitigni più antichi e qualcuno arriva ad affermare che siamo in presenza del Barolo del Sud (si parla del vino, non del vitigno, che come noto quando ci si riferisce al Barolo è il Nebbiolo). Adatto ad un lungo invecchiamento, questo Bocca di Lupo è vino elegante, morbido e un po’ astringente, con una presenza di tannini delicati, rilascia sentori di pietra focaia e di spezie, ha una buona persistenza ed accompagna deliziosamente un bel filetto di manzo con funghi porcini e foie gras.

Per chiudere col dessert, ecco un Moscato di Trani DOC, il Kaloro. Un bel vino bianco dai riflessi dorati, tenero, dolce, aromatico e fresco, ottenuto da uve che si lasciano appassire sui graticci per almeno una settimana.

Se volevamo una conferma del rinascimento della produzione enologica pugliese, possiamo senz’altro affermare di averla avuta.