Egitto, Giordania e Israele

Sulle orme di Mosè

L’itinerario dell’Esodo biblico attraverso Egitto, Giordania e Israele. Partiamo da Il Cairo e attraversato il Nilo raggiungiamo il deserto del Sinai, saliamo sul monte all’alba e visitiamo il monastero di Santa Caterina. Dopo una sosta nella leggendaria Petra, saliamo sul Monte Nebo dove il Signore mostrò a Mosè la Terra Promessa, ultima meta del nostro itinerario.
Giò Rezzonico
01.02.2008 12:00

Itinerario

(febbraio 2008)

  • 1° giorno Ticino – Il Cairo
  • 2° giorno Monastero di San Paolo eremita, annidato tra le montagne del Mar Rosso e Monastero di Sant'Antonio,  situato ai piedi del Galala Plateau Meridionale
  • 3° giorno Trasferimento attraversando la penisola del Sinai sino ai piedi del Monte Horeb. Scalata del Sinai.
  • 4° giorno Visita al Monastero di Santa Caterina. Partenza per Taba, imbarco sul battello privato per Aqaba e attraversamento del Mar Rosso. Escursione in fuoristrada nel Wadi Rum, il leggendario deserto di Lawrence d'Arabia. Proseguimento per Petra.
  • 5° giorno Visita di Petra. Partenza per Amman, con sosta a Madaba e al Monte Nebo.
  • 6° giorno Partenza per Betania, luogo del battesimo e proseguimento per Betlemme. Visita alla Basilica della Natività ed al Campo dei Pastori. Rientro a Gerusalemme.
  • 7° giorno Visita di Gerusalemme.
  • 8° giorno Gerusalemme - Tel Aviv - Ticino

 

Durata del viaggio: 8 giorni

Operatore turistico: Parrocchia Sacro Cuore, Bellinzona (Padre Callisto Caldelari)

  

  

 

 

«Il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, […] ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese dove scorre latte e miele» (dalla Bibbia Dt 26,8-9). Il viaggio dell’Esodo dall’Egitto alla Terra Promessa, cioè la Palestina, è il tema di questo itinerario, che parte da Il Cairo in Egitto, attraversa il Golfo di Suez, costeggia la penisola del Sinai e prosegue nel deserto giordano per giungere a Gerusalemme nella Terra Promessa. Un itinerario che ci porta a contatto con le tre religioni monoteistiche: cristianesimo, islamismo ed ebraismo, che riconoscono l’Antico Testamento come testo sacro comune a tutte e tre. Eppure i cristiani sono perseguitati nei paesi islamici fondamentalisti e tra musulmani ed ebrei è guerra.

«Il Signore – spiega padre Callisto Caldelari, purtroppo scomparso nel 2014, ma nostra guida durante il viaggio e autore del libro sull’Esodo (vedi «Per saperne di più») – libera Israele dalla schiavitù e gli offre la libertà, purché Israele accetti di vivere fedele alla sua Parola. I dieci comandamenti e le numerose prescrizioni che costituiscono il Codice dell’alleanza, hanno lo scopo di aiutare Israele (inteso non in senso moderno, ma come popolo di Mosé ndr.) a diventare davvero ciò che è: un popolo eletto dal Signore e dedito ai di lui interessi». I cristiani credono infatti in un Dio che si è rivelato nella storia mostrando il suo volto concreto e il progetto che ha sugli uomini compiendo gesti precisi e significativi. Il libro della Bibbia dedicato all’Esodo, comunque, come fa notare il teologo Enzo Raimondi in un suo saggio sull’argomento (vedi «Per saperne di più»), «più che un’opera storica è un’opera teologica. I riferimenti storici, infatti, sono imprecisi, ma non per questo mancano indizi per affermare la storicità e, in alcuni casi, il carattere insolito degli eventi che stanno a fondamento dell’Esodo».  Si tratta di «un viaggio lungo e complesso – come fa notare Romeo Maggioni nella sua guida (vedi «Per saperne di più») – ma affascinante e ricchissimo, che penetra in successive profondità orizzonti diversi: l’orizzonte geografico, quello storico, quindi quello religioso che ci è offerto dalla Bibbia. L’Esodo è soprattutto un luogo – il Sinai; una storia – legata alla figura di Mosè e alla sua epoca; un libro – l’Esodo appunto, secondo libro della Bibbia». L’Esodo ha anche un protagonista: Mosè. La sua vicenda è ben sintetizzata da padre Callisto nel suo studio sull’Esodo.

 

La storia di Mosé

 «Mosè nasce e viene esposto sulle sponde del Nilo in un cesto di vimini. Sappiamo che poi viene educato alla corte del faraone, ma a un certo momento, dopo un primo tentativo fallito di liberare il suo popolo, deve fuggire a Madian (nella regione del Sinai ndr.). Si sposa con Zippora acquistando un sacerdote pagano, Ietro, come suocero. Mentre pascola i suoi greggi, su un monte deserto, gode di una teofania (apparizione o manifestazione della divinità ndr.); Dio si manifesta nel roveto ardente e lo chiama stabilendo così la sua vocazione. Mosè cerca di rifiutare questa chiamata, ma poi l’accetta e, accompagnato dal fratello Aronne, si porta davanti al faraone egiziano per chiedere la liberazione del suo popolo. Questi la nega, perciò Dio fa piombare sull’Egitto dieci terribili piaghe. Solo durante l’ultima piaga il faraone cede. Perciò Mosè può ordinare al suo popolo di celebrare la festa della Pasqua di liberazione. Poi lo stesso popolo deve uscire dall’Egitto, pellegrinare nel deserto, raggiungere il monte Sinai, dove – sempre tramite Mosè – si allea con Jahvè. Tutta quella carovana di schiavi fuggiaschi riparte dal Sinai e soggiorna per parecchi anni nell’oasi di Cades, arriva infine nel paese di Moab, a est del Giordano. Ivi Mosè muore sul Monte Nebo dopo aver visto la Terra Promessa senza aver potuto appoggiarvi il piede». 

 

Il nostro itinerario dal Sinai al Monte Nebo

Il nostro itinerario si snoderà lungo questi luoghi. Alcuni sono chiaramente identificabili attraverso la Bibbia, altri no. Ma lo scenario nel quale avvenne l’Esodo è certamente quello del deserto del Sinai e del deserto giordano fino al Monte Nebo. Per descrivere il nostro viaggio ricorrerò, quando possibile, alla Bibbia. Al termine del reportage di viaggio padre Callisto spiega come va interpretato oggi questo testo millenario.

Per la verità anche il nostro viaggio inizia con una sorta di Esodo. Partiti da Milano perdiamo la coincidenza con Il Cairo a Francoforte e dobbiamo attendere per dodici ore in aeroporto il prossimo volo. Le nostre guide sono padre Callisto e don Carlo Bazzi, un fine biblista che insegna alla Pontificia Università Urbaniana del Vaticano. Purtroppo entrambi sono nel frattempo deceduti: padre Callisto nell’agosto del 2014, don Bazzi due anni dopo. Alle singole tappe ci assistono guide locali. Sfiniti raggiungiamo il giorno seguente alle 5 del mattino Il Cairo, punto di partenza del nostro itinerario. Quattro ore di sonno e poi via per la strada del deserto. La prima giornata inizia subito con una deviazione dal cammino dell’Esodo, alla scoperta di due splendidi monasteri situati nella zona desertica tra il Nilo e il Golfo di Suez. Distano circa un’ora di strada uno dall’altro. Entrambi sono immersi in un paesaggio spettacolare e sono costruiti con la pietra del deserto, così che sembrano mimetizzarsi in quel mare di sabbia. Il villaggio più vicino dista decine di chilometri. L’architettura è essenziale. Per difendersi nel corso dei secoli dalle scorribande delle tribù nomadi appaiono al visitatore come cittadelle protette da mura alte e profonde. Gli affreschi, dagli splendidi colori, all’interno delle rispettive chiese sono antichissimi (tra il VII e il XIII secolo). 

Il monastero di Sant’Antonio Abate è il più antico d’Egitto.  Fu fondato attorno al III secolo ai piedi delle montagne dove Antonio – non quello a noi noto, ma un Antonio egiziano – si ritirò in solitudine e visse da asceta fino alla memorabile età di 105 anni. 

Di impianto molto simile il monastero di San Paolo Eremita, situato in una depressione rocciosa e costruito nel VI secolo in memoria dell’asceta Paolo: secondo San Gerolamo si nutriva soltanto di un tozzo di pane che gli veniva portato ogni giorno da un corvo. Anch’egli visse fino a tarda età, 113 anni, in questo luogo suggestivo di alta spiritualità.

 

Il deserto del Sinai

Trascorsa la notte in una località balneare, Ain Sukhna, sul lato ovest del Golfo di Suez, la mattina di buon’ora partiamo per raggiungere la penisola del Sinai, percorrendo la galleria costruita recentemente a Suez sotto il canale. Scendiamo lungo la strada sul lato est del Golfo di Suez. Una via aperta dall’uomo moderno sotto il mare, laddove Mosè secondo l’Antico Testamento aprì il cammino al suo popolo dividendo le acque. Sulla nostra destra numerose navi solcano il mare azzurro del golfo per immettersi nel Mediterraneo attraverso il famoso canale costruito nell’Ottocento, sulla sinistra il deserto giunge fino a lambire il mare e fa risaltare gli splendidi colori dei fondali marini. La costa è punteggiata da numerosi insediamenti balneari. Lasciato il golfo la strada si inoltra in canaloni sempre più stretti, con pareti rocciose d’ogni colore, dal bianco del calcare, al nero del manganese, al rosso del porfido; paesaggi davvero incantevoli, con montagne sempre più ardite, che si innalzano verso un cielo dall’azzurro cupo e limpido. Giungiamo all’oasi di Feiran, dove la valle si restringe per lasciare il posto a un sontuoso palmeto. È considerata l’oasi più grande e più bella di tutto il Sinai. Le pareti rocciose rosse sono coronate in cima da antichi castelli diroccati, ricordo di una stagione di vita più intensa dentro queste valli. Attraversando scenari sempre più spettacolari si giunge nella piccola valle che custodisce nel suo cuore il piccolo ma straordinario monastero di Santa Caterina, situato ai piedi della montagna sacra: il Sinai.

 

Santa Caterina e il Monte Sinai

Nel fondovalle sorge un’oasi con un fitto palmeto. Al centro il monastero protetto da una robusta cinta muraria, tutt’attorno le montagne rossastre, che si infiammano al momento dell’alba e del tramonto. Sopra tutte domina il Monte Sinai. Il luogo è particolarmente suggestivo sia per la straordinarietà del paesaggio, sia per l’elevato valore simbolico legato alla narrazione biblica. 

Mosè arrivò in questa valle una prima volta da solo mentre fuggiva dall’Egitto dopo avere ucciso una guardia del faraone che maltrattava il suo popolo. Fu qui, secondo la tradizione biblica, che il Signore gli si rivelò per la prima volta al roveto ardente («il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava»): «Ora dunque – rivelò il Signore a Mosè, secondo la Bibbia – il grido degli israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l’oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora và! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti» (es 3,1-10). Mosè parte con la sua sposa Zippora e suo figlio per ritornare anni più tardi nel deserto del Sinai seguito dal suo popolo liberato dalla schiavitù. Il popolo si accamperà ai piedi del monte, mentre Mosè salirà sulla montagna e scenderà «con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall’altra» (es 32, 15-16), che sancivano l’alleanza tra Dio e il popolo di Israele. 

Tutta la forza di questa tradizione religiosa, che ha permeato la nostra storia, si fa percepire in questi luoghi. Sul Monte Sinai si può salire lungo un comodo sentiero con 800 metri di dislivello (si parte da quota 1500 per arrivare a 2300 metri) camminando circa 3 ore, ma è possibile anche salire in groppa a un dromedario. L’ultimo tratto, che si può percorrere solo a piedi, è costituito da 700 scalini piuttosto ripidi. Esiste anche un altro tragitto, il più antico, che parte dietro al monastero di Santa Caterina, costituito da oltre 4 mila gradini. È sconsigliato perché particolarmente faticoso. Giunti in vetta, la vista sulle montagne e sull’arida valle è strepitosa. All’alba e al tramonto il paesaggio assume tutte le sfumature dal rosa al rosso. Per giungere sulla cima all’alba bisogna percorrere una parte del tragitto di notte. Anche chi si tratterrà fino al tramonto dovrà affrontare una parte del sentiero di ritorno al buio. Per questo prima di partire è importante dotarsi di una torcia elettrica, perché la notte, sebbene sia un incanto con il suo manto stellato tipico delle zone desertiche lontane dall’inquinamento luminoso, è particolarmente scura.

Il mattino (attenzione solo il mattino!) si può visitare il monastero di Santa Caterina. La prima cappella risale al 330 d.C., sul luogo dove si trovava il roveto ardente. Fu costruita da Elena, madre dell’imperatore Costantino, impressionata dalla sacralità di questi luoghi. Nel 530 Giustiniano ordinò la costruzione di una basilica più grande e fortificata. Chi pensasse di trovare in questo luogo sacro ma sperduto un povero monastero si sbaglia. Ci troviamo infatti in un vero e proprio museo, che custodisce una delle più importanti collezioni al mondo di icone e una biblioteca che per numero e preziosità dei volumi è seconda solo a quella del Vaticano. Vi sono custodite oltre 2 mila icone e 3 mila manoscritti. Ma il luogo più significativo per i religiosi rimane la Cappella del Roveto Ardente, sopra la quale è stato piantato un roveto, proprio nel luogo in cui secondo la Bibbia il Signore si rivelò a Mosè.

 

In cammino verso la Terra Promessa

«Il Signore parlò a Mosè: Su, esci di qui tu e il tuo popolo che hai fatto uscire dal paese d’Egitto, verso la terra che ho promesso» (Es 33, 1-3.7-11). Ripartiamo anche noi verso est scendendo dapprima stretti canaloni e poi vallate più ampie attraverso paesaggi incantati di bianca sabbia, di roccia traforata, di picchi fantasiosi che muovono il deserto in un fantasmagorico scenario di strani castelli e labirinti. Da qui l’itinerario dell’antico Israele si perde nel deserto. Il popolo errante è salito fino ad Aqaba (attualmente in Giordania) per poi scendere nello spettacolare deserto del Wadi Rum, luogo del favoloso Lawrence d'Arabia e delle riprese del suo film. Il nostro itinerario, per ragioni turistiche, prevede invece una piacevole gita in battello sul golfo per giungere ad Aqaba in Giordania. Proseguiamo in torpedone verso il deserto del Wadi Rum, che meriterebbe più tempo di quanto abbiamo, per percorrere le piste carovaniere di quel luogo magico a bordo di un fuoristrada, come propongono alcune agenzie sul posto.

Un altro appuntamento importante ci attende: la leggendaria Petra, la città scavata nella roccia. La carovana di Mosè sembra passò da questi luoghi, ma non poté entrare a Petra. A testimoniare il passaggio del popolo errante, all’imbocco del villaggio, una sorgente è intitolata a Mosè e su un’alta montagna si trova la tomba bianca di Aronne, suo fratello. 

«La bellezza di Petra è indescrivibile sia con le parole, sia con le immagini. Per apprezzarla bisogna andarci». Così la nostra guida giordana ci ha presentato questo luogo unico al mondo, che coniuga in modo straordinario l’opera magistrale dell’uomo con quella potente e imperiosa della natura. È anche chiamata la «città rosa» per gli eccezionali giochi policromi delle venature delle sue rocce, dentro le quali sono scavati incredibili tesori. L’itinerario a piedi inizia attraversando una stretta gola – in certi punti non supera i 2 metri – delimitata da due pareti di arenaria che salgono fino a cento metri. All’improvviso lo scenario si apre sull’al-Khazneh, il monumento più importante e più riprodotto della città, che apre la strada a centinaia di tombe, templi, abitazioni, acquedotti, cisterne, luoghi di culto, un teatro e una via colonnata. Tutti edifici costruiti tra il primo secolo avanti Cristo e il secondo dopo Cristo.

Dalla regione di Petra Mosè e il suo popolo risalgono la Giordania percorrendo vallate amplissime che sprofondano dall’altipiano giordano fino al Mar Morto, cioè fino alla Terra Promessa. In questo fertile altipiano, molto coltivato e verde, passava la Via dei Re, cammino internazionale di commercio che giungeva da Damasco. 

In questo altipiano facciamo una breve sosta a Madaba, per ammirare nella chiesa bizantina di San Giorgio l’interessante mosaico del VI secolo, che riproduce la Terra Santa. Si tratta di uno straordinario documento che permette di ricostruire la via dell’Esodo, su una mappa quasi dell’epoca.

Al tramonto ci attende il Monte Nebo. «Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima di Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutto il paese… Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l’ho fatto vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai. Mosè servo del Signore morì in quel luogo» (Dt34, 1-12). La vista dal Monte Nebo sulla Terra Promessa, se la giornata è limpida, è straordinaria e spazia dal Mar Morto, a Gerusalemme, a Gerico e a tutta la valle del Giordano. 

A condurre il popolo ebraico nella Terra Promessa sarà Giosuè. «Il popolo passò il Giordano di fronte a Gerico, dove si fermarono le acque che fluivano dall’alto» (Gs 3, 14-17).

Qui si conclude l’Esodo, «il libro – come fa notare padre Callisto – che annuncia la buona novella della liberazione compiuta da Dio per mezzo di Mosè». E qui nascerà Gesù, la cui vita sarà narrata nel Vangelo, «il testo che annuncia la stessa buona novella di liberazione, ma più completa, più definitiva, realizzata sempre da Dio, per mezzo di Gesù Cristo». Qui si conclude anche la nostra cronaca di viaggio, sebbene l’itinerario vero e proprio sia proseguito nella Terra Promessa con la visita del Giordano, di Betlemme e di Gerusalemme (si veda itinerario «Seguendo le orme di Gesù Cristo»). 

 

 

APPENDICE 

 

Una chiave di lettura per capire la Bibbia

di padre Callisto Calderari

Se noi apriamo la Bibbia nel libro dell’Esodo troviamo un susseguirsi di miracoli addirittura strani, per cui il lettore non addentro nei generi letterari biblici arrischia di dire: «Ma cosa sono queste storie? Qui si inventa di sana pianta un intervento di Dio che potrebbe essere supplito dall’azione dell’uomo? È possibile che Mosè ed il popolo Ebreo abbiano avuto un’ingenuità tale da credere che il loro Dio, liberatore Jahwé, li avesse portati fuori dall’Egitto attraverso una serie infinita di miracoli.» A chi avesse questa preoccupazione direi immediatamente: attenzione a leggere la Bibbia come un libro di storia, va letta come un messaggio, una buona novella. La preoccupazione degli scrittori biblici non era quella di segnare dei percorsi miracolistici, ma quella di lanciare dei messaggi. Ed il messaggio del libro dell’Esodo sta nella stessa parola Esodo, che significa passaggio, uscita. 

Per significare che questa liberazione non è avvenuta soltanto per le forze umane degli israeliti, non è avvenuta soltanto attraverso il carisma di Mosé, ma c’è stato un intervento del loro Dio Jahwé: ecco che l’autore attribuisce a lui una quantità di gesti stupendi che per un Dio potrebbero addirittura sembrare dei giochetti, ma per noi uomini moderni questi gesti vanno interpretati. Prendiamo, per esempio, uno dei primi di questi gesti, il passaggio del Mar Rosso, con le acque che si dividono come due grandi muraglie quando passa il popolo di Israele e che si riversano sopra i soldati egiziani quando questi, sfruttando quel guado, cercano di raggiungere gli israeliti per farli ritornare alla schiavitù. Non si tratta di un prodigio. Gli Ebrei partirono da un luogo preciso presso le città di Rams e di Piton, passarono il mare dei Giunchi, una specie di terra paludosa e siccome erano persone leggere e non avevano carriaggi pesanti, complice anche la bassa marea, poterono transitare quel tratto di mare con una certa facilità. Gli Egiziani inseguitori, complice questa volta l’alta marea, arrivarono con carri pesanti e soldati agguerritissimi, e sprofondarono in quelle paludi. Quindi Dio ha assistito indirettamente il suo popolo suggerendogli di partire liberato da tante cose che non erano necessarie per la traversata di quel mare. Anche la manna può essere interpretata come fenomeno naturale. La Bibbia ci dice che il popolo aveva fame e che Dio fece piovere dal cielo una specie di farina ben pressata che dava un pane ben saporito. Non spendo che nome dare a questo pane lo chiamarono «Manù» che vuol dire «Che cos’ è». Il fenomeno naturale è il seguente: nel deserto crescono dei cespugli, su questi cespugli nascono della bacche che, raccolte e tritate formano una farina dolciastra. Impastata, dà delle pagnottelle di pane: questa sarebbe la manna «misteriosa».

Prendiamo l’acqua miracolosa che sgorga dalla roccia. La Bibbia dice che il popolo avendo sete si rivoltò contro Mosè ed Aronne dicendo: «Perché ci avete portato in questo luogo a soffrire la sete mentre in Egitto avevamo acqua in abbondanza?». Allora Dio comandò a Mosè di prendere il suo bastone da condottiero, di percuotere una roccia precisa e da lì scaturì dell’acqua. Ancor oggi i beduini sanno che sotto certe rocce vi è dell’acqua corrente, ma essendo quell’acqua molto calcarea si forma facilmente uno strato di calcare sopra la stessa. Chi conosce quelle rocce, va, piccona lo strato di calcare e trova dell’acqua. Parecchi altri, cosìddetti miracoli, sono descritti nella bibbia. Il primo fra tutti è il roveto ardente, dentro il quale Dio parlò a Mosé. Evidentemente un roveto c’era, ma non era un cespuglio infuocato, era il cuore di Mosé, che avendo lasciato l’Egitto perché inseguito dalla polizia del Faraone in quanto accusato di aver ucciso un Egiziano si trovò nel deserto del Sinai. Vagabondo e pentito, sentiva nel suo cuore e nelle sue orecchie le urla dei compatrioti schiavi. Dentro lo stesso cuore, infiammato di fede in un Dio liberatore, ma anche di compassione per il proprio popolo e, di ira per il dio faraone, decise con molta titubanza, e con parecchia paura, di tornare a risvegliare il popolo  e a liberarlo da quella schiavitù. Domandò aiuto a Jahwé  e promettendogli che, se fosse stato aiutato e gli fosse riuscita quella operazione liberatrice, avrebbe portato il suo popolo sulla montagna del Sinai, luogo simbolico della presenza di Dio. Lì avrebbe stretto con quell’unico Dio trascendentale e personale un’alleanza suggellata attraverso dieci leggi, che sono i Comandamenti. Nella Bibbia vengono ripetuti ben due volte e costituiscono l’inizio del Codice dell’Alleanza. Quindi niente fatti strani, nessun miracolismo inutile, ma fatti naturali che provano la spiegazione nella fede di un popolo sicuro.

 

 

Per saperne di più

  • Egitto, La Guida Verde, Michelin, Milano 2002
  • Giordania, Guide del Mondo, Touring Club Italiano, Milano 2001
  • Callisto Caldelari, La Bibbia del dì di festa, Pensieri familiari su Esodo, Levitico e Numeri, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2005
  • Antonio Nepi, Esodo, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2002
  • Enzo Raimondi, Esodo, EDB, Bologna 2001
  • Romeo Maggioni, Sui sentieri dell’Esodo, Milano 2000

 

 

 

 

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