Europa / Lapponia

Alla scoperta del popolo dei Sami

Una regione ai confini del mondo, dove le renne sono più numerose degli abitanti. La Lapponia non è uno stato, ma un territorio a nord del Circolo polare artico, che si estende in 4 nazioni ed è abitato dal popolo Sami, con  tradizioni millenarie.
Giò Rezzonico
10.01.2024 12:00

Itinerario

(gennaio 2024)

  • 1° giorno Milano – Kittila - Levi
  • 2° giorno Safari con le renne e passeggiata notturna con le ciaspole
  • 3° giorno Lainio Snow Village
  • 4° giorno Safari con cani husky e in motoslitta alla ricerca delle sfavillanti “luci del nord”
  • 5° giorno Kittila - Milano

 

 

Durata del viaggio:  5 giorni

Operatore turistico: Kel12

 

 

 

Visitando la Lapponia si ha l’impressione di trovarsi ai confini del mondo. Si percorrono lunghi tratti senza incontrare anima viva e infatti con 2 abitanti per chilometro quadrato questa regione è uno dei luoghi meno abitati della terra. La Lapponia non è uno stato indipendente, ma un territorio, che si estende sopra il Circolo Polare Artico, toccando quattro nazioni: Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia. Al centro è costituita da altopiani, mentre ad ovest è caratterizzata da alte montagne e delimitata dalle coste atlantiche. I suoi abitanti, meno numerosi delle renne, sono poco superiori a 70 mila, distribuiti in Norvegia (circa 40 mila), in Svezia (circa 20 mila), in Finlandia (circa 10 mila) e poche migliaia in Russia. Il fatto di essere una regione suddivisa in quattro stati non ha facilitato l’unione del popolo Sami, che, come vedremo, ha una tradizione millenaria. Questo popolo sottoposto tuttora a condizioni di vita estreme, conduce da secoli una lotta incessante, sostenuta con calma e perseveranza, nei confronti di un clima estremo, che non perdona gli errori: la morte per congelamento è infatti sempre in agguato. Solo le renne sono in grado di convivere con le popolazioni del  nord, la cui esistenza è cadenzata da due stagioni: la breve estate e il lungo inverno, che si protrae per otto mesi e durante il quale il sole praticamente scompare, così come ruscelli, fiumi e laghi, che si trasformano in vaste superfici di ghiaccio. In maggio, quando la neve inizia a sciogliersi, la natura si risveglia. In giugno e in luglio le notti sono rischiarate dal sole che non tramonta mai e si assiste a un tripudio di vegetazione. In agosto le giornate iniziano a raccorciarsi. La vita in queste regioni è scandita dal rapporto dell’uomo con la natura, così come lo sono le tradizioni e le credenze religiose. Prima della cristianizzazione, avvenuta a partire dal XVII secolo, anche le divinità erano strettamente legate alla natura: gli dei del tuono, del vento, la dea luna. Quelle maschili per eccellenza erano rappresentate dal sole «che tutto può», mentre la terra raffigurava invece le divinità femminili. Secondo la tradizione sami, gli esseri uomini erano nati dall’unione di questi due elementi. Esistevano poi piccoli esseri, simili all’uomo, che abitavano nel sottosuolo. Lo sciamano era considerato la figura principale della società, in grado di comunicare, al suono del suo potente tamburo, con l’aldilà per prevedere il futuro, guarire le malattie e combattere gli spiriti cattivi.

 

Nella Lapponia finlandese

Il nostro viaggio, ottimamente organizzato da Kel12, prevedeva l’accompagnamento di un collaboratore scientifico per spiegare il fenomeno delle aurore boreali e di una guida  locale esperta in tradizioni e storia del popolo Sami. Abbiamo soggiornato nella località turistica di Levi, circa 200 chilometri a nord di Rovaniemi, nella Lapponia finlandese, che occupa circa un terzo del territorio di questo paese.

Il grande fascino di un viaggio in Lapponia consiste nella scoperta del mondo Sami, gli indigeni che abitano queste terre artiche sin dal 6000 avanti Cristo. Per capire la loro storia e immaginare il loro modo di vivere bisogna andare lassù in inverno e provare di persona le sensazioni del freddo e della notte polare. La nostra fantasia inizia allora a immaginare le condizioni di vita degli indigeni nei tempi passati. Condizioni al limite della sopravvivenza. Se poi si ha la fortuna di incontrare Heidi, la nostra guida locale, è impossibile non innamorarsi del mondo Sami.

La prima cosa di cui ci si rende conto è che il freddo – in gennaio e febbraio supera anche i 25 gradi sotto zero – condiziona la vita dei turisti, così come da secoli influenza quella degli indigeni. Per cui le attività all’aperto risultano limitate nel tempo e talvolta sono anche impossibili. Superando le difficoltà climatiche si può però scoprire una natura rimasta intatta nel corso dei secoli. Il silenzio imbiancato dei boschi lapponi è estremamente suggestivo. Il paesaggio con laghi e fiumi ghiacciati, la neve sul terreno e sugli alberi, sono immagini indimenticabili. Un paesaggio che si può scoprire in diversi modi: a piedi, passeggiando lungo sentieri battuti; a zonzo nelle foreste muniti di ciaspole; su slitte trainate dalle renne o dai cani del nord; o ancora, a bordo delle meno romantiche motoslitte. Sono tutte esperienze che si possono fare come turisti. La scoperta delle renne, questi magnifici animali di cui parleremo più avanti, è comunque la più caratteristica della regione. Questi mammiferi hanno infatti vissuto per secoli in simbiosi con gli indigeni e, ancora oggi, discendenti dei Sami le allevano in fattorie che si possono visitare.

Non tipica della regione, ma del Grande Nord, è invece l’esperienza a bordo delle slitte trainate dai cani polari, di cui nella Lapponia finlandese esistono oggi alcuni allevamenti.

Quando le temperature esterne sono troppo rigide si possono svolgere altre attività, come la visita dello Snow Village, che si trova a pochi chilometri da Levi e dove la temperatura dei «locali interni» non scende più di 4 o 5 gradi sotto lo zero. Occupa una superficie di 20 mila metri quadrati ed è costituito da un hotel, con camere e suites interamente realizzate con la neve, un ristorante di ghiaccio, un Ice Cocktail Bar, un cinema, uno scivolo e una vasta rete di corridoi da esplorare, dove si possono ammirare creazioni artistiche realizzate con la neve e il ghiaccio.

Su una dolce collina, alta poche centinaia di metri ma dove si può anche sciare, è stato aperto, una decina di anni fa, un interessante museo sulla storia e le tradizioni del mondo Sami, realizzato in parte anche all’aperto.

Levi propone pure un vasto centro wellness con piscine e le tradizionali saune finlandesi, di cui solo lassù si apprezza appieno l’efficacia. A questo proposito ho vissuto un’esperienza alquanto singolare. Dopo una seduta di sauna, sono uscito all’esterno per immergermi in una calda jacuzzi e posandomi una mano in testa ho trovato dei ghiaccioli al posto dei miei capelli.

In Lapponia non si possono visitare monumenti antichi in quanto, durante la seconda guerra mondiale, tutti gli edifici sono stati rasi al suolo dall’esercito di Hitler in ritirata. Secondo un rapporto dell’ONU questa regione fu la più devastata d’Europa nel corso del secondo conflitto mondiale, con una distruzione del 98 per cento su un territorio di 100 mila metri quadrati.

La Lapponia fu dapprima bombardata dagli Alleati. Era infatti occupata dall’esercito tedesco, che durante la guerra fu alleato con URSS e Finlandia. Costretta dai sovietici con cui aveva appena firmato un armistizio, nel settembre 1944 la Finlandia dichiarò guerra ai tedeschi che avevano diverse forze dislocate nel suo territorio. Prima di iniziare questa operazione militare (guerra di Lapponia), la popolazione lappone venne evacuata dai finlandesi in Svezia. Costretto a indietreggiare, per punire i suoi ex alleati il Führer diede ordine ai suoi soldati di fare terra bruciata durante la ritirata.

Last but not least, uno dei motivi per prevedere un viaggio in Lapponia è l’osservazione dell’aurora boreale, che noi, purtroppo, non siamo riusciti a vedere. Chi ha avuto la fortuna di assistere a questo straordinario spettacolo naturale ne è rimasto incantato. Consiste in uno scoppio di luce, che forma scie in movimento nel cielo, provocate, secondo la tradizione Sami, dalla coda di una volpe in corsa. Per avere la fortuna di osservarlo si devono verificare alcune condizioni: cielo terso, temperature molto basse e buio totale. Nel riquadrato, la nostra guida scientifica Gianluca Ranzini, laureato in astrofisica e redattore della rivista «Focus», ci spiega questo fenomeno.

 

Una convivenza con le renne

Le renne, in Lapponia più numerose delle persone, sono il simbolo di questa regione. Salvo i cani polari, nessun altro animale domestico può infatti adattarsi alla rigidità del clima artico. Questo mammifero ha permesso al popolo Sami di vivere a queste latitudini, fornendogli l’inidispensabile per vivere, dal nutrimento ai vestiti, e scandendo i suoi ritmi di vita. Le renne appartengono alla famiglia dei cervidi, pesano attorno ai 150 chilogrammi, hanno zampe corte e forti, e larghi zoccoli per evitare di sprofondare nella neve. La loro pelliccia, durante i periodi più freddi, può raggiungere uno spessore di 7 centimetri. I loro ampi palchi di corna possono pesare fino a 30 chilogrammi e servono, assieme agli zoccoli, per dissotterrare i licheni quando il terreno è ricoperto di neve e ghiaccio.

I primi allevamenti di renne risalgono al XVI secolo. Il loro addomesticamento non è semplice e i Sami sostengono che l’animale mantiene comunque sempre il suo carattere selvatico, anche quando sono adibite al traino delle rudimentali slitte, rimaste simili nel corso dei secoli.

Da millenni la vita del popolo Sami è scandita dalle esigenze di questo mammifero, sempre alla ricerca di nutrimento non facile da trovare quando neve e ghiaccio si impadroniscono del paesaggio. In inverno, anche negli allevamenti moderni, le renne vengono lasciate libere di pascolare nei boschi (il 90 per cento dei quali sono di proprietà statale), così come avveniva anticamente. Nella modernità i rennaioli, in momenti particolarmente difficili, raggiungono comunque le loro greggi per portare del nutrimento. Al termine dell’inverno i quadrupedi tornano ai pascoli delle loro fattorie. Anticamente, invece, diciamo fino alla metà del secolo scorso, i rennaioli riunivano le loro greggi e si preparavano alla transumanza verso il nord, alla ricerca di nuovi pascoli. Il viaggio, che poteva durare da una a tre settimane, comportava parecchi rischi. In primo luogo bisognava scegliere il periodo giusto, quando la neve era ancora sufficientemente compatta da permettere l’utilizzo delle slitte. Una grande insidia era determinata dai violenti venti polari, che potevano bloccare la carovana per alcuni giorni. Durante il viaggio le femmine erano gravide e, qualora avessero partorito, avrebbero dovuto essere abbandonate al loro destino. Quando la carovana arrivava ai nuovi pascoli, che potevano trovarsi anche su isole da raggiungere a nuoto, iniziava il periodo più bello dell’anno. I campi si ricoprivano di fiori, il sole non tramontava mai. I rennaioli e le loro famiglie potevano rilassarsi per alcune settimane e dedicarsi alla nuove amicizie e agli incontri sentimentali. L’attività riprendeva in settembre, quando le giovani renne venivano catturate con il laccio e marchiate; alcuni maschi venivano destinati al macello e altri, dopo essere stati castrati, adibiti al traino. Si terminava con una grande festa, che rappresentava la vigilia della ripartenza verso le zone più a sud.

 

Il riconoscimento di un’identità

Sulle origini del popolo Sami esistono varie teorie. Si pensa comunque che, attorno al 6000 a.C., al termine di un periodo glaciale, questa popolazione si spostò sempre più a nord seguendo le greggi di renne, che garantivano loro la sussistenza. Non si può comunque parlare di colonizzazione, in quanto questa migrazione avvenne verso regioni disabitate e quindi occupate pacificamente: nella lingua Sami la parola guerra non esiste. Questa gente nomade abitava in rudimentali capanne. Talune, più piccole, avevano forma appuntita con struttura in legno di betulla ed erano ricoperte di pellicce di renna, mentre altre, più spaziose, venivano realizzate con legname ricurvo. Nel corso dei secoli nacquero differenti comunità Sami, che trovarono sistemazione sulle coste, sulle montagne, lungo i fiumi o nelle foreste e che parlavano tre idiomi differenti, oltre a numerosi dialetti, a seconda che vivessero all’est, al sud o nelle regioni centrali. Questo popolo subì diverse dominazioni da parte degli svedesi, dei norvegesi, dei russi e dei finlandesi. All'inizio i coloni che invasero il territorio Sami erano rappresentati da semplici contadini alla ricerca di terre da coltivare. Fu solo a partire dal XVII secolo, quando vennero scoperte le immense ricchezze del sottosuolo lappone, che intervennero gli stati con coloni più minacciosi e con missionari che cercarono di annientare pesantemente le credenze popolari. I colonizzatori, come avvenne anche in altre regioni del mondo, portarono in questi territori desolati l’alcoolismo e varie malattie.

La presa di coscienza dei Sami di essere un popolo, sebbene suddiviso in quattro nazioni, risale agli anni Cinquanta del secolo scorso. Favorito anche da un clima culturale più sensibile ai diritti degli indigeni, nasce nel 1956 il Consiglio Sami, un organo trasversale ai quattro paesi di residenza di questa popolazione, che si riunisce due volte l’anno e conta 15 membri eletti. Furono necessari ancora alcuni decenni affinché gli stati democratici di Finlandia, Norvegia e Svezia riconoscessero i diritti dei Sami con la creazione di tre parlamenti, rispettivamente nel 1973, nel 1989 e nel 1993. Istituzioni che hanno solo potere consultivo e vengono elette ogni 4 anni. Il nuovo corso, dopo decenni in cui veniva addirittura proibito di parlare la lingua Sami nelle scuole, è ben riassunto in un articolo contenuto nella costituzione norvegese che recita: «È responsabilità dell’autorità dello Stato creare quelle condizioni che permettano ai Sami di preservare e sviluppare la propria lingua, cultura e i propri modi di vita.»

 

 

Aurore boreali

di Gianluca Ranzini, redattore di Focus

Le aurore polari sono tra i fenomeni più affascinanti del cielo. Sono prodotte dall’interazione delle particelle elettricamente cariche (in particolare protoni ed elettroni) emesse dal Sole con gli atomi e le molecole dell’atmosfera terrestre. Quando queste particelle colpiscono l’azoto e l’ossigeno dell’atmosfera, a quote comprese tra 80 e 500 km, cedono loro energia, che poi viene riemessa sotto forma di luce a precise lunghezze d’onda, che conferiscono alle aurore il loro colore caratteristico. Per esempio il verde, il più comune, dovuto all’interazione con ossigeno atomico nella bassa atmosfera, oppure con molecole di azoto, e il rosso, che invece proviene da ossigeno atomico ad alta quota.

Il fatto che le aurore si vedano tendenzialmente in luoghi della Terra situati ad alte latitudini (Scandinavia del Nord, Siberia, Alaska, Canada settentrionale…) dipende dal campo magnetico terrestre, che circonda il nostro pianeta proteggendolo dalle pericolose radiazioni provenienti dal Sole e dallo spazio esterno. Solo nelle zone vicine ai poli (quelli magnetici, che non coincidono esattamente con quelli geografici) le particelle solari riescono ad avvicinarsi alla superficie terrestre, seguendo proprio le linee del campo magnetico. Si possono quindi verificare aurore sia nell’emisfero nord (aurore boreali) siano in quello sud (aurore australi) ma in quest’ultimo le terre abitate non sono molte, quindi le aurore australi hanno... un pubblico piuttosto ridotto.

La probabilità di vedere un’aurora dipende da due fattori. Il primo è ciclico: quando il Sole si trova in una fase di massimo della sua attività, ogni 11 anni circa, è più frequente che si formino aurore. Il massimo del ciclo attuale è previsto per quest’anno. Il secondo fattore è casuale e imprevedibile: nel senso che occasionalmente sul Sole possono avvenire fenomeni esplosivi, grazie ai quali l’intensità del flusso di particelle emesso dalla nostra stella aumenta, e di conseguenza anche la probabilità di vedere aurore. Tuttavia, purtroppo, il limite è costituito dal fattore meteorologico: dato che le aurore si formano molto al di sopra delle nubi, per vederle occorre che il cielo sia sereno.

 

 

Per saperne di più

  • Lapponia, Claudie-Marie Vadrot e Walter Imber, Edizioni Silva, Zurigo 1977
  • Terre Artiche, Daniela Pulvirenti, Polaris Guide, Firenze 2019
  • Lapponia Taccuini Sami, Lucia Zorzi, Lugano 2000
  • Lapponia, antropologia e storia di un paesaggio, Gianluca Ligi, Milano 2016
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