Asia / Vietnam Centrale

L’avvento del colonialismo francese

Alla scoperta delle importanti testimoninze artistiche del regno Cham (V-XV secolo). Nell’oasi di pace della magica Hoi An, punto nevralgico del commercio tra oriente e occidente nel Seicento e Settecento. Nella città imperiale di Hue alle origini del colonialismo francese.
Giò Rezzonico
13.11.2022 12:00

Itinerario

  • 1° giorno Partenza per Hanoi 
  • 2° giorno Arrivo ad Hanoi e trasferimento a Bac Ha 
  • 3° giorno Bac Ha – Coc Ly – Sapa 
  • 4° giorno Sapa 
  • 5° giorno Lao Cai - Partenza per Hanoi con treno notturno 
  • 6° giorno Arrivo ad Hanoi e pomeriggio alla scoperta dello street food di Hanoi 
  • 7° giorno Visita di Hanoi 
  • 8° giorno Partenza per la Baia di Ha Long. Ci spostiamo con l'imbarcazione nella meno turistica baia di Lan Ha 
  • 9° giorno Ancora una mattinata di crociera prima di partire per Hanoi. Nel pomeriggio, volo per Da Nang 
  • 10° giorno Visita di Hoi An e al villaggio di Tra Que 
  • 11° giorno Partenza per Hue; lungo il percorso sosta al Museo dell'arte Cham di Danang 
  • 12° giorno Giornata dedicata alla visita di Hue e volo per Ho Chi Minh (Saigon) 
  • 13° giorno Partenza per i tunnel di Cu Chi e di Ho Chi Minh 
  • 14° giorno Escursione in barca attraverso il delta del Mekong e trasferimento in aeroporto 
  • 15° giorno Arrivo in Italia 

 

 

  

   

Durata del viaggio: 15 giorni

Operatore turistico: Kel12

  

   

 

 

Fu nel Vietnam centrale che iniziò la colonizzazione francese a metà Ottocento, con radici storiche già all’inizio del secolo, come vedremo in seguito parlando di Hue capitale. Ma questo territorio è interessante anche per le testimonianze artistiche del regno Cham (V-XV secolo) e per la scoperta di Hoi An, una deliziosa cittadina che vide il suo periodo di maggior splendore tra il XVI e il XVII secolo, quando il suo porto diventò un punto nevralgico del commercio tra Oriente e Occidente.

Il mezzo più pratico per raggiungere Danang, terza città del paese e capitale del Vietnam centrale, è l’aereo: le strade sono molto lente e la ferrovia è ancora quella costruita nell’Ottocento dai Francesi.

 

Tra draghi e Budda

Danang è una città in grande espansione, con lo sguardo rivolto verso il futuro, ma di relativo interesse turistico. Ebbe un primo importante sviluppo nell’Ottocento grazie al suo porto, che gradualmente sostituì quello della vicina Hoi An. A Danang sbarcavano le delegazioni straniere in visita al sovrano vietnamita che risiedeva a Hue, distante un centinaio di chilometri.

Nell’epoca coloniale i Francesi ribattezzarono la città Tourane. Durante l’occupazione statunitense Danang fu sede di un’importante base aerea e navale, attorno alla quale nacque una vera e propria cittadina americana.

Simbolo della moderna metropoli è diventato un curioso ponte a forma di drago, particolarmente suggestivo la notte grazie a un’illuminazione multicolore e durante i fine settimana quando sputa letteralmente fuoco. Lungo le ampie spiagge di sabbia bianca della baia, dove sbarcarono sia gli invasori francesi che americani, si stanno costruendo residenze e alberghi senza fascino.

Di fronte alla città sorge la penisola di Son Tra, che si raggiunge con una breve escursione. È dominata da un’immensa statua di Budda in versione femminile, costruita nel 2004 con il compito di proteggere la regione dai cicloni, che sovente imperversano sulla città. Alle spalle dell’imponente monumento alto 67 metri, da cui il panorama è splendido, sorge la pagoda Linh Ung. Sul piazzale antistante, una spettacolare esposizione di bonsai, abitata da simpatiche scimmiette. La visita di questo luogo incuriosisce, in quanto appare bizzarro che uno stato comunista si affidi a Budda per domare la natura…

  

La civiltà Cham

L’attrazione turistica più importante di Danang è certamente il museo di arte Cham. Per un millennio, dal V al XV secolo, il regno Cham dominò il Vietnam centrale e buona parte di quello meridionale. Era minacciato a sud dal prestigioso impero Khmer (attuale Cambogia), a nord dai Cinesi e dai Viet. Gli avversari più minacciosi furono quest’ultimi. Dopo essersi liberati dal giogo cinese nel X secolo, manifestarono infatti mire espansionistiche a sud. Erosero nel corso dei secoli territorio ai Cham e nel 1471 li sconfissero definitivamente, annientandoli con un esercito di 250 mila soldati. Le distruzioni di quel periodo, seguite da quelle successive provocate dalla guerra di liberazione dapprima contro i Francesi e poi contro gli Americani, hanno cancellato gran parte delle testimonianze archeologiche di questo popolo, di cui oggi in Vietnam vivono ancora 150 mila discendenti. Popolo di guerrieri – arrivò persino a saccheggiare Angkor, la capitale dell’impero Khmer – ma anche di raffinati artisti. A mettere in salvo significative testimonianze dell’importanza artistica di questa civiltà furono degli studiosi francesi all’inizio del Novecento. L’eccezionale collezione è esposta al museo Cham di Danang, inaugurato nel 1915 in una graziosa palazzina in stile coloniale attorniata da alberi di frangipane. Statue, fregi e altari sono ordinati secondo la loro provenienza da siti archeologici disseminati attorno a Danang. Le testimonianze più antiche, eleganti figure in terracotta o arenaria che rappresentano animali mitici e divinità, risentono dell’influenza induista. A partire dal VII secolo, l’arte Cham iniziò invece gradualmente ad inspirarsi al buddismo e in seguito all’islamismo. Gli storici dell’arte ritengono che la fattura di queste sculture non abbia nulla da invidiare alle ben più note espressioni artistiche del contemporaneo impero Khmer.

 

La romantica Hoi An

A una trentina di chilometri dalla caotica Danang sorge un’oasi di pace: Hoi An. È certamente la cittadina più affascinante del paese, stranamente scampata alle distruzioni belliche. Adagiata sulle rive di un tranquillo fiume (Thu Bon) è immersa in un’atmosfera unica, intrisa di nostalgia, dove il tempo sembra essersi fermato. Con le sue case, strette e profonde, dai colori tenui, l’assenza assoluta di traffico motorizzato – un unicum in Vietnam – Hoi An sembra vivere in una sorta di incantesimo. La magia raggiunge il suo apice di notte, quando le vie vengono illuminate da lanterne multicolori di seta, in dotazione anche alle barche che si spostano lentamente a remi lungo il fiume, tra candele galleggianti posate nell’acqua da locali e visitatori con la speranza che venga esaudito un loro desiderio. Nonostante la presenza di molti turisti, è comunque piacevole passeggiare nella città vecchia, che si presenta come una specie di museo vivente all’aperto. Sulla vie si affacciano pregevoli residenze storiche, luoghi di culto, negozietti al piano terreno, da secoli gestiti dalla stessa famiglia. La presenza di edifici ispirati a diverse architetture – cinese, giapponese, occidentale, vietnamita – non pregiudica l’armonia dell’insieme. Il centro storico, eletto dall’Unesco patrimonio dell’umanità, si sviluppa tra il mercato, ricco di colori, profumi e sapori e il ponte giapponese, simbolo della cittadina.

Secondo un’antica leggenda questo ponte fu infatti edificato per esorcizzare un mostro che causava gravi avversità – siccità, inondazioni, terremoti – su tutto il territorio asiatico. Dovendo sopportare il peso della massiccia costruzione sul suo dorso, l’animale era così impedito di muoversi liberamente e di provocare catastrofi. Il ponte, costruito alla fine del XVI secolo, collegava il quartiere giapponese con quello cinese. Quando sorgevano attriti, le due comunità si incontravano sul ponte per dirimerli.

L’età d’oro della città, anticamente denominata Fai Fo, risale ai secoli XVI e XVII, quando il suo fiume pullulava di vascelli provenienti dalle grandi nazioni mercantili asiatiche ed europee, carichi di merci da scambiare nell’affollato porto. Oltre ai commercianti sbarcarono proprio su queste rive i primi missionari cattolici giunti in Vietnam. Tra loro anche il francese Alexandre de Rhodes, che introdusse l’alfabeto latino.

All’inizio del Cinquecento gli scambi commerciali si svolgevano soprattutto durante una fiera primaverile, che durava quattro mesi. Con il passare del tempo molti commercianti cinesi e giapponesi decisero di stabilirsi in città tutto l’anno ed edificarono eleganti palazzi con il negozio al piano terreno e l’abitazione ai piani superiori. Si costituirono così i due quartieri, quello cinese e quello giappone, divisi e uniti dal ponte di cui abbiamo parlato sopra. Quando però nel 1639 l’imperatore giapponese impedì ai suoi sudditi di uscire dal paese, i cinesi ebbero il sopravvento a Fai Fo. E per sottolineare la loro supremazia edificarono una pagoda cinese all’interno del ponte coperto costruito dai giapponesi.

A causa di lotte tra signorie locali e dell’insabbiamento del porto, Fai Fo subì un forte declino, a vantaggio di Danang, nel corso del XVIII secolo, per risorgere negli ultimi decenni come Hoi An, diventando una delle destinazioni turistiche più apprezzate del Vietnam.

 

Sulla Mandarin Road verso Hue

Prossima tappa del nostro itinerario è la città imperiale di Hue, che dista poco più di 100 chilometri. Per raggiungerla bisogna ritornare a Danang e attraversare le cosiddette Montagne di Marmo: cinque pinnacoli che non superano l’altezza di 100 metri, così chiamate per via delle rocce di cui sono composte. Luoghi di culto venerati soprattutto in passato, utili militarmente durante la guerra di librerazione, da secoli sono sede di ateliers di produzione di statue e oggetti in marmo.

A Danang si imbocca la leggendaria Mandarin Road, un’arteria spettacolare tra mare e colline. Si racconta che fu concepita nel XV secolo per facilitare la trasferta agli studiosi che si recavano ad Hanoi per sostenere gli esami per diventare Mandarino, cioè consigliere del Re!  Importanti miglioramenti vennero in seguito apportati nel XIX secolo dall’imperatore Gia Long quando trasferì la capitale a Hue. La strada divenne così parte dell’asse principale che collegava, e tuttora collega, le due città agli estremi del Vietnam: Hanoi e Saigon.

 

I Francesi in Vietnam

Per comprendere l’importanza della città imperiale di Hue è necessario ricordare sommariamente le tappe fondamentali della storia del Vietnam nei secoli XIX e XX.

Il paese si affacciò all’Ottocento dopo un secolo di lotte interne e di divisioni. Fu Nguyen Anh a unificare per la prima volta nord, centro e sud del paese sotto uno stesso regno, che fondò nel 1802, proclamandosi imperatore con il nome di Gia Long e adottando Hue come capitale. Per riuscire in questa importante impresa dovette però chiedere sostegno alla Francia, che in cambio di importanti privilegi concesse il suo aiuto militare. Il nuovo imperatore condusse di conseguenza una politica di apertura nei confronti dell’Occidente. I suoi successori, fautori di un buddismo ortodosso, non fecero però altrettanto e chiusero il paese su se stesso, limitando i contatti con l’Occidente e perseguitando i missionari cattolici. Sfruttando quest’ultimo episodio come pretesto, la Francia, che era interessata al Vietnam come ponte per il commercio con la Cina, decise di occupare il paese con la forza, lasciando al potere la dinastia Nguyen, a condizione che fosse asservita al governo parigino (l’ultimo imperatore Bao Dai abdicò il 30 agosto del 1945). 

Nel 1911, in piena dominazione coloniale, il giovane Ho Chi Minh, non vedendo un futuro per se stesso nel suo paese, emigrò in Europa e approdò infine in Unione Sovietica, dove abbracciò la dottrina comunista e nel 1930 fondò il Partito Comunista del Vietnam. Intanto la situazione nell’Indocina francese si trascinava  senza grandi cambiamenti fino alla seconda guerra mondiale. Durante gli ultimi mesi del conflitto avvenne il primo colpo di scena: il 9 marzo 1945 il Giappone invase il Vietnam, requisì le riserve e i raccolti di riso e provocò una grave carestia, che fece oltre un milione e mezzo di vittime. Ma pochi mesi dopo, il 10 agosto, il Giappone capitolò e Ho Chi Minh ne approfittò per proclamare, il 2 settembre, la Repubblica Democratica del Vietnam. Nel frattempo un esercito di 200 mila Cinesi occupò il nord, per ritirarsi in seguito lasciando campo libero ai Francesi. Fu allora che Ho Chi Minh, nel marzo del 1946, firmò un trattato con la Francia, nel quale Parigi riconosceva la sua Repubblica Democratica; in cambio il Vietnam aderiva all’Unione Francese. L’accordo prevedeva pure un referendum che si sarebbe dovuto tenere nel resto del territorio per decidere le sorti del paese: diviso o unificato sotto la Repubblica Democratica. La Francia non rispettò però i patti. Il referendum non fu mai indetto: la parola fu lasciata alle armi. La guerra durò fino al luglio del 1954, quando l’esercito francese fu duramente sconfitto a Dien Bien Phu. Un nuovo trattato, firmato a Ginevra, stabiliva che il Vietnam veniva diviso in nord e sud al diciassettesimo parallelo. La riunificazione sarebbe avvenuta con elezioni libere, con controllo internazionale, previste entro due anni. Nel frattempo 900 mila Vietnamiti anticomunisti lasciarono il nord per trasferirsi al sud. Gli Stati Uniti, che sin dal 1950 sostenevano finanziariamente la guerra coloniale francese in Indocina, non riconobbero però mai il trattato di Ginevra. Le elezioni previste dal trattato, quindi, non si tennero e le sorti del paese venivano di nuovo lasciate alle armi. Era l’inizio dell’intervento americano, che si sarebbe protratto fino alla sconfitta statunitense nel 1975.

 

Hue, città imperiale

Dopo questo breve excursus storico torniamo nella città imperiale di Hue. Si affaccia sul cosiddetto Fiume dei Profumi, che scorre armoniosamente tra colline verdeggianti con alberi e fiori che profumano l’aria. Hue fu capitale del regno dal 1802 al 1945, quando abdicò l’ultimo imperatore Bao Dai. Molte testimonianze di questo periodo andarono distrutte durante le guerre di liberazione, parecchie sono però sopravvissute e, grazie ad ottimi restauri, permettono al turista di immaginare la «grandeur» del periodo imperiale. I due principali centri di interesse di Hue sono costituiti dall’amplissima cittadella circondata da 10 chilometri di mura in mattoni che custodisce al suo interno la città imperiale, e dagli imponenti monumenti che conservano le spoglie degli imperatori. Questi mausolei si affacciano sulle rive del Fiume dei profumi, che li collega alla Cittadella. È così possibile visitarli durante una piacevole gita in barca.

Il palazzo più spettacolare della città imperiale è certamente quello denominato dell’Armonia Suprema, caratterizzato da ricchi interni dorati e laccati in rosso. Era in questi locali che i tredici imperatori della dinastia Nguyen, seduti su un trono dorato, davano udienza ai loro ospiti. Terminate le udienze, gli imperatori oltrepassavano l’imponente porta dorata che li conduceva nella Città purpurea proibita, riservata solo ai reali, al medico di stato e ai 9 ranghi di concubine. Vi si trovavano templi dedicati agli antenati, gli appartamenti dell’imperatore, di sua moglie e della madre, nonché luoghi di svago: giardini, il palazzo della lettura, il teatro e persino campi da tennis.

 

I mausolei degli imperatori

Il mausoleo più spettacolare è certamente quello che custodisce le spoglie di Minh Mang, successore del primo imperatore. Diffidente verso gli occidentali, regnò dal 1820 al 1841 ed ebbe 142 figli, nati da 33 mogli e 107 concubine. I cosmologi di corte impiegarono ben undici anni per individuare il luogo adatto per accogliere Minh Mang dopo la sua morte. Il cantiere si protrasse per tre anni e impiegò 10 mila uomini. Il mausoleo, ispirato all’architettura cinese, è immerso in un vasto e splendido parco cintato e circondato da un laghetto. Trentacinque eleganti costruzioni – monumenti, palazzi, templi, ponti, giardini, fontane – sono disposti su un asse est-ovest lungo 700 metri. Tre sono gli elementi principali: i luoghi di culto dedicati al sovrano e alla regina, una grande stele che racconta la sua vita e infine la tomba situata nel punto più elevato.

Interessante e molto diverso è anche il mausoleo dedicato a Khai Dinh, penultimo imperatore della stirpe, fantoccio dei Francesi, che regnò dal 1916 al 1925. Definito dalla guida Michelin una «follia architettonica», è un miscuglio kitsch di tradizionali stili vietnamiti e occidentali. Si sviluppa in altezza su diversi livelli terrazzati collegati da ripide scalinate. La sua costruzione si protrasse per 11 anni e fu talmente costosa da rendere necessario un aumento delle tasse. È molto diverso da quello di Minh Mang, in quanto non ha né giardini, né residenze e si compone di una sola struttura principale, ma risponde anch’esso ai tre requisiti che abbiamo visto in precedenza: tempio, stele biografica, tomba. 

  

  

   

Per saperne di più

Vietnam, Le guide Vert Michelin, Boulogne 2020

Vietnam, Lonely Planet, Torino 2019

Vietnam, Feltrinelli Rough Guides, Milano 2018

Vietnam, Guide per viaggiare Polaris, Faenza 2018

Vietnam, National Geographic Traveler, Milano 2019

Vietnam, Le guide Mondadori, Milano 2019

 

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