Italia / Toscana

Firenze. L’età d’oro dei Medici

Un itinerario fiorentino che ripercorre la Firenze del Quattrocento, contraddistinta dalla salita al potere dei Medici, che con la loro politica illuminata portarono la Repubblica a diventare «la capitale intellettuale ed artistica della cristianità».
Giò Rezzonico
22.05.2024 12:00

Itinerario

(maggio 2024)

  • Palazzo Vecchio
  • Via dei Medici
  • Palazzo Medici Riccardi
  • Convento di San Marco
  • Basilica di San Lorenzo

 

  

Durata del viaggio: 1 giorno

Operatore turistico: Organizzato in proprio

  

 

 

Nel Quattrocento iniziava «la fortuna politica di casa Medici – scrive Franco Cardini nella sua «Breve storia di Firenze» – destinata a signoreggiar Firenze, sia pure a vario titolo e con alterne vicende, per quasi tre secoli». Ma il periodo aureo di questa importante famiglia fiorentina, come vedremo più avanti, si riduce al Quattrocento. Ed è a questo periodo che è dedicata questa nostra passeggiata per le vie di Firenze con una guida d’eccezione: Alessandra Pazzi, discendente della nobile famiglia che contese il potere, o tentò di farlo, proprio ai Medici.

Ma andiamo con ordine e vediamo brevemente ciò che accadde  prima del Quattrocento, perché la fortuna della città di Dante ha radici profonde che risalgono al Duecento, o ancor prima con la creazione del Comune nel 1183. Già a cavallo fra il Duecento e il Trecento Firenze conobbe un’importante espansione con una popolazione di 90 mila abitanti. Un numero considerevole se paragonato ai 40 mila abitanti che a quei tempi popolavano Londra e ai 15 mila di Lubecca, una delle più importanti città stato della lega anseatica. «La sua fortuna – come scrive Fabrizio Ricciardelli in «Breve storia di Firenze» – poggiava su tre attività principali, il commercio, l’industria e la banca. E anche se la città non usufruiva di uno sbocco al mare si imponeva sulle più importanti piazze italiane ed europee». «I mercanti fiorentini – spiega il Ricciardelli – comprano le lane in Inghilterra, i panni nelle Fiandre e nella Francia settentrionale, e in Oriente i prodotti tintorii e l’allume, un materiale essenziale per fissare il colore. Grazie a questa immensa rete commerciale trattano, colorano e decorano le stoffe per rivenderle come panni finiti in tutto il mondo conosciuto». Nel 1252 Firenze coniò il fiorino d’oro, con il tradizionale giglio, che diventò «la nuova unità monetaria dell’occidente cristiano». Sul piano artistico, nello stesso periodo, iniziò la costruzione dei grandi monumenti che resero celebre la città.

Questa crescita conobbe però un drastico arresto a metà del Trecento a causa della peste, che si stima fece 30 milioni di vittime in Europa e sterminò i quattro quinti della popolazione fiorentina.

La rinascita non si fece comunque attendere a lungo. «Dal 1378 al 1434 – annota Ricciardelli – governa a Firenze un’oligarchia mercantile che, con il concorso dei geni intellettuali del XIV secolo, Dante, Boccaccio e Petrarca, permette a Firenze di divenire il centro dell’Umanesimo e di prendere pienamente coscienza della propria importanza politica, intellettuale, artistica ed economica». Mentre Roma è «debole spiritualmente e intellettualmente» Firenze con il suo sistema repubblicano diventa «la capitale intellettuale ed artistica della cristianità». Uno degli strumenti fondamentali di questa rinascita è un nuovo sistema progressivo di tassazione su beni mobili e immobili che attinge il denaro «dov’esso era in realtà», come scrive il Cardini, vale a dire nei forzieri delle grandi famiglie.

È in questo periodo e in questo clima storico che emerge la famiglia Medici, dapprima con Giovanni (1360-1429) e in seguito con suo figlio Cosimo (1389-1434). Giovanni, sebbene non fosse «il primo cittadino della città in termini di ricchezza, lo fu certamente in termini di consenso», annota il Ricciardelli, grazie alle origini popolari della sua famiglia. Ma fu suo figlio Cosimo, uomo abile negli affari e prudente in politica quanto il padre, ad affermare il potere dei Medici sulla città. Cosimo trasformò anche «l’interesse per l’arte e la filosofia – osserva Ricciardelli – in chiave politica, scegliendo architettura, pittura e scultura come perfette forme di comunicazione per creare consenso intorno alla sua famiglia».

A Cosimo succedette Piero (1416-1469), chiamato «il gottoso» a causa della sua malattia, il quale rafforzò la posizione della famiglia in città e i rapporti con Roma (suo figlio Lorenzo sposò una nobile romana). Dopo il suo breve regno ci fu Lorenzo, che «concepì la sua azione di statista e la sua vita privata – osserva Ricciardelli – come un’opera d’arte e visse circondato da umanisti e letterati». Cardini annota che Lorenzo si servì degli straordinari artisti fiorentini come ambasciatori di un’arte inarrivabile e perfetta e allo stesso tempo modello di rinnovamento. Abile politico diventa, sempre secondo il Cardini, «l’ago della bilancia della politica italiana». Ma fu un pessimo uomo di affari e mandò in rovina il patrimonio di famiglia. Alla sua morte Piero (1472-1503), detto «lo sfortunato» non poté che gestire il fallimento economico e allearsi con re Carlo VIII di Francia, che stava invadendo l’Italia, diventando il simbolo della decadenza dei Medici.

Dopo un periodo tormentato, che vide Savonarola diventare capo della Repubblica fiorentina, come annota il Cardini, la fortuna economica e politica dei Medici rifiorì quando occuparono trionfalmente i palazzi pontifici con Leone X (1513-1521), figlio del Magnifico, e con Giulio de’ Medici, che nel 1523 fu nominato Papa Clemente VIII. Nonostante questo ritorno dei Medici, osserva Ricciardelli,  Firenze «stava progressivamete cedendo il suo primato come centro di innovazione e ricerca del Rinascimento a favore di Roma, che per tutto il Cinquecento (…) diventò il centro di produzione culturale più importante della cristianità». Con il governo di un altro Medici, Alessandro (1510-1537), Firenze abbandonò lo statuto di Repubblica, per diventare una monarchia controllata da un uomo solo, con una dinastia che si tramandò fino al 1737, quando a Gian Gastone, ultimo granduca di casa Medici, succedette Francesco Stefano, duca di Lorena e marito di Maria Teresa d’Austria.

 

Sulle orme dei Medici

Il nostro itinerario sulle orme nell’età d’oro dei Medici inizia con una breve visita a Palazzo Vecchio, simbolo del potere politico fiorentino, la cui costruzione iniziò nel 1299 e subì varie trasformazioni nel corso dei secoli. La nostra attenzione si sofferma su due stanze negli appartamenti realizzati a metà del Cinquecento dal granduca Cosimo I. Nelle sale dedicate al trisnonno Cosimo, fondatore della dinastia, e al padre Lorenzo viene celebrata la grandezza del periodo d’oro della famiglia. Nella prima sala Giorgio Vasari ritrae il ritorno trionfale di Cosimo a Firenze, dopo un anno di esilio a Padova, accolto sia dai notabili della città, sia dai maestri (Donatello, Brunelleschi, Michelozzo, Fra Angelico, Luca della Robbia, Filippo Lippi, Paolo Uccello e altri), ai quali commissionò grandi opere. Nella seconda sala, Vasari coadiuvato da Marco da Faenza, racconta le gesta del Magnifico, «mecenate delle arti e delle lettere e fautore di una politica di equilibrio fra le varie potenze italiane per evitare le ingerenze straniere» (da pannello esplicativo), attorniato da ambasciatori, artisti e filosofi.

 

Il Palazzo in via Larga

Lasciamo Palazzo Vecchio, imbocchiamo via dei Calzaiuoli e attraversiamo piazza del Duomo per raggiungere via Cavour (già via Larga), dove si trova il Palazzo Medici Riccardi, attuale sede della prefettura. Giunti all’altezza di via degli Speziali, prima di piazza del Duomo, giriamo però a sinistra e poi a destra in via dei Medici, dove risiedeva la famiglia, prima di trasferirsi in via Larga. Il palazzo Medici fu costruito da Cosimo su un terreno acquistato da suo padre Giovanni, su progetto del Michelozzo. È una delle prime dimore gentilizie fiorentine, di cui è considerato il prototipo. A quei tempi infatti le famiglie più abbienti abitavano in alte torri. L’austera architettura del palazzo rispecchia bene lo stile politico e imprenditoriale di Cosimo e di suo padre, che mantennero sempre un profilo basso e non diedero mai sfoggio della loro ricchezza. Furono attenti a curare la loro autorevolezza senza partecipare in prima persona al governo della Repubblica, assicurandosi però il predominio attraverso un vasto gruppo di amici. Come annota il Cardini, si dice che Cosimo «amava reggere lo stato dal fondo della sua casa di via Larga… Gli ambasciatori del papa, dell’imperatore, dei grandi sovrani d’Europa, degli stati italiani, fatta la rituale e più o meno frettolosa visita d’omaggio al palazzo dei Priori (o magari prima di farla) smontavano in via Larga e lì trattavano, con Cosimo, delle cose che veramente contavano».

Il palazzo fu molto trasformato, sebbene rispettando l’architettura originale, dai marchesi Riccardi, che lo acquistarono nel 1659. Della struttura originale rimangono soprattutto la cappella di famiglia e il cortile colonnato, dove dominava la statua del David di Donatello, oggi esposta al museo del Bargello. Le stanze dove Lorenzo il Magnifico incontrava i suoi ospiti erano al piano terreno, dove attualmente si trova la biglietteria. Mentre i suoi appartamenti si trovavano al piano superiore, negli spazi oggi occupati  dalla sala della prefettura. Fu da quelle finestre che il Magnifico si affacciò per rivelare ai cittadini fiorentini che, a differenza di suo fratello Giuliano, era uscito vivo dalla congiura ordita dalla famiglia Pazzi.

«Nessuno, andando a Firenze – scrive Ernst Gombrich nella sua monumentale «Storia dell’arte» – dovrebbe rinunciare al piacere di visitare» la piccola cappella di famiglia all’interno del palazzo affrescata da Benozzo Gozzoli, «in cui pare aleggiare ancora qualcosa dell’aroma e del sapore d’una vita festosa». Quest’opera, una delle più note realizzazioni pittoriche del Rinascimento fiorentino, celebra la dinastia medicea con Lorenzo nella sua corazza dorata, utilizzando l’episodio biblico della cavalcata dei Re Magi, «che si snoda con un fasto veramente regale attraverso un ridente paesaggio». L’episodio biblico offrì all’autore – annota ancora il Gombrich – «l’opportunità di spiegare raffinatezze sontuose e sgargianti costumi, tutto un mondo fiabesco e gaio».

Tornando in via Cavour e camminando in direzione nord si raggiunge il convento di San Marco, a cui è dedicata l’ampia piazza antistante.

 

Il convento di San Marco

Un’altra grande opera dei Medici, affidata da Cosimo al Michelozzo, fu la costosissima ristrutturazione del convento di San Marco, con i due ampi chiostri, i refettori, la foresteria e la sala del capitolo al piano terreno e, al piano superiore, le oltre 40 celle affrescate dal Beato Angelico, nonché l’elegante biblioteca per ospitare la preziosa collezione di manoscritti dei Medici.

A rendere eccezionale questo luogo sono però gli affreschi, soprattutto al primo piano, del Beato Angelico. Opere minimaliste, sia nei colori, sia nella struttura, per non distrarre i religiosi dalla meditazione e dalla preghiera. Passando da una cella all’altra, nella quiete del vecchio edificio – scrive il Gombrich – «qualcosa dello spirito con cui tali opere furono concepite aleggia nell’aria». L’autore, prosegue lo studioso, «volle solo rappresentare la storia sacra in tutta la sua bellezza e semplicità. Dalla pittura di fra’ Angelico esula quasi il movimento, e in essa manca quasi ogni suggerimento di realtà corporea. Ma è proprio questa sua umiltà che ci commuove, l’umiltà di un grande artista…».

Cosimo si fece realizzare, al primo piano del convento, uno studiolo, dove si recava a meditare. La parete principale della sua piccola cella è dominata da un affresco del Beato Angelico dedicato all’Adorazione dei Magi, che ricorda quello del suo maestro Benozzo Gozzoli nella cappella di palazzo Medici.

Nel convento risiedette anche il Savonarola, che ne diventò anche priore. Richiamato a Firenze da Pico della Mirandola, con il consenso del Magnifico, il frate domenicano inveiva contro il papa, la corte pontificia e contro gli stessi Medici «propensi a vivere nel lusso». Savonarola, dopo la morte di Piero detto «lo sfortunato» e figlio del Magnifico, divenne informalmente capo della Repubblica teocratica fiorentina per quattro anni, fino a quando papa Alessandro VI intimò alla Signoria di arrestarlo. Una lapide ricorda quell’evento: «In questo luogo la notte dell’8 aprile 1498 quando le orde degli arrabbiati e de’ palleschi ebbero invaso minacciose il convento di S. Marco fu dal commissario della Signoria catturato e tratto in arresto Girolamo Savonarola».

Il frate fu in seguito consegnato all’Inquisizione e bruciato vivo in piazza della Signoria il 23 del mese seguente. Nella sua cella è esposto un celebre dipinto che illustra il suo supplizio.

Ripercorriamo via Cavour in senso contrario, torniamo davanti a palazzo Medici Riccardi e, superato il palazzo, all’angolo giriamo a destra in via de’ Gori per raggiungere la basilica di San Lorenzo con annesse le cappelle medicee.

 

Le cappelle Medicee

La nostra visita inizia dalla basilica di San Lorenzo. Fu Giovanni de’ Medici a scegliere la graziosa chiesetta romanica di San Lorenzo, che nel IV secolo fu cattedrale, per costruire una cappella che avrebbe funto da sagrestia e accolto le sue spoglie dopo la morte. Per realizzarla si rivolse a Brunelleschi, fautore di un’architettura essenziale e sobria in sintonia con lo stile del committente, che progettò sia la cappella sia la nuova chiesa. Quello stesso Brunelleschi che stava costruendo la cupola della cattedrale di Santa Maria del Fiore: uno dei capolavori dell’architettura di tutti i tempi. Alla morte del padre, Cosimo affidò però il progetto al Michelozzo, che assieme al Donatello intervenne sull’opera del Brunelleschi, suscitando le ire del grande maestro. L’interessante disputa, che portò alla rottura di una fraterna amicizia tra Brunelleschi e Donatello, verteva su una diversa concezione dell’architettura. Brunelleschi rimproverava ai due subentranti di non avere rispettato il rigore della sua opera. La cappella e la chiesa vennero infatti ultimate rispettando solo in parte il progetto del Brunelleschi.

La cappella-sagrestia ospita le tombe di Giovanni e quella del nipote Piero detto «il gottoso», realizzata dal suo amico Verrocchio, che riuscì a concepire un monumento leggero e arioso, nonstante la sua imponenza. Cosimo è invece sepolto, non per caso, nel pilone portante della chiesa, che si trova in una sorta di cripta.

All’interno della sobria (nonostante le dispute architettoniche di cui fu oggetto) basilica di San Lorenzo si possono ammirare due splendidi pulpiti scolpiti dal Donatello, una bella Annunciazione del Lippi, un affresco del Bronzino e una controfacciata del Michelangelo. La facciata esterna, nonostante i numerosi progetti, non venne mai realizzata.

Salendo al piano superiore da una corte progettata dal Michelozzo si accede alla biblioteca commissionata a Michelangelo da papa Clemente VII, figlio di Giuliano il magnifico (fratello di Lorenzo), per ospitare la prestigiosa collezione di manoscritti della famiglia. L’architettura ricca, direi quasi pesante del vestibolo di entrata, contrasta con la sobrietà della grande sala, alleggerita da una lunga serie di finestre con eccezionali vetrate, perfettamente conservate nel corso dei secoli.

È opera di Michelangelo anche la cosiddetta sagrestia nuova, perfettamente simmetrica rispetto a quella vecchia. Per raggiungerla è però necessario uscire e cercare l’entrata delle Cappelle Medicee. Su mandato di Leone X, Michelangelo si cimentò in quest’opera sia come architetto, sia come scultore. Il progetto prevedeva i sepolcri di Lorenzo il Magnifico e di suo fratello Giuliano, di Giuliano duca di Nemours fratello di Leone X e di Lorenzo duca di Urbino, padre di Caterina futura regina di Francia. Michelangelo optò per tombe a parete arricchite da statue. L’opera rimase però incompiuta, perché il maestro fu costretto a darsi alla fuga per ragioni politiche, quando salì al potere il poco illuminato e futuro duca Alessandro, probabilmente figlio illegittimo di papa Clemente VII.

Nei suoi capolavori (le sculture della Notte, del Giorno, del Crepuscolo e dell’Aurora), presenti tra queste pareti, Michelangelo cercò di far convivere, come si legge sui pannelli indicativi, «la dimensione umana, consumata dallo scorrere quotidiano del tempo, quella della fama gloriosa, conquistata dal valore militare dei capitani, e quella spirituale, che si concentra nella figura della Madonna con il bambino, invocata dai santi Cosma e Damiano, protettori dei Medici». Incompiuta rimane la tomba dei Magnifici Lorenzo e Giuliano.

Alla Sagrestia Nuova, come abbiamo detto, si accede dall’entrata alle Tombe Medicee. Per raggiungerla si attraversa dapprima una sala dedicata alle tombe dei Medici del granducato, seguita da un’altra con i sepolcri dei Lorena, che salirono al potere dopo l’estinzione del casato dei Medici. Sopra la sala dei Medici del granducato sorge la sfarzosa Cappella dei Principi, voluta da Ferdinando I per celebrare il potere del granducato. Di forma ottagonale e ricca di preziosissimi marmi fu iniziata nel Cinquecento e ultimata ben quattro secoli più tardi.

 

 

Per saperne di più

  • Firenze, Michelin, Guida verde, Torino 2023
  • Firenze, Touring club italiano, Guida Verde, Milano 2021
  • Firenze e provincia, Touring club italiano, Guida Rossa, Milano 1993
  • Franco Cardini, Breve storia di Firenze, Pisa 2000
  • Fabrizio Ricciardelli, Una breve storia di Firenze, Firenze 2022
  • Massimo Winspeare, I Medici, Livorno 2000
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