Nel Languedoc-Roussillon, tra terra e storia tinte di rosso
Itinerario
(agosto/settembre 2010)
- 1° giorno Ticino – Castillon-du-Gard (650 km)
- 2° giorno Castillon-du-Gard – Albi (280 km)
- 3° giorno Albi – Tolosa – Carcassonne (135 km)
- 4° giorno Carcassonne – Fontfroide – Saint-André-de-Roquelongue (70 km)
- 5° giorno Saint-André-de-Roquelongue – Termes – Château d'Aguilar – Château de Quéribus – Chateau de Peyrepertuse – Cucugnan (130 km)
- 6° giorno Cucugnan – Saint Antoine – Serrabone – Saint-Michel – Molitg-les-Bains (135 km)
- 7° giorno Molitg-les-Bains – Collioure (150 km)
- 8° giorno Collioure – Pézenas – Salon-de-Provence (330 km)
- 9° giorno Salon-de-Provence – Ticino (635 km)
Durata del viaggio: 9 giorni
Operatore turistico: Organizzato in proprio
Lasciate alle spalle la Costa Azzurra e la Provenza, oltrepassato il Rodano, si prosegue verso sud lungo la costa mediterranea fino al confine con la Spagna catalana per scoprire un mondo meno turistico e sorprendente. Ci troviamo nel Languedoc-Roussillon. Le rocche catare ricordano le sanguinose battaglie del Medioevo, ma anche il tempo in cui la lingua d'oc (lingua occitana) univa la storia e la letteratura di questa terra per raccontare la sua leggenda. Fondata sull’antico latino del clero, ma più viva, più docile e galante, la lingua dei trovatori del XII secolo compì il miracolo di unificare le genti del Sud e di incantare le corti vicine con la sua poesia. La regione del Languedoc ama tuttora conservare la sua eredità occitana, così come quella del Roussillon, possedimento spagnolo fino al trattato dei Pirenei (1659), mantiene forti accenti d'influenza catalana. Questa terra appassionata, bruciata dal sole e ricca di tradizioni, ha fatto parte della Catalogna per secoli. Francese sulla carta, resta profondamente catalana nell’animo, con la sua lingua, con le sue fiestas in cui la sangria scorre a fiumi e con la sua danza folcloristica chiamata sardana. Questa terra vide però anche consumarsi la tragedia dei catari, aderenti a un movimento di dissidenti cattolici che furono fisicamente eliminati da una «santa alleanza« tra la chiesa di Roma e la monarchia parigina interessata a mettere le mani sul sud della Francia.
Per visitare tutte le città e i luoghi degni di nota ci vorrebbero settimane. Il nostro itinerario, che si articola su nove giorni, è frutto di scelte impietose, dettate da interessi storici – castelli e conventi che furono protagonisti della tragica vicenda della corrente cattolica dissidente dei catari – e artistici per quanto riguarda le città: l’Albi di Toulouse-Lautrec, la Pézenas di Molière, la Collioure di Matisse e Derain. Senza dimenticare l’innovativa Tolosa, che vide nascere il mitico Concorde e la romanticissima Carcassonne, una delle perle di Francia.
Albi, città natale di Toulouse-Lautrec
La terra si tinge di rosso, man mano che ci si avvicina ad Albi, dello stesso colore dei mattoni con cui sono costruiti i monumenti e le case di questa città, come nella vicina Tolosa, che dista una settantina di chilometri.
Su uno sperone di roccia che domina il fiume Tarn svetta maestosa la cattedrale di Santa Cecilia. È circondata da verdi poggi che creano un suggestivo contrasto con il colore vermiglio dei mattoni. Da lontano ricorda una fortezza vittoriosa a testimonianza dello spietato potere della Chiesa, che tra il XII e il XIII secolo annientò il movimento eretico dei catari e quello degli albigesi, un altro gruppo eretico molto simile. Capolavoro del gotico meridionale, Santa Cecilia è considerata una delle cattedrali architettonicamente più importanti di Francia. Massiccia e severa all’esterno, internamente è ingentilita da un recinto marmoreo che delimita il coro, così abilmente scolpito nel calcare bianco da sembrare un ricamo.
Sulla stessa piazza si affaccia l’ex sede arcivescovile, un maestoso palazzo seicentesco che ospita la più ricca collezione al mondo di opere di Toulouse-Lautrec. Il pittore del Moulin Rouge, narratore sagace, brillante e quasi impertinente d’un preciso contesto storico, cioè l’alba della Belle Époque, nacque ad Albi nel 1864 da una ricca famiglia nobile. Fragile, sgraziato, minato dal nanismo morì a 37 anni alcolizzato e malato di sifilide. Pittore alieno dai falsi pudori e da ogni moralismo, incompreso dalla famiglia che gli chiedeva di firmarsi con uno pseudonimo, ebbe un’esistenza infelice nonostante il successo artistico. Le sue opere sono animate da facoltosi signori e prostitute d’alto rango: al centro si trova spesso una donna con i capelli tinti di biondo o di rosso, uno sguardo invitante, il trucco pesante, l’aria sfrontata; gli uomini sono in seconda fila, buoni – s’intuisce – solo per il loro denaro.
Tolosa, patria del Concorde, ma…
Tolosa è una città affascinante e per me è stata una vera scoperta. Si racconta che la «Ville Rose» sia rosa all’alba, dorata a mezzogiorno e fiammeggiante al tramonto, una magia prodotta dalle tonalità che assumono i mattoni d’argilla del fiume Garonna con cui sono costruiti i palazzi, i muri, le splendide chiese. Nonostante rappresenti il settimo centro urbano di Francia, con una popolazione di oltre mezzo milione di abitanti, e sia sede dell’industria aeronautica francese ed europea, si offre al visitatore con un’atmosfera rilassata e simpatica che fa sentire a proprio agio. Passeggiando per le antiche vie del centro storico si percepisce una vitalità moderna e al tempo stesso la tradizione di questa città che fu capitale dell’antico Languedoc e vide nascere, all’inizio del XIV secolo, la più antica società letteraria europea con lo scopo di perorare la causa della «langue d’oc», la lingua della Francia meridionale.
Un secolo più tardi un visionario, Pierre-Paul Riquet (1609-1680), uomo ricco e geniale, costruì il Canal du Midi per collegare Tolosa al Mediterraneo. Gli scavi iniziarono nel 1667. Furono realizzati a mano da 12 mila uomini sul tragitto di 241 km che dividevano la città dal mare. Il canale largo 19 metri, vero capolavoro dell’ingegneria idraulica con la sua ottantina di chiuse, fu inaugurato nel 1681. Una flotta di 24 imbarcazioni trainate da cavalli compì il viaggio inaugurale. Quest’opera diede un forte impulso all’economia del sud della Francia, stimolando un intenso traffico di vino, grano, olio, spezie, tessuti e altri prodotti. Rimaneva però incompiuto il romantico sogno di Riquet di navigare tra i due mari. Affinché si realizzasse si dovette attendere fino al 1856 quando attraverso un’altra opera ciclopica, il Canal de Garonne, Tolosa veniva collegata all’Atlantico. Era il trionfo della modernità. Eppure pochi anni più tardi con l’avvento dei collegamenti ferroviari i due canali apparvero all’improvviso vie di comunicazione lente e ormai antiquate.
Ma il fuoco dell’innovazione non si spense e già nel 1870, un altro pioniere, Clément Ader, poneva le basi per il futuro dell’industria aeronautica con la costruzione a Tolosa di aerostati e dirigibili. Nel 1918 Pierre-Georges Latécoère costruì un velivolo per l’esercito francese impegnato nella Prima guerra mondiale. Da Tolosa vennero stabiliti collegamenti aerei postali con l’Africa e le Americhe. Venivano poste le basi per la nascita di un’industria che negli anni Cinquanta produsse il «Caravelle», uno dei primi aerei a reazione per voli internazionali di linea. Dagli stabilimenti di Tolosa il 2 marzo 1969 prese il volo il Concorde, primo e unico aereo supersonico per viaggiatori. Oggi dagli stabilimenti dell’Aérospatiale escono i più moderni Airbus, frutto di un consorzio tra ditte francesi, inglesi, tedesche e spagnole, che contendono il mercato all’americana Boeing. Decine di migliaia di persone ogni anno visitano questi stabilimenti come se si trattasse di un parco divertimenti e gli accompagnatori non mancano di mettere in evidenza i pregi delle creature francesi rispetto a quelle del concorrente d’oltre Oceano.
Nel centro storico, la maestosa basilica di Saint-Sernin, la più grande chiesa romanica d’Europa, sta a testimoniare l’importanza attribuita a Tolosa dal papato, che la considerava come una roccaforte per consolidare il suo potere temporale, per riconquistare la Spagna sottraendola ai musulmani e per estirpare l’eresia catara.
Costruita tra la fine del XI e la metà del XIII secolo, la basilica costituiva una tappa d’obbligo per i pellegrini che seguivano il cammino verso Santiago di Compostela. Sostavano qui per venerare l’inestimabile raccolta di reliquie di santi ospitate nel deambulatorio. Oggi la piazza principale su cui si affaccia questo importante monumento è cosparsa di lucine blu, le stesse che delimitano le piste degli aeroporti. Si tratta di un omaggio a quell’industria aeronautica che garantisce il benessere della città, ma sono anche un segno della capacità di sottolineare il senso del tempo che passa e del presente che si sovrappone al passato.
Nel Convento dei Giacobini un’ardita volta a nervature composta da 22 archi radiali unisce due chiese: una soluzione architettonica notevole se si pensa che precorre di quasi due secoli la costruzione delle volte acute nello stile tardo gotico.
Da non perdere infine la ricca collezione di sculture e capitelli romanici del XII esposte nel Musée des Augustins.
Gli eretici al rogo
«Là dove non vale la benedizione, prevarrà il bastone. Capi e prelati riuniranno la potenza delle nazioni contro questo paese, ne distruggeranno le torri, i muri e vi ridurranno alla servitù»: così tuonava San Domenico contro i religiosi catari e i regnanti che li tolleravano. Ne susseguì una carneficina al grido: «Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi».
Nel 1209 papa Innocenzo III proclamò la crociata contro gli eretici della Francia del sud. Il suo scopo non era solo religioso, ma anche politico. Offriva ai signori del nord, fedeli al cattolicesimo, l’opportunità di espandere i propri territori alla regione molto prospera del Midi, dove la capitale Tolosa era considerata una delle città più importanti d’Europa, dopo Roma e Venezia. La crociata non fu una guerra lampo, durò a lungo. Si dovette infatti attendere fino al 1271 per la liquidazione della questione catara, anche se l’ultimo eretico venne eliminato dall’Inquisizione nel 1321. A mucchi furono giustiziati sulle pubbliche piazze: su cataste di legno, inginocchiati, legati mani e piedi a pali, dati in pasto alle fiamme in terrificanti olocausti collettivi.
Quale era la loro colpa? In che cosa consisteva la loro eresia? Erano convinti della santità dello spirito umano, opera di Dio, imprigionato nel corpo, opera di Satana così come tutta la materia. Aborrivano la Chiesa di Roma, credevano nella reincarnazione, ma non che Dio si fosse incarnato in Gesù, negavano i sacramenti. Una certa libertà di spirito, la mancanza di un potere centrale, una concezione egualitaria e l’anticlericalismo erano elementi tipici del Midi che costituivano un terreno fertile per il movimento cataro, tollerato se non condiviso da molti regnanti.
L’indimenticabile Carcassonne…
Carcassonne e i suoi «cinque figli», i castelli di Peyrepertuse, Puilaurens, Termes, Aguilar e Quéribus, furono roccaforti albigesi. La città cadde nelle mani dei crociati nel 1209 dopo un lungo assedio. I suoi «cinque figli» (meta del nostro itinerario) situati nella campagna, costituirono l’ultimo ritiro degli eretici e vennero conquistati molti anni dopo.
Ai tempi dell’assedio Carcassonne non possedeva ancora tutte le fortificazioni costruite in seguito dai re di Francia e giunte nel loro splendore fino a noi. La sua cittadella è la più grande fortezza d’Europa. Si compone di un nucleo fortificato, del castello dei conti, e di una doppia cerchia di mura: la cinta esterna, dotata di 14 torri e separata da quella interna composta di 24.
Carcassonne è magica. Già da lontano risveglia il nostro immaginario del Medioevo: è la concretizzazione delle fortezze che ci inventavamo quando da ragazzini giocavamo ai soldatini. Ma anche una volta superate le mura non si rimane delusi, invasione dei turisti a parte; è infatti il terzo luogo più visitato di Francia, dopo Parigi e Mont-Saint-Michel. Vale la pena di pernottare dentro la cinta – ci sono diversi alberghi – perché verso sera le strette viuzze si svuotano, i negozi di souvenir abbassano le saracinesche, così che passeggiando si può lasciar cavalcare la propria fantasia e fermare il tempo. Fare il giro delle mura esterne, splendidamente illuminate di notte, è quasi commovente. Il castello è bene visitarlo il mattino presto, prima che sia troppo affollato, approfittando dell'audioguida, molto valida, con il commento dell’architetto che nell’Ottocento iniziò i restauri di questo luogo indimenticabile. Di fronte alle vetrate della basilica di Saint-Nazaire, considerate tra le più importanti di Francia, si rimane incantati come davanti a un caleidoscopio.
Avevo visitato Carcassonne cinquant’anni fa da ragazzino e poi non ci ero più tornato. Temevo di rimanere deluso, ma è stata invece una piacevole conferma!
…e i suoi «cinque figli»
Quando ormai tutto il Midi era conquistato dai crociati, i cosiddetti «cinque figli di Carcassonne», i formidabili castelli di Peyrepertuse, Puilaurens, Termes, Aguilar e Quéribus, situati su impressionanti speroni rocciosi, diedero rifugio ai predicatori catari. Durante anni i pellegrini affluivano a migliaia per ascoltare i loro sermoni. Per lungo tempo questa situazione fu tollerata perché considerata non minacciosa dalla chiesa di Roma. La repressione giunse però anche qui e dopo assedi drammatici ed estenuanti anche queste fortezze, ritenute per secoli inespugnabili, caddero nelle mani dei crociati e gli eretici furono bruciati vivi. L’ultimo ad arrendersi fu il castello di Quéribus, che assomiglia a una protuberanza della roccia sopra il pittoresco villaggio di Cucugnan, con una vista incredibile sulla pianura sottostante fino al Mediterraneo e ai Pirenei.
Una giornata è sufficiente per visitarli tutti, salvo Puilaurens, che rimane un po’ fuori mano rispetto al nostro itinerario. La strada scorre suggestiva in una regione agreste tra colline, vigneti, piccoli passi e gole profonde. In questa zona selvaggia e montagnosa, le rovine dei castelli si scorgono all’ultimo momento qua e là, in cima a speroni rocciosi. A Peyrepertuse non sapendo che lassù si annida una fortezza – architettonicamente la più interessante – da lontano non la si nota, tanto bene è mimetizzata nella natura, che sembra appartenerle. Solitamente si compie l’ultimo tratto a piedi prima di raggiungere le rovine dei manieri, che lasciano bene immaginare come si potesse svolgere la vita all’interno della cinta muraria.
Le cinque fortezze, che subirono varie trasformazione nel corso dei secoli, ebbero un importante valore strategico di protezione della frontiera francese con l’Aragona, fino al 1659 quando il trattato dei Pirenei attribuì il Roussillon alla Francia.
Luoghi di pace e di silenzio
L’armonia architettonica, la serenità, il silenzio, gli splendidi e solitari paesaggi che contraddistinguono i monasteri del Languedoc-Roussillon, mal si conciliano con le violenze commesse dai crociati cattolici contro i catari. Eppure alcuni di questi monasteri costituirono delle vere roccaforti della chiesa di Roma contro i catari. È il caso della sobria ed elegante abbazia cistercense di Fontfroide. Si annida nella ridente gola di un vallone, che ricorda la dolcezza della Toscana. Nel 1203 Papa Innocenzo III diede a due monaci di questo monastero l’incarico di combattere l’eresia catara che dilagava nei dintorni. Fu proprio l’assassinio di uno di loro a fornire nel 1209 il pretesto per scatenare la crociata contro i catari e gli albigesi.
Nella cittadina di Lagrasse, un’altra importante abbazia, poco distante dai castelli dove si rifugiarono i predicatori catari, ricorda la potenza della chiesa di Roma nella zona.
A sud dei castelli di Quéribus e di Peyrepertuse una strettissima strada di montagna, che corre a ridosso delle rocce, attraversa le profonde e impressionanti Gole di Galamus. A metà del tragitto, arroccato sulla roccia sotto la strada sorge un suggestivo eremo, che si può raggiungere in pochi minuti a piedi.
Proseguendo verso sud in direzione dei Pirenei, appollaiato su una collina dove il mondo sembra finire, sorge il priorato di Serrabone, una delle meraviglie dell’arte romanica nella regione.
Dirigendosi verso sud ovest, in una cornice magnifica e selvaggia, si può salire a piedi verso l'abbazia Saint-Martin-du-Canigou: un altro gioiello del romanico, essenziale, austero, quasi lugubre all’interno della chiesa. Un altro luogo da finis terrae: la solitudine e la maestosità del paesaggio spiegano di per sé il motivo per cui dei monaci siano venuti fin quassù a ricercare la serenità.
La Collioure di Matisse e Derain
Il nostro itinerario volge al termine e ci dirigiamo di nuovo verso il mare, dove raggiungiamo la Côte Vermeille, che deve il suo nome al colore rosso-rosato che assume al tramonto. Inoltrandosi nella campagna ai piedi dei Pirenei tra vigneti e coltivazioni di mandorli e fichi si può salire verso un’emozionante Haute Corniche. Larga poco più di un’automobile, la strada costeggia il mare, evidenziandone tutta la gamma dei blu, e offre indimenticabili vedute sulla costa scogliosa e sui suoi villaggi. Quando si scende e si percorre la litoranea quelle borgate che si affacciano sul mare perdono lo charme che avevano osservati dall’alto, salvo Collioure.
Questa affascinante cittadina si affaccia su due porticcioli separati dal castello del XIII secolo e offre un piacevole lungomare che porta a una seicentesca chiesina fortificata, da dove si dipartono viuzze dai balconi fioriti e pittoresche scalinate sulle quali si annidano i caffè all’aperto. «Nessun cielo di Francia è più bello di quello di Collioure. Mi basta aprire le imposte della mia stanza per avere davanti a me tutti i colori del Mediterraneo». Così scriveva Henri Matisse (1869-1954) nell’estate del 1905 al collega pittore André Derain (1880-1954) per convincerlo «che un soggiorno qui è assolutamente necessario per il suo lavoro». Derain lo raggiunse e quell’estate i due colleghi lavorarono fianco a fianco davanti al mare di Collioure: il colore deflagrava violento dalle loro tele per dare vita al fauvisme, un movimento senza regole e senza divieti, ribelle e anarchico, rivoluzionario, che contrapponeva la verità dell’emozione alla consueta verità della visione. La violenza di quella luce del sud cancellava la profondità, appiattiva i volumi, sopprimeva le ombre e, soprattutto esaltava i colori facendoli esplodere sulla tela «come cartucce di dinamite».
La Pézenas di Molière
Passeggiando per le vie lunghe e strette di Pézenas si incontrano dimore signorili e residenze seicentesche adorne di eleganti balconi in ferro battuto ed elaborati portali che riportano indietro nel tempo. La cittadina ha mantenuto la sua struttura antica. Place Gambetta non è probabilmente cambiata molto rispetto al Seicento, quando il grande commediografo francese Jean-Baptiste Poquelin detto Molière (1622-1673) si sedeva nella bottega del barbiere Gély per ascoltare le chiacchiere dei clienti e trarne ispirazione per le sue pièces, che proponevano una critica feroce alla morale dell’epoca, mettendo in luce gli aspetti comici della vita mondana del tempo. Attento osservatore della realtà, Molière può essere considerato un precursore del teatro moderno. Nel palazzo Peyrat viene proposto uno spettacolo con filmati tridimensionali che percorre le tappe principali della vita del grande commediografo, partendo dall’infanzia quando il nonno materno gli trasmise la passione per il teatro, passando per i momenti difficili della sua carriera, per giungere al trionfo dell’attore-autore, grande conoscitore dei gusti del pubblico e apprezzato dal sovrano Luigi XIV.
Per saperne di più
- Linguadoca-Rossiglione, La Guida Verde Michelin, Milano 2009
- Pyrénées Toulouse Gers, Le Guide Vert, Boulogne 2016
- Francia Meridionale, Lonely Planet, Torino 2017
- Languedoc-Roussillon, Lonely Planet, Torino 2009
- Francia del Sud, Touring Club Italiano, Milano 2003