Francia / Normandia

Sulle tracce di Claude Monet

Un itinerario nel nord della Francia, guidati da Marco Goldin, uno dei maggiori esperti dell’Impressionismo, alla scoperta dei luoghi più spettacolari (Deauville, Honfleur, Fécamp, Rouen e molti altri) dove il padre di questo movimento ha posato il cavalletto «en plein air» per dipingere i suoi capolavori. A Giverny nell’incantevole giardino della casa di Monet. A Parigi nei musei che ospitano i suoi capolavori.
Giò Rezzonico
01.05.2016 12:00

Itinerario

(Maggio 2016)

  • 1° giorno Milano – Parigi – Saint-Gatien-des-Bois
  • 2° giorno Saint-Gatien-des-Bois – Trouville-sur-Mer – Deauville – Honfleur – Le Havre – Dieppe
  • 3° giorno Dieppe – Pourville-sur-Mer – Varengeville-sur-Mer – Fécamp – Étretat – Rouen
  • 4° giorno Rouen – Giverny
  • 5° giorno Giverny – Rolleboise – Parigi
  • 6° giorno Parigi – Milano

 

Durata del viaggio: 6 giorni

Operatore turistico: Linea d’Ombra srl

 

  

 

 

Le ampie spiagge di Deauville e Trouville-sur-Mer su cui si affacciano antichi edifici ben restaurati, risalenti agli albori del turismo; la pittoresca Honfleur situata sull’estuario della Senna, con le antiche viuzze strette fra le case a graticcio; la movimentata Le Havre; le splendide falesie della «Côte d'Albâtre» a Dieppe, Pourville-sur-Mer, Fécamp ed Étretat; l’antica Rouen, città piena di fascino e ricca di storia con la sua imponente cattedrale di Notre-Dame e per finire l’incantevole giardino di Giverny creato da Monet: sono le tappe principali del nostro viaggio in Normandia. L’itinerario si conclude a Parigi visitando i numerosi musei che raccontano il percorso del padre dell’Impressionismo.

Il fil rouge del viaggio per amanti dell’arte è costituito dall’opera di Claude Monet, per il quale questi luoghi, assieme alle rive della Senna attorno a Parigi, hanno rappresentato i soggetti della sua creazione artistica. La nostra guida d’eccezione, Marco Goldin, che tante mostre ha dedicato all’Impressionismo nei suoi oltre vent’anni di attività, ci illustra gli interessanti legami tra questi paesaggi e l’opera dell’artista, che li ha dipinti in momenti diversi: dapprima con maggiore attenzione al reale, poi sempre più interiorizzati con il passare del tempo fino a diventare delle rappresentazioni dell’anima. Un percorso interiore che durante il viaggio si ha l’occasione di verificare visitando i musei di Le Havre, di Rouen e soprattutto di Parigi, ricchi di opere di Monet. Dopo aver conosciuto questi luoghi, dove i paesaggi sono rimasti praticamente intatti, si prova un’emozione diversa di fronte ai capolavori dell’artista.

 

Come superare la frustrazione per la propria ignoranza

Amo la pittura. Ma come mi accade per diverse altre passioni, oltre che fonte di piacere lo è anche di grande frustrazione, perché vorrei sapere di più, capire meglio. Una meta irraggiungibile se non puoi – perché lavori – oppure non vuoi – perché hai tante altre curiosità – occuparti esclusivamente di questo nella vita. Da giovane, quando studiavo, avevo un amico sacerdote (don Aldo Lanini, che fu anche direttore del Collegio Papio di Ascona), che mi veniva a trovare dove gli studi mi portavano – a Firenze, Heidelberg, Amburgo, Londra, Ginevra, Basilea. Assieme visitavamo musei o opere d’arte. Erano rare occasioni in cui riuscivo a superare la mia frustrazione d’ignoranza, perché don Lanini sapeva guardare con occhi diversi dai miei ciò che mi stava di fronte e soprattutto mi aiutava a contestualizzare l’opera d’arte. Un brutto incidente stradale – condividevamo anche l’amore per le automobili – lo ha immobilizzato durante gli ultimi anni della sua vita, ma lui continuava a viaggiare nel mondo dell’arte attraverso i libri: a quei tempi non c’era ancora internet. Intanto io avevo perso la mia guida, mai banale. 

Ho rivissuto un’esperienza simile, partecipando a due viaggi culturali di gruppo: uno sulle orme di van Gogh (si veda l'itinerario «Sulle tracce di van Gogh») e l’altro sulle tracce di Monet. La guida era di assoluta eccezione: Marco Goldin, uno dei più noti organizzatori di mostre al mondo. Negli ultimi venti anni, le sue esposizioni hanno accolto milioni di persone e portato spesso splendidi capolavori in Italia. Seguo con grande interesse la sua attività, perché le sue proposte mi ridanno la sensazione di riuscire a capire, di andare oltre… Così, quando mia moglie, molto più attenta di me, ha visto che Goldin in occasione dei suoi vent’anni di attività organizzava due viaggi d’autore non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione e ci siamo immediatamente iscritti. Si è trattato di un’esperienza indimenticabile. E per me in modo particolare, perché mi è sembrato di ritrovare il mio amico don Aldo. A dire il vero, prima di partire temevo che l’impegno della nostra guida d’eccezione si sarebbe limitato a qualche conferenza. E invece no. Abbiamo viaggiato per due settimane assieme commentando e interpretando le opere d’arte, i luoghi che hanno ispirato van Gogh e Monet, i gusti dei collezionisti che per primi hanno creduto in loro, le origini lontane della loro arte, il contesto dentro il quale operavano. Abbiamo seguito l’evoluzione di questi due autori determinanti per la storia dell’arte confrontando e collocando le opere all’interno del loro percorso artistico. Si è trattato di un’esperienza davvero unica. 

 

Trouville e Honfleur

La prima tappa del nostro itinerario sono le spiagge di Trouville e di Deauville, che proprio ai tempi in cui le ritraeva Monet, nella seconda metà dell’Ottocento, conoscevano un forte sviluppo turistico, grazie soprattutto alla nascita di una fitta rete ferroviaria in tutta la Francia. Il pittore descrive «la vita sulla spiaggia, con le sue luci e il suo vento costante, ma anche la sequenza di hotel e ristoranti, ognuno con la sua passerella di legno, dipinta di verde o rosso» che dava accesso al mare (da «Verso Monet» di Marco Goldin, edizioni Linea d’ombra, Trieste 2013). Ma Trouville è anche il luogo in cui dipingeva Eugène Boudin, il primo maestro di Monet, che di lui scrive ne «La mia vita»: «E Boudin, con inesauribile bontà, intraprese la mia educazione. Finalmente i miei occhi si aprirono e capii la natura. Al tempo stesso imparai ad amarla». 

La tappa successiva del nostro viaggio è proprio la città natale di Boudin, alla cui opera è dedicato un interessante museo. Honfleur è un borgo incantevole con il suo romantico porticciolo (Vieux-Bassin) e la chiesa di Santa Caterina, raro esemplare in Europa di edificio religioso costruito completamente in legno. In questi luoghi Monet ha mosso i suoi primi passi come pittore ritraendo il porto, la chiesa e la campagna in cui si trovava la Ferme Saint-Simeon (oggi albergo di lusso), punto d’incontro di diversi artisti, tra cui gli stessi Boudin e Monet, ma anche di Pissarro e del pittore olandese Johan Jongkind, di cui Monet scrisse: «È a lui che devo l’educazione definitiva del mio occhio». 

L’opera di Boudin è ben rappresentata, assieme ad alcuni interessanti lavori di Monet, anche al Musée d'art moderne André Malraux di Le Havre. In questa dinamica città industriale, che ospita uno degli scali portuali più importanti d’Europa, Monet si trasferì da Parigi all’età di 5 anni e vi trascorse infanzia e adolescenza. Destinato a seguire l’attività commerciale della famiglia si ribellò per dedicarsi alla pittura. Si fece notare sin da ragazzo per il suo talento di ritrattista, che lo rese noto in città e gli procurò qualche piccola entrata.

 

A Dieppe e sulla «Côte d'Alabâtre»

In autostrada raggiungiamo Dieppe per poi ripercorrere la «Côte d’Alabâtre» di nuovo in direzione di Le Havre. A Pourville-sur-Mer, dove Monet compose diversi capolavori, scopriamo un luogo magico ben descritto da Goldin (op. cit.): «Scogliere a picco sul mare tempestoso, la mutevolezza della luce, i prati spazzati dal vento e dalla pioggia, la piccola casa dei doganieri e soprattutto quel mare vasto che si tende davanti a lui nei mille colori che dall’azzurro divergono e sfumano nelle molteplici ore del giorno». Dalla chiesetta romanica a picco sul mare, magistralmente rappresentata da Monet, scendiamo lungo un ripido sentiero che percorreva l’artista verso una spiaggetta dominata dalle falesie. Un luogo idilliaco dove il pittore piazzava il suo cavalletto in varie posizioni per rappresentare l’oceano e le falesie. 

Una sessantina di chilometri lungo la costa ci separano dalle nostre successive destinazioni: Fécamp e Étretat, altri luoghi magici della pittura di Monet, caratterizzati anch’essi dalla presenza di imponenti falesie, che ad Étretat  – romantico villaggio in riva al mare – si spezzano nell’oceano attraverso un ampio arco. Purtroppo la nebbia ci impedisce di godere della bellezza di questo paesaggio, che assume però connotazioni misteriose che inducono alla meditazione. Le condizioni meteorologiche in Normandia sono molto variabili e generano spesso condizioni di luce assai diverse da un momento all’altro. Luce che rappresenta un elemento fondamentale nella pittura di Monet e ha «il compito – scrive Goldin (op. cit.) – di rivelare quanto di nascosto è nella natura. Di renderlo evidente al di là del mistero». I colori erano invece per gli impressionisti «gli attributi della luce».  Mentre «la natura acquisisce centralità, diventa l’immagine a cui riferirsi… Il paesaggio impressionista nasce (infatti) dall’unione di natura e cultura, dalla sovrapposizione di natura e vita moderna». A questo proposito Monet afferma: «No, non sono un grande pittore. Grande poeta nemmeno. Io so solamente che faccio quanto è nelle mie possibilità per rendere ciò che provo davanti alla natura».

 

Le cattedrali di Rouen

Lasciamo la costa percorrendo la valle della Senna fino a Rouen. Ci inoltriamo nelle viuzze tortuose scoprendo splendide case a graticcio, visitiamo il ricchissimo Musée des Beaux-Arts  con una vasta sezione dedicata all’Impressionismo (ma c’è anche uno splendido Caravaggio) e ci fermiamo incantati davanti alla sontuosa cattedrale gotica, una delle principali di Francia. Come non ricordare le cattedrali di Monet, dipinte proprio in questa piazza da varie posizioni, che «restano in tutta la sua opera – osserva Goldin – un punto fondamentale di passaggio», perché l’autore «fa di una pietra toccata dal sole o dalla notte, dalla rugiada del mattino o dalla nebbia della sera, un’esperienza non più della verità delle cose ma della verità interiore… Le pareti di roccia della chiesa sono un’anticipazione sontuosa di quanto avverrà di lì a pochissimo con le ninfee».

 

La casa dell’artista e il suo giardino a Giverny

Ed eccoci allora a Giverny, la residenza tanto amata da Monet, dove visse fino alla sua morte nel 1926. La acquistò nel 1883, quando era ormai diventato un artista ricco e di successo e l’ampliò nel corso degli anni, creando anche uno stagno per ospitare le celebri ninfee. Il giardino fu progettato da lui stesso e pensato non come tale, ma come soggetto della sua pittura. I piani di realizzazione erano talmente precisi, con indicati i tipi di fiori per ogni stagione e zona del parco, che ancora oggi viene coltivato così come lo aveva pensato l’artista. Visitarlo è un vero spettacolo per chi ama i fiori e la natura, al di là del suo forte significato artistico. 

«Monet – scrive ancora Goldin – ha bisogno di un luogo da guardare. In cui poter guardare la bellezza. E dopo aver tanto a lungo, durante gli anni, modificato i luoghi del suo guardare, ha bisogno adesso di uno spazio che sia quello definitivo… A Giverny s’incontrano natura e invenzione della natura, la sua memoria rivolta al futuro… Monet ha voluto crearvi il luogo, cioè la somma della sua esperienza di tutti gli altri luoghi visitati e vissuti, tanto che la stessa pittura delle ninfee è la somma e l’esito finale, di tutti i raggiungimenti passati… Dai salici, ai glicini, alle ninfee, alle rose, tutto pulsa nell’ultimo Monet per giungere alla pura bellezza che ha abbandonato il racconto... «per entrare» nella profondità delle cose e arrivare a parlare della natura come essenza… Monet che era partito come erede di Corot, adesso si trovava nella condizione di essere l’anticipatore di Pollock».

 

Monet a Parigi

Tutto quanto abbiamo visto, tutti gli stimoli raccolti durante il viaggio, possono trovare un riscontro a Parigi visitando i numerosi musei dedicati all’Impressionismo, tanto osteggiato dalla cultura ufficiale di fine Ottocento. Al Musée d'Orsay si possono ammirare non solo le opere di questa scuola, ma anche quelle dei predecessori (la scuola di Barbizon) da cui è nato il rinnovamento della pittura ottocentesca. Al Musée Marmottan Monet sono invece raccolti quadri della donazione del figlio Michel realizzati da Monet soprattutto durante gli ultimi anni di attività. Alcuni sono rimasti a uno stadio iniziale e molti sono incompiuti. Al Musée de l'Orangerie, oltre a una vasta collezione sull’Impressionismo, in due enormi sale ovoidali sono esposti 100 metri di dipinto dell’altezza di 1 metro e 97 dedicato alle ninfee e donato da Monet allo Stato francese nel 1918, al termine della prima guerra mondiale, come simbolo di pace. La disposizione delle pitture è stata decisa dall’artista, che ha dedicato molti anni di lavoro a quest’opera d’arte unica al mondo. E per terminare non si manchi una visita al Musée Rodin, l’autore che ha rappresentato per la scultura dell’Ottocento ciò che ha significato Monet per la pittura. Molte delle opere esposte nei musei citati sono state presentate da Goldin nelle sue esposizioni dedicate a questo straordinario periodo artistico. 

 

   

Per saperne di più

  • Marco Goldin, Verso Monet, Linea d’Ombra 2013
  • Normandia, La Guida Verde Michelin, Milano 2008
  • Parigi, La Guida Verde Michelin, Milano 2013
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