Asia / Giappone

Nei luoghi della storia

Il mitico monte Fuji. Sul tragitto per Kanazawa attraverso le alpi giapponesi, tra castelli e antichi villaggi. I ciliegi in fiore illuminati la notte nel parco più noto del Giappone. Storia e tradizioni millenarie delle capitali storiche di Nara e Kyoto. La simpatica e vivace Osaka con lo sguardo rivolto al futuro. Il mitico Castello dell’Airone Bianco, set cinematografico di Akira Kurosawa.
Giò Rezzonico
26.03.2023 12:00

Itinerario

(marzo 2023)

  • 1° giorno Partenza dall'Italia con voli di linea per Tokyo con arrivo il giorno successivo
  • 2° giorno Arrivo a Tokyo, la capitale del Giappone che sorge sulle sponde del fiume Sumida e si affaccia sull'omonima baia
  • 3° giorno Tokyo, una delle metropoli più importanti al mondo dove convivono antiche culture e "caos ordinato" di una grande città 
  • 4° giorno Tokyo
  • 5° giorno Escursione a Nikko, antico centro religioso, Patrimonio dell'Umanità UNESCO
  • 6° giorno Proseguimento per Hakone e Matsumoto
  • 7° giorno Partenza per Takayama, deliziosa cittadina nella zona di Hida
  • 8° giorno Partenza per la zona di Shirakawago, con i caratteristici villaggi e case triangolari dal tetto di paglia
  • 9° giorno Visita al bellissimo giardino Kenroku-en e partenza in treno per Kyoto
  • 10° giorno Partenza per la piccola città di Uji, che vanta uno dei più bei palazzi di tutto il Giappone e proseguimento per Nara per visitare il grande Tempio di Todai-ji
  • 11° giorno Visita di Kyoto, l'antica capitale imperiale, dove le tracce monumentali del passato si mescolano ai segni della modernità
  • 12° giorno Partenza per Osaka, la terza città più grande del Giappone
  • 13° giorno Escursione allo splendido Castello Feudale di Himeji
  • 14° giorno Voli di rientro da Osaka per l'Italia

 

 

 

Durata del viaggio: 14 giorni

Operatore turistico: Kel12

  

 

  

   

Dopo aver trascorso alcuni giorni a Tokyo (si veda anche Giappone / Tokyo. Una megalopoli da 38 milioni) inizia il nostro itinerario proposto da Kel 12, che ripercorre gli altri luoghi principali della storia giapponese. Un tragitto che ci porta da Tokyo a Osaka, attraversando paesaggi rurali e montani con vista sul monte Fuji, con tappa a Kanazawa sul Mare del Giappone e soggiorni a Kyoto e Nara, le due antiche capitali del paese. Il viaggio ci permette di ammirare l’armonia dei templi buddhisti, dei santuari shintoisti, di meravigliosi giardini e di eleganti castelli, ma anche il caos ordinato delle metropoli nipponiche risorte dopo le immense distruzioni subite nel corso della Seconda Guerra Mondiale. La fortuna ha voluto che la nostra visita, a fine marzo-inizio aprile, coincidesse con la fioritura dei ciliegi: uno spettacolo nello spettacolo della scoperta di un paese per noi misterioso.

 

 

Il magico monte Fuji

La prima tappa del nostro itinerario, 120 chilometri a sud-ovest di Tokyo, è il mitico monte Fuji, montagna considerata sacra sin dalla preistoria. A renderla celebre in tutto il mondo furono certamente le magnifiche stampe – «Vedute del monte Fuji» – del grande artista giapponese Hokusai. 

L’ultima eruzione del vulcano risale al 1707: le cronache dell’epoca raccontano che, con grande preoccupazione dei suoi abitanti, il cielo di Edo (l’attuale Tokyo) si oscurò e la città venne ricoperta di cenere. In primavera le possibilità di vedere questa meraviglia della natura libera da nuvole sono del 30 per cento, ma noi abbiamo la fortuna di poterla ammirare nel suo splendore dalle rive ammantate di ciliegi in fiore del lago Ashi, che ne lambisce i promontori. Il monte Fuji ci è apparso, come nelle immagini di Hokusai, con la cima innevata e con la base a striature nere e bianche, provocate dal manto nevoso che si scioglie e lascia trasparire il terreno. 

Proseguiamo il nostro viaggio puntando 200 chilometri verso nord, per trasferirci sul lago Suwa, dove pernottiamo in un Ryokan, un tipico albergo giapponese. Le camere hanno i pavimenti rivestiti con stuoie di tatami (pannelli regolari in paglia intrecciata e pressata). Al posto dei letti la notte vengono posati i futon, sottili materassi trapuntati. Trovandoci in una zona vulcanica, non poteva mancare una fonte termale, che permette di immergersi nudi in piscine comuni di calda acqua termale (onsen), rigorosamente separate per i due sessi. L’esperienza si conclude con cena tipica giapponese, a cui si partecipa in kimono. Una delle attrattive del paese è certamente rappresentata dalla sua cucina, tanto diversa dalla nostra.

 

Il castello di Matsumoto

Cinquanta chilometri, circa un’ora di pullman attraversando una zona rurale, ci separano dal castello di Matsumoto, uno dei quattro dichiarati patrimonio nazionale. Elegante e severo, soprannominato il corvo per il suo colore scuro e i suoi tetti ondeggianti, è il maniero più antico del paese. Completamente costruito in legno, è splendido testimone dell’epoca feudale. È stato risparmiato dai bombardamenti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, data la sua posizione appartata. Edificato alla fine del XVI secolo da un signore locale, si compone di più torri. La principale è alta 30 metri e si espande su 5 livelli. Visitandone gli interni si notano la complessa struttura lignea, le feritoie per armi da fuoco e balestre, un sesto piano segreto dove i samurai elaboravano le strategie belliche. L’ultimo livello è dedicato a una dea che ha il compito di proteggere il castello dagli incendi. 

Il panorama spazia sul vasto giardino, ricco di ciliegi in fiore, e sulle innevate alpi giapponesi, che dovremo varcare per raggiungere Kanazawa sul Mar del Giappone. Prima di lasciare questo luogo incantato scattiamo un’ultima foto con il nero castello in primo piano e l’immancabile ponte rosso sullo sfondo che si specchiano nell’ampio fossato.

 

Giappone rurale e montagnoso

Una novantina di chilometri, 2 ore di tragitto, ci separano da Takayama, una delle cittadine meglio conservate del Giappone. Grazie alla sua posizione isolata tra le montagne fu anch’essa risparmiata dalla guerra. L’assetto urbanistico, ispirato a quello di Kyoto, risale al XVII secolo. Il centro storico si riduce a tre strade su cui si affacciano pregevoli costruzioni in legno, che ospitano case private, fabbriche di sakè e botteghe di ogni genere. A causa dell’eccellente qualità del legname dei boschi circostanti, necessario per le costruzioni statali, dal 1692 al 1868 la città fu direttamente amministrata dal potere centrale (shogun), tramite un prefetto. Molto interessante a questo proposito la visita della sede del governatore con uffici amministrativi, tribunale con annessa sala delle torture e appartamenti privati: unica testimonianza del genere sopravvissuta nel corso dei secoli in Giappone. L’edificio, fedelmente ricostruito nell’Ottocento sulla base di quello originale seicentesco, colpisce per l’essenzialità della sua architettura –  molto simile al moderno stile minimalista –  soprattutto se lo si paragona alle pompose residenze europee dello stesso periodo.

A questo punto è però necessaria una breve parentesi storica. Quando si parla di shogunato, ci si riferisce all’epoca tra il 1603 e il 1868, quando il potere politico del paese venne esercitato dai militari (samurai), che di fatto esautorarono l’imperatore. I discendenti del primo shogun, Ieyasu Tokugawa, governarono il Giappone per due secoli e mezzo. Fu un periodo di pace, ma a caro prezzo: una rigida legge sancì infatti l’isolamento del paese dal resto del mondo chiudendo le frontiere sia in entrata, sia in uscita.

Proseguiamo il nostro viaggio salendo in montagna, nell’appartata valle di Shokawa, per visitare l’incantevole villaggio di Shirakawa-go, una sorta di museo all’aperto con oltre un centinaio di case dai tetti in paglia a doppio spiovente, tutte scrupolosamente costruite in legno. Il borgo si trova su un altipiano circondato da montagne innevate. È particolarmente romantico e pittoresco osservandolo dall’alto, mentre scendendo in paese bisogna condividerne la bellezza con tanti, forse troppi turisti. Anticamente le case  – parecchie trasformate in musei o in negozi – erano abitate da famiglie molto numerose che campavano coltivando bachi da seta. 

Ancora un’ora abbondante di strada ci separa da Kanazawa, dove giungiamo in serata.

 

I ciliegi in fiore di Kanazawa

Kanazawa, affacciata sul Mare del Giappone, è stata anch’essa risparmiata dalla guerra e compete con Kyoto per aggiudicarsi il titolo di gioiello storico del paese. Durante il tragitto di avvicinamento in bus la nostra guida locale ci avvisa che in questa elegante e raffinata città, in occasione dello Hanami (festa dei ciliegi in fiore), nel famosissimo parco di Kenroku-en i ciliegi vengono illuminati la notte. Giunti in albergo, ci prepariamo in fretta per assistere a questo spettacolo. Seguiamo il cammino di una folla di gente in festa diretta verso il parco. Ci aspetta uno scenario indimenticabile: forse l’emozione più grande del viaggio. I ciliegi in fiore di uno dei parchi più rinomati del Giappone, sapientemente illuminati, sembrano fuochi di artificio bianchi sullo sfondo scuro del cielo. La luce armoniosa di alcuni lampioni, posati per l’occasione, fa da sfondo all’affollata festa popolare della primavera (Hanami), allietata da numerose bancarelle di street food. 

Il mattino seguente vi torniamo per visitare con la luce del giorno il giardino Kenroku-en, maggiore attrattiva della città e considerato uno dei tre più belli del Giappone. I fiori dei ciliegi appaiono ora in tutto il loro splendore illuminati dal sole. Il giardino sorge accanto al castello di una ricca signoria, tra le più potenti dell’epoca feudale. Ha una storia secolare e si ispira alle sei virtù considerate ideali per un luogo di spiritualità nella cultura nipponica: spaziosità, tranquillità, sacralità, classicità, freschezza e vista. Nei siti contemplativi la sapienza giapponese cerca di imitare la natura, invece di trasformarla: gli stagni e le rocce evocano così gli oceani e le isole; le pietre, ritenute importanti quanto gli alberi, ricordano le montagne. Le piante, tutte di origine indigena, vengono potate in maniera da assumere forme particolari. L’erba viene spesso sostituita dal muschio, che conferisce all’ambiente un carattere speciale. La vista sulla città è spettacolare e il parco, concepito per essere attrattivo in tutte le stagioni, cambia fisionomia a seconda delle prospettive da cui lo si osserva. Tutto, insomma, è stato studiato per creare con successo un’estetica perfetta.

Dal Kenroku-en ci trasferiamo nel centrale e poco distante quartiere dei samurai (Nagamachi).

 

Nel quartiere dei samurai

Antichi muretti in terra battuta, dietro i quali si nascondono splendidi giardini, fiancheggiano le antiche e suggestive viuzze del quartiere dei samurai. Delle originali costruzioni rimane ormai poco, ma visitando la casa Nomura, trasformata in museo, ci si può fare un’idea di come erano anticamente questi edifici. La residenza fu venduta a un commerciante da una famiglia di samurai in difficoltà finanziarie. Il nuovo proprietario la trasformò, rispettandone però la struttura originale. La sua architettura minimalista ci colpisce, così come era avvenuto nell’antica residenza del governatore di Takayama. I locali principali si affacciano su un minuscolo ma splendido giardino giapponese ispirato alle stesse «virtù» del molto più vasto Kenroku-en: cascatelle, stagni con carpe multicolori, pietre, muschi, pini e lanterne in pietra.

I samurai che abitavano questo quartiere erano al servizio del signore, che risiedeva nel vicino castello. Questi membri della casta militare giapponese possono essere paragonati ai cavalieri della nostra era medievale. Le loro maggiori fortune risalgono ai tempi precedenti l’epoca Edo, quando nel paese le varie signorie feudali combattevano tra loro per prevalere l’una sull’altra. A partire dall’inizio del XVII secolo, con la costituzione dello shogunato di cui abbiamo parlato sopra, il potere militare centrale garantì due secoli e mezzo di sostanziale pace («pacificazione»). I samurai al servizio dello shogun non dovevano quindi più combattere battaglie, ma garantire l’ordine e aiutare ad amministrare il potere. In questo periodo emersero due diverse scuole ben riassunte nei rispettivi codici d’onore: uno rigido, che glorificava l’accettazione della morte e proclamava la cieca obbedienza al proprio signore; un altro, volto invece alla ricerca di una crescita interiore attraverso la cultura e la filosofia. Con la caduta dello shogunato nel 1868 e il conseguente ritorno al potere dell’imperatore fu costituito un esercito regolare sul modello europeo. Veniva così di fatto decretata la definitiva fine della figura del samurai. Ma ne sopravvisse la mentalità militarista, soprattutto quella legata all’interpretazione più rigida del codice d’onore, che caratterizzò la politica dei governi nazionalisti di fine Ottocento e in seguito di quelli fascisti del Novecento fino alla disfatta miliare del 1945.

 

Nel quartiere delle geishe

All’inizio dell’Ottocento l’amministrazione locale decise di spostare i luoghi di intrattenimento fuori città. Un nuovo quartiere delle case da tè e delle geishe venne così edificato a nord del centro di Kanazawa. E' considerato l’area delle case da tè più ampia e meglio conservata di tutto il Giappone. Gli edifici in legno e i tipici lampioni nipponici ripropongono un’atmosfera del passato. Si possono ancora visitare alcune case da tè trasformate in museo. Al piano terreno, accanto all’entrata si trovano le cucine, mentre salendo le scale si entra negli spazi destinati agli ospiti e a quelli dove si esibivano le geishe. Il quartiere ha però attualmente assunto un carattere prettamente turistico, con boutiques che vendono prodotti alimentari e artigianali. Del mondo delle geishe parleremo visitando Kyoto, il luogo del Giappone in cui questa forma artistica è maggiormente sopravvissuta fino ai nostri giorni.

 

Nara, l’antica capitale

Dopo aver visitato Kanazawa, che compete con Kyoto per il titolo di gioiello storico del Giappone, ci trasferiamo in treno verso la città rivale. Ma Kanazawa ci riserva prima un’ultima sorpresa: la sua monumentale stazione ferroviaria, progettata da Kabori Tameo, in vetro, legno e acciaio, alla quale si accede da un portale che è una rivisitazione moderna del torii, ovvero del tradizionale portale di accesso al tempio shintoista, con ai lati due pilastri a forma di tsuzumi, il tipico tamburo giapponese. In due ore di treno giungiamo a Kyoto, dove alloggiamo. Il mattino seguente ci spostiamo in pulmann verso Nara, prima capitale nipponica stabile dal 710 al 784 d.C. Fu costruita a immagine e somiglianza della città cinese di Chang’An (l’attuale Xian), a quei tempi una delle capitali più all’avanguardia del mondo asiatico. Nel giro di poco tempo Nara divenne culla del buddhismo giapponese e della civiltà nipponica, nonché importante finestra del paese sul mondo. «In quel breve volgere di tempo – ha scritto Fosco Maraini – produsse una tale straordinaria fioritura di uomini, di pensieri e di cose che la luce ne riverbera ancora oggi». 

La nostra visita si concentra sul tempio di Todai-ji, noto per il suo gigantesco Buddha, e il santuario di Kasuga, celebre per le sue 3 mila lanterne. Entrambi questi monumenti si possono raggiungere a piedi passeggiando nel vasto parco di Nara-Koen. Il cammino è allietato dalla presenza di moltissimi cervi addomesticati – sembra siano 1'500 – che hanno campo libero, in quanto considerati messaggeri divini dalla dottrina shintoista. Si racconta infatti che uno degli dei celebrati nel santuario di Kasuga sia apparso a cavallo di un cervo bianco: da allora, cioè da secoli, questi animali sono ritenuti messaggeri di dio.

Il santuario aveva la funzione di proteggere la capitale. Vi si accede percorrendo, in compagnia dei simpatici quadrupedi, un viale di 800 metri fiancheggiato da lanterne in pietra, donate dai fedeli. Altre mille, in bronzo, sono invece appese ai cornicioni dei quattro edifici dedicati a guerrieri leggendari. Due volte l’anno tutte queste lanterne vengono accese: facile immaginare quale possa essere lo spettacolo. Ma il luogo è suggestivo anche in tempi normali per la sua atmosfera, per l’ambiente naturale immerso nel verde, che contrasta con gli edifici in legno e laccati con un intenso color rosso-arancione, periodicamente ricostruiti come vuole la tradizione shintoista.

Un’altra piacevole passeggiata nel parco ci porta al Todai-ji, costruito dall’imperatore Shomu in ricordo del figlio, morto giovane. Divenne all’epoca (VIII secolo) il più grande dei sette templi di Nara e il più importante del Giappone. Lo potremmo definire il tempio dei record: ospita infatti il Buddha in  bronzo più grande al mondo, che osserva i fedeli dall’alto in basso con sguardo severo. Il suo peso ammonta a 550 tonnellate, di cui 130 chilogrammi per la laminatura in oro. Ma non solo: anche l’edificio che lo ospita è il più grande edificio ligneo del pianeta, nonostante quando venne ricostruito nel Settecento fu rimpicciolito di un terzo rispetto all’originale.

Sulla strada di ritorno verso Kyoto visitiamo il tempio Byodo-in nella piccola località di Uji, raffigurato sulle monetine da 10 yen. Curioso notare come questo elegante luogo sacro nel X secolo fu residenza di campagna di un ricco e influente signore, che riuscì a sposare ben tre figlie con altrettanti imperatori, prima di ritirarsi in meditazione in questo meraviglioso luogo. La villa/tempio presenta un’architettura leggerissima ed è situata in un suggestivo giardino giapponese, dove si specchia nelle acque di un romantico laghetto. Il figlio del proprietario, in memoria del padre, trasformò la residenza in tempio. Dato che non si possono visitare gli interni, l’imponente Buddha della misericordia osserva i visitatori da un’apertura nella rete di protezione. Le raffinatissime statuette, che ornavano le pareti del monumento sono state trasportate in un moderno museo, dove è possibile ammirarle in tutto il loro splendore.

 

Kyoto, capitale culturale del paese

«Depositaria della storia del paese»,»quintessenza dell’antico Giappone», «capitale della cultura nipponica»: è così che le varie guide turistiche definiscono questa splendida città, costruita nell’VIII secolo come sogno di perfezione, sul modello dell’antica capitale cinese Chang’an (l’attuale Xian). In effetti i suoi innumerevoli templi (ben 17 sono riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità) e santuari, gli incantevoli giardini, la sopravvivenza dell’arte delle geishe e delle case da te, gli antichi quartieri con gli edifici ancora in legno, danno un’idea di come doveva essere questo paese prima delle distruzioni legate alla Seconda Guerra Mondiale. Sede dell’imperatore per oltre 12 secoli, distrutta più volte da terremoti, guerre e incendi, circondata su tre lati dalle montagne, la metropoli (1 milione e mezzo di abitanti) custodisce gelosamente il passato della cultura nipponica, ma è anche proiettata verso il futuro. Ne sono testimonianza la sua futuristica  stazione ferroviaria in vetro e acciao, e la meno affascinante Kyoto Tower, che si erge sul lato opposto.

Orientarsi in questa città non è difficile. Di fronte alla stazione, in direzione nord un’ampia arteria (Karasuma-dori) porta al palazzo imperiale e si incrocia, dopo 30 minuti a piedi, con la commerciale Shijo-dori, che collega in pochi minuti i quartieri moderni con il centro storico a est.

 

Geishe, icone del Giappone

È piacevole, soprattutto la sera, passeggiare nell’animatissimo quartiere di Ponto-cho, ricco di ristorantini, e valicare il fiume per raggiungere il quartiere di Gion, nella speranza di incontrare una geisha mentre si reca sul posto di lavoro. Kyoto è infatti uno dei rari luoghi del Giappone dove sopravvive questa professione, che risale al XVII secolo. Icone della tradizione nipponica, nell’Ottocento si contavano oltre 80 mila geishe sparse nelle principali città giapponesi. Oggi ne rimangono poche, concentrate soprattutto nel quartiere di Gion a Kyoto. Contrariamente a quanto pensano molti occidentali non hanno nulla a che fare con la prostituzione. A Kyoto vengono definite geiko, che significa figlia dell’arte. La loro formazione si concentra sulla danza, il canto, sull’apprendimento di strumenti musicali, sull’abilità nella conversazione e sulla capacità di custodire segreti. Avvolte in eleganti kimono in seta, con il viso sbiancato, le labbra rosse e acconciature elaborate, accolgono facoltosi ospiti nelle case da tè. Anticamente lasciavano la famiglia ancora bimbe per abitare in un’okiya, dove iniziavano un lungo periodo di apprendistato. Oggi vi si recano terminata la scuola dell’obbligo e seguono la formazione come maiko. Ma, secondo le statistiche, solo 3 su 10 diventano geiko. 

 

Templi e monasteri

Lasciamo il quartiere di Gion per affrontare la «salita del parto sicuro», uno dei motivi per cui molte giovani donne salgono al tempio Kiyomizu-dera. Due stradine lastricate (Ninen-zaka e Sanen-zaka), sulle quali si affacciano edifici in legno splendidamente restaurati, che ospitano negozietti, ristoranti e sale da tè in un’atmosfera d’altri tempi, conducono sulle pendici della collina, sulla quale è abbarbicato il tempio principale del complesso sacro Kiyomizu-dera. La costruzione, immersa nel verde, risale all’VIII secolo, ma è stata riedificata nel Seicento. La struttura in legno di cipresso è stata realizzata a incastro senza l’utilizzazione di chiodi: un miracolo di ingegneria! Il tempio sorge sopra una graziosa cascata dalle acque sacre, dove si abbeverano i pellegrini. Dall’ampia terrazza si gode uno splendido panorama sulla città.

Proseguiamo la visita di alcuni fra i monumenti principali di Kyoto; in effetti, per vederli tutti  occorrerebbero più giorni. Ci rechiamo dapprima a sud del centro in uno dei santuari (Fushimi Inari) più sorprendenti e più fotografati della città: quello dedicato alla dea Inari, originariamente protettrice del riso e del saké e oggi, in senso più lato, del benessere in generale. La particolarità di questo luogo è un susseguirsi di oltre 30 mila portali (torii) color vermiglio: creano una sorta di tunnel lungo 4 chilometri che si inerpica sinuosamente sulla collina fra alberi, bambù, tempietti, statuette di volpi sacre fino al santuario principale, dove è venerata Inari. I portali, che recano sul retro il nome del donatore, vengono ancora oggi offerti da agricoltori, commercianti, imprenditori e società nella speranza che la dea protegga le loro attività.

Ci spostiamo in seguito a nord ovest, dove visitiamo un altro magico tunnel costituito non più da portali, ma da altissimi bambù, che si affacciano su uno stretto sentiero, dove la luce penetra a fatica creando un’atmosfera particolare, grazie anche al suono del vento che fa ondeggiare le gigantesche piante.

Ci attende uno dei luoghi più famosi ed enigmatici del Giappone: il giardino zen, che si trova nel quattrocentesco tempio del drago pacifico (Ryoan-ji). Si tratta di un «giardino di pietra» grande quanto un campo di tennis, che si contempla dalla veranda del tempio. Racchiuso su tre lati da un muro, stupisce la sua assoluta semplicità e armonia, tipiche del pensiero zen. Spoglio e severo è costituito unicamente da ghiaia bianca, muschio e da 15 pietre distribuite in piccoli gruppi. Perché mai l’anonimo progettista ha posizionato le pietre in modo tale che da qualsiasi posizione le si osservi non è possibile vederle tutte contemporaneamente? Forse perché la quindicesima la si vede solo praticando un esercizio zen.

Con la visita del Padiglione d’oro (Kinkaku-ji) rimaniamo in epoca medievale e nello spirito zen, sebbene sia molto più sontuoso rispetto al giardino di pietra. Questa fastosa villa dorata a tre piani fu costruita da un signore locale, che regnò nel Trecento e decise di ritirarsi in questo luogo per meditare. Stabilì però che alla sua morte l’edificio sarebbe stato trasformato in luogo di culto. Accedendovi da uno splendido giardino l’immagine del tempio buddhista dorato che si specchia nel laghetto antistante ha qualcosa di magico e irreale. Una sensazione accentuata dalla presenza di una tranquilla cascata, che collega la parte piana del parco con la zona collinosa. Purtroppo l’edificio, sopravvissuto fin quasi ai nostri giorni,  fu incendiato da un monaco nel 1955 e ricostruito, così come appare oggi, 30 anni più tardi.

 

Simbolo del potere militare

Torniamo in centro città per visitare un luogo importante per la storia del Giappone: lo sfarzoso castello Nijo-jo, edificato all’inizio del Seicento dallo shogun Tokugawa Ieyasu, la cui famiglia avrebbe retto le sorti del paese per ben 15 generazioni, a scapito del potere imperiale. È in questo luogo che nel 1603 venne di fatto riconosciuta la supremazia del potere dei militari sull’imperatore con la creazione del cosiddetto shogunato (governo militare). Ed è qui che questa lunga esperienza, durata oltre 2 secoli e mezzo, si concluse nel 1868, con la rinuncia dell’ultimo shogun. L’opulenza dell’edificio, protetto da un ampio fossato e da possenti mura, sta a dimostrare la potenza della famiglia Tokugawa. La costruzione in legno di cipresso si compone di 7 edifici collegati tra loro, con una trentina di ampi spazi, che sorprendono per l’architettura essenziale, direi quasi moderna. Il castello è famoso per i suoi dipinti con soggetti idilliaci negli appartamenti privati e minacciosi (per incutere rispetto) negli spazi pubblici. Quest’ultimi, per segnalare l’eventuale presenza di intrusi, dispongono di un pavimento che calpestato produce il canto di un usignolo.

 

Osaka, aperta al futuro

Osaka, terza metropoli del Giappone con 2,7 milioni di abitanti, non si può dire che sia bella, ma risulta simpatica, gioviale, aperta. Atmosfera che si percepisce in modo particolare girovagando per l’affollato e caotico – quindi anomalo per il Giappone – quartiere di Dotonbori, fulcro della vita notturna con migliaia di variopinte luci al neon che si specchiano nell’omonimo canale. Gigantesche insegne luminose – alcune pure animate –  attirano l’attenzione dei viandanti su negozi e ristoranti. 

La città, fulcro di commerci sin dal IV secolo grazie al suo importante porto mercantile e oggi sede di importanti industrie (tra cui Panasonic, Sanyo e Sharp), è risorta dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando venne distrutta per due terzi. Due edifici simbolizzano questa sua sorte: il castello ricostruito nel dopoguerra in cemento a ricordo del passato e l’Umeda Sky Building, simbolo della rinascita volta al futuro. Progettato dallo stesso architetto ideatore della stazione di Kyoto (Hara Hiroshi), l’edificio rappresenta una visione avveniristica dell’Arco del Trionfo di Parigi: due torri gemelle sono collegate a 170 metri di quota da un’ampia terrazza che spazia sulla città a 360 gradi, offrendo un incredibile panorama sulla metropoli.

 

Il Castello dell’airone bianco

Il nostro itinerario nipponico si conclude in bellezza con la visita del Castello dell’Airone Bianco (Himeji-jo), considerato il più bello del Giappone per la sua incredibile leggerezza architettonica (sembra infatti spiccare il volo…), nonostante l’imponenza. Rimasta intatta nel corso dei secoli, la fortezza fu ampliata nel 1609 per volontà dello shogun Tokugawa Ieyasu, di cui abbiamo visitato la residenza a Kyoto. L’architetto, suo nipote, ha saputo magistralmente conciliare estetica ed eleganza con l’efficienza difensiva della struttura militare. Costruito su un promontorio per esercitare il controllo sulla zona circostante, il complesso si compone di una torre centrale, di tre secondarie, di altri edifici e giardini (splendidi durante la fioritura dei ciliegi) cintati da possenti mura, circondate da un ampio fossato.

Questo luogo elegante e al tempo stesso austero fu utilizzato come set cinematografico da diversi registi, tra cui Akira Kurosawa, che vi girò le scene di «Ran» nel 1985 e «I sette samurai» nel 1954.

 

   

Per saperne di più

  • Japon, Michelin voyage, guida verde, Boulogne 2015
  • Giappone, Touring Club Italiano, Milano 2020
  • Giappone, National Geographic, Milano 2020
  • Giappone, Lonely Planet, Torino 2020
  • Giappone, Le guide Mondadori, Milano 2020
  • Kenneth G. Henshall, Storia del Giappone, Mondadori, Milano 2021
  • Rosa Caroli, Francesco Gatti, Storia del Giappone, Editori Laterza, Bari 2017

 

 

 

 

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