Germania

L’est e la Lega anseatica

A Dresda, la Firenze della Germania, distrutta, come la maggior parte delle città tedesche, nel corso della Seconda guerra mondiale. La visita di Sanssouci, la Versailles prussiana. Verso il Mar Baltico con i suoi bianchissimi villaggi risalenti alla Belle Époque. La ricchezza mercantile di Lubecca, regina della Lega anseatica, si è espressa al meglio nell’architettura. Nella cosmopolita e innovativa Amburgo, la seconda metropoli del paese che ha saputo più volte reinventarsi nel corso della storia. Il viaggio si conclude a Colonia con la visita di una delle cattedrali più celebri al mondo.
Giò Rezzonico
01.06.2014 12:00

Itinerario

(giugno/luglio 2014)

  • 1° giorno Ticino – Dresda (830 km)
  • 2° giorno Dresda
  • 3° giorno Dresda
  • 4° giorno Dresda – Potsdam (200 km)
  • 5° giorno Potsdam – Putbus – Binz (350 km)
  • 6° giorno Binz – Kap Arkona – Sassnitz – Stralsund – Bad Doberan – Wismar – Benz (300 km)
  • 7° giorno Wismar – Schwerin – Lubecca (100 km)
  • 8° giorno Lubecca – Travemünde – Amburgo (100 km)
  • 9° giorno Amburgo
  • 10° giorno Amburgo
  • 11° giorno Amburgo – Colonia (425 km)
  • 12° giorno Colonia – Ticino (750 km)

 

Durata del viaggio: 12 giorni

Operatore turistico: Organizzato in proprio 

  

  

 

 

Nella tragica estate del ’68 mi trovavo nella Germania Occidentale per seguire dei corsi di lingua tedesca all’università di Heidelberg, quando il mondo fu scosso per l’invasione di Praga da parte delle truppe del Patto di Varsavia (Unione Sovietica, Bulgaria, Ungheria, Polonia e Germania dell’Est), che ponevano fine al sogno di Alexander Dubček di creare un «socialismo dal volto umano». Proprio in quel periodo avevo programmato di recarmi a Berlino in auto. Visto quanto succedeva in Cecoslovacchia ero un po’ reticente ad attraversare la Germania dell’Est per raggiungere Berlino, allora divisa dal muro che separava la zona occidentale da quella orientale. Il mio amore per la scoperta mi indusse però a partire. Per raggiungere l’attuale capitale tedesca da occidente esistevano tre corridoi di accesso attraverso i territori dell’est. Ho scelto quello più a sud. Giunto alla frontiera tra le due Germanie, per entrare all’est si valicava un stretta porta tra due massicci blocchi di cemento armato e si accedeva a un altro mondo. Alla dogana veniva rilasciato un lasciapassare con indicato l’orario di entrata e quello entro cui si sarebbe dovuto lasciare il paese. Dato questo clima intimidatorio la Germania dell’Est non era ovviamente una meta turistica. Dopo la caduta dell’ «impero sovietico» e la riunificazione delle due Germanie (1990) mi ero sempre ripromesso di visitare l’ex DDR, cioè quella parte del paese che per quasi mezzo secolo aveva vissuto sotto un regime comunista. Ecco la ragione di questo mio viaggio, che poi si estenderà anche verso Lubecca e Amburgo, che sono sempre appartenute alla sfera occidentale. Ho tralasciato Berlino, che richiede un appuntamento a sé.

Se il fil rouge della prima parte di questo itinerario è quindi costituito dalla scoperta dell’ex Germania dell’Est, la seconda parte ha invece come riferimento la Lega anseatica, cioè l’unione commerciale dei mercanti tedeschi all’estero, che dalla seconda metà del XIII secolo fino alla fine del XV si assicurò il monopolio quasi esclusivo dei traffici fra le opposte sponde del Mare del Nord e il Baltico.

 

 

NELLA EX GERMANIA DELL’EST

Per raggiungere Dresda dal Ticino sono necessarie tra le 8 e le 9 ore di automobile, su autostrade trafficate, ma dove chi ama guidare lo può fare libero dalle «frustrazioni» dovute ai limiti di velocità. Il primo approccio a questa città, che era considerata la culla del barocco tedesco, evidenzia i gravissimi danni subiti dai bombardamenti degli Alleati durante la Seconda guerra mondiale. Lo stesso quadro lo troveremo nelle altre città che visiteremo nel corso del viaggio (cfr. Appendice 2 alla fine di questo articolo). A Dresda, tutto il centro storico fu raso al suolo e anche il resto della città fu quasi completamente distrutto. A differenza di altri centri, che purtroppo andavano colpiti perché determinanti per il potere nazista, sulla necessità della distruzione della «Firenze dell’Elba» gli storici avanzano molti dubbi, tanto che Churchill, dopo il conflitto si distanziò da quell’operazione militare. 

 

Dresda, la Firenze della Germania

Dopo la riunificazione delle due Germanie, quindi nel corso dell’ultimo ventennio, molti monumenti sono stati restaurati o, meglio detto, ricostruiti. Dresda ha così in piccola parte riacquistato la bellezza settecentesca, ben celebrata nelle tele del Canaletto, con la Frauenkirche e la Semperoper, con il castello di Augusto II il Forte (1670-1733) e l’annessa Katholische Hofkirche, con lo splendido Zwinger, il palazzo eretto a gloria del principe che diede alla città il suo splendore barocco. Quell’Augusto il Forte, principe assolutista che si autonominò re Sole, affascinato dalle corti italiane e da Versailles, ossessionato dall’ostentare la sua grandezza, acquisì stravaganti collezioni di oreficeria e di gioielli, esposti per materiale (ambra, smeraldo, argento, eccetera) nella straordinaria Grünes Gewölbe. Il sovrano sassone collezionò anche eccezionali opere di grandi maestri antichi raccolte alla Gemäldegalerie Alte Meister, che non ha nulla da invidiare ai più rinomati musei del mondo. Un’altra perla è costituita dal Porzellansammlung, la più vasta collezione di porcellane al mondo con oggetti provenienti dal Giappone e dalla Cina, ma soprattutto dalla prima manifattura europea che ebbe la sua sede dapprima a Dresda e in seguito nella vicina cittadina di Meissen. 

 

Castello Sanssouci, Versailles prussiana

Il castello di Sanssouci, che significa in francese senza preoccupazioni, costituiva per il re di Prussia Federico il Grande (1712-1786) il rifugio da Berlino e dalla moglie Elisabetta Cristina, entrambe poco amate. Questo sovrano, sebbene nemico del principato di Sassonia, aveva in comune con Augusto il Forte l’amore per le arti e per la cultura francese. A Potsdam, in uno splendido scenario a una cinquantina di chilometri da Berlino, immerso in un parco di 300 ettari, costruì alcuni edifici, tra cui spicca la sua austera residenza barocca a un piano, affacciata su giardini a terrazza che digradano verso il parco. Essendo presentata dalle guide come «la più grande opera artistica di questo genere in Germania», mi aspettavo di trovare anche qui ostentazione di ricchezza e uno sfoggio di potenza attraverso l’architettura. E invece Sanssouci non è nulla di tutto ciò, ma la residenza intima di un sovrano potente per sfuggire alla vita di stato e dedicarsi alla cultura e all’arte ed incontrare ospiti con cui spesso sembra litigasse. Così come successe con il filosofo francese Voltaire, che dopo tre anni di permanenza a corte se ne andò denunciando i comportamenti dittatoriali di Federico e accusandolo di trattare «il mondo intero come uno schiavo». 

Le stanze preferite dal sovrano, veri capolavori del rococò prussiano, erano quella della musica, l’intima biblioteca, ricchissima di testi in lingua francese, dove nessuno all’infuori di lui aveva accesso, e quella dei marmi, dove si svolgevano le «tavole rotonde filosofiche». Per percorrere a piedi il vastissimo parco ed ammirare le altre residenze, alcune successive a Federico, bisogna calcolare un paio d’ore. La visita a Sanssouci, per evitare lunghe attese, è consigliabile prenotarla via internet.

 

A nord verso il Mar Baltico

Circa 200 chilometri separano Potsdam, la città dove gli Alleati si incontrarono dopo la Seconda guerra mondiale per decidere il futuro della Germania, dal Mar Baltico. Il nostro itinerario attraversa la bella regione dei laghi del Meclemburgo e punta direttamente a nord-est verso l'isola di Rügen, residenza di personaggi famosi come von Bismarck, Thomas Mann, Albert Einstein, ma anche del presidente della Germania Democratica Erich Honecker e di Hitler, il quale prima della guerra iniziò la costruzione, mai ultimata, di un villaggio di vacanze – «Kraft durch Freude», forza attraverso la gioia – per 20 mila persone. Nella più grande isola tedesca, entrata nell’immaginario collettivo nazionale grazie ai popolari dipinti di Caspar David Friedrich, le coste e le campagne si fondono. Se ci si immagina di trovare strade panoramiche costiere si rimane delusi, ma la vista sul mare dalle falesie di gesso («Stubbenkammer») rese famose dalle opere di Friedrich è davvero magnifica. Luogo ideale per vacanze attive – escursioni a piedi, in bicicletta, a cavallo o in barca – l’isola di Rügen offre chilometri di spiagge bianche e alcuni incantevoli villaggi, che corrispondono a pennello con la nostra idea di Mare del Nord. I villaggi di Binz e in particolare di Sellin propongono «Seebrücke», cioè lunghe passerelle rialzate in legno adagiate sull’acqua con costruzioni a padiglione delle Belle Époque. Le case che si affacciano lungo la passeggiata a mare di Binz sono caratteristiche della cosiddetta «Bäderarchitektur», un’architettura vacanziera di fine Ottocento-inizio Novecento, caratterizzata da graziose e bianchissime ville dell’alta società tedesca, provviste di romantiche verande in legno intagliato e in ferro battuto. Per completare il quadro sulle bianche spiagge di sabbia non possono mancare gli «Strandkörbe», sedili in vimini per ripararsi dal vento del nord mentre si ammira il mare di un azzurro intenso.

Ma prima di lasciare l'isola di Rügen vale ancora la pena di visitare Putbus, una cittadina termale neoclassica d’inizio Ottocento voluta dal principe dell’isola Guglielmo Malta I. Interessante anche la sontuosa residenza di caccia del nobile «Jagdschloss Granitz» da cui si gode un bellissimo panorama. Di Putbus, una sorta di follia pianificatoria in stile neoclassico, rimangono la bella piazza circolare (Circus) e il teatro, che sorgeva di fronte alla residenza principesca, distrutta negli anni Sessanta dal regime della Germania dell’Est in quanto considerata «un simbolo di repressione feudale».

 

Schwerin, la sontuosa Isola del castello

Il nostro itinerario prevede a questo punto la visita di altre due città che si affacciano sul Mar Baltico: Stralsund, da cui parte il ponte che collega l’isola di Rügen al continente, e Wismar, una seducente città costruita in mattoni rossi. Sebbene si trovino entrambe sul territorio dell’ex Germania dell’Est, ne parliamo nella seconda parte di questo articolo, quella dedicata alle città della famosa Lega anseatica, di cui Stralsund e Wismar erano importanti membri.

Concludiamo quindi il nostro percorso nell’ex Germania comunista con la visita di Schwerin, capitale di Meclemburgo e Pomerania Occidentale dopo la riunificazione. Situata in uno splendido paesaggio ricco di laghi e di foreste, questa simpatica cittadina amministrativa presenta nella bella «Marktplatz» dimore seicentesche a graticcio e a pignone e, poco distante, un bel duomo. Ma il suo gioiello è costituito dalla «Schlossinsel» (Isola del castello), che ospita la sontuosa residenza dei granduchi di Meclemburgo-Schwerin, in stile neorinascimentale con alcuni elementi gotici e barocchi. È stata costruita tra il 1845 e il 1857 dal granduca Paul Friedrich Franz II, dopo lo spostamento della corte da Ludwigslust a Schwerin nel 1837, rimodellando la sede dei propri antenati in stile rinascimentale danese e ispirandosi al castello francese di Chambord nella Loira. Con le sue torrette, cupole a lanterne e volte a bulbo questo edificio rappresenta uno dei monumenti civili più importanti dell’Ottocento tedesco. Sebbene questo castello soddisfi il nostro immaginario collettivo, ancora una volta, come abbiamo visto in precedenza, ci troviamo di fronte a un’ostentazione di ricchezza con eccessi decorativi ispirati alla «grandeur» delle corti francesi. 

 

 

LE CITTÀ DELLA LEGA ANSEATICA

La Lega anseatica era una potenza paneuropea la cui influenza spaziava dall’Inghilterra alla Russia, dalla Scandinavia alle Alpi tedesche. Gli Anseatici importavano dalla Russia (area Baltico) il legno necessario per l’edilizia e le costruzioni navali, le pellicce molto apprezzate dalle classi più elevate, e la cera, molto richiesta per le candele che illuminavano le chiese e i palazzi signorili. Dal sud della Svezia e da una parte della Danimarca giungevano invece le aringhe, uno dei commerci più redditizi dell’epoca. Dalla Norvegia, e in particolare dalle Isole Lofoten, si importava il merluzzo. Dall’Inghilterra la lana di pecora e lo stagno. Il mercato di Bruges, uno dei più importanti del nord Europa, assicurava invece le spezie e i metalli preziosi. Nel suo periodo di massima floridezza la Lega anseatica riuscì a stabilire stretti rapporti con oltre 160 città, coinvolte sia nel commercio marittimo che terrestre. In particolare Lubecca, Amburgo, Colonia, Stralsund e Danzica, tra il XIV il XV secolo, per l’attività dei loro commerci, per l’industria delle costruzioni navali e per la pesca godettero di una prosperità eccezionale. La città però più importante della Lega, di cui era anche sede, fu Lubecca grazie alla sua posizione geografica. Si trovava infatti sulla grande arteria commerciale Novgorod-Bruges, dove i mercanti provenienti dal Baltico orientale (Russia) dovevano lasciare la via del mare e raggiungere Amburgo via terra, evitando in tal modo la circumnavigazione dello Jutland, costosa e spesso pericolosa o addirittura impossibile. Partner fondamentale di Lubecca e della Lega era dunque Amburgo, che garantiva il collegamento tra il Baltico e il Mare del Nord.

Ecco dunque tracciato l’interesse storico delle tappe di questa seconda parte del nostro viaggio in Germania, che toccherà dapprima le cittadine di Stralsund e Wismar, in seguito Lubecca e Amburgo per terminare a Colonia.

 

Stralsund e Wismar, città anseatiche

Nel XIV secolo, durante la sua epoca d’oro, Stralsund era seconda solo a Lubecca, che per anni fu la sua grande rivale. I suoi monumenti principali, il Rathaus e la Nikolaikirche in mattoni gotici anseatici, sono ispirati a quelli della città leader della Lega. Alte Markt, cuore del centro storico, con il suo acciottolato e le case trecentesche ricorda il passato di una delle città più acclamate della Lega medievale. Passeggiare per le vie del centro di Stralsund, Patrimonio dell’Unesco, è un vero piacere. Non si può lasciare la città prima di aver visitato l’Ozeaneum, una moderna costruzione che ricorda un’onda e ospita un acquario d’avanguardia, dove si viene trasportati nel mondo sottomarino di creature che vivono nel Mar Baltico, nei Mari del Nord e nell’Oceano Atlantico fino ad arrivare a latitudini polari. In una vasca immensa si possono ammirare migliaia di aringhe, prelibata preda dei pescatori nordici di tutti i tempi.

Meno nota ma ancor più affascinante per le sue atmosfere nordiche è Wismar, pure essa città anseatica Patrimonio dell’Unesco. La città vecchia, raccolta attorno alla vastissima Marktplatz, con le sue dimore recentemente restaurate, permette al visitatore di immaginare l’antico fasto di questa simpatica cittadina, che per 150 anni nel ‘600 e ‘700 visse sotto dominazione svedese. A testimonianza di quel periodo in varie parti del centro si possono notare le colorate «teste svedesi» con i baffi a manubrio, i foulard sbarazzini e i copricapo a testa di leone posati su fluenti riccioli.

 

Lubecca, regina della Lega anseatica

È stata una delle città europee più ricche e potenti tra il XIII e XV secolo. Una ricchezza mercantile che si è espressa al meglio nell’architettura, Patrimonio dell’Unesco. La regina della Hansa (nome comune per la Lega) offre ancora oggi al visitatore oltre mille edifici storici, in buona parte risparmiati dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale per merito del presidente della Croce Rossa Carl Jacob Burckhardt, che per raggiungere il suo scopo ricorse allo stratagemma di nominarla porto d’ingresso per le merci destinate ai prigionieri delle forze alleate. La tipica architettura in mattoni rossi si sviluppò in questa città e si diffuse in tutto il nord Europa. E in mattoni rossi sono costruiti molti dei più significativi monumenti di Lubecca, ad iniziare dalla Holstentor, la porta fortificata simbolo della città e sede di un interessante museo didattico sulla storia cittadina. Altro orgoglio di Lubecca è il Rathaus, edificato in mattoni smaltati nella prima metà del XIII secolo per celebrare il riconoscimento di città libera del Sacro Romano Impero: condizione essenziale per il successo mercantile nei due secoli successivi. Presenta una tipica struttura in mattoni rossi anche Marienkirche, la chiesa più imponente costruita dai mercanti cittadini proprio dietro al Rathaus e sormontata da altissime torri (125 metri), che non a caso sovrastano quelle del Duomo, sede vescovile. Interessanti le visite dell’Heiligen-Geist-Hospital, il più antico ospedale della Germania risalente al 1260 con le camere per i malati ordinate in fila, di alcuni palazzi delle Gilde (come quello dell'antica sede della Corporazione dei Marinai in Breite Strasse), oppure ancora di molte residenze signorili come la Buddenbrookhaus in Mengstrasse 4, dove Thomas Mann, nel romanzo d’esordio con il quale vinse il premio Nobel, ambientò la storia della famiglia di mercanti in declino Buddenbrook. Ma a Lubecca sono affascinanti non solo le principali arterie con i grandi edifici, bensì anche le più popolari viuzze laterali con le tradizionali case in mattoni. Non si può lasciare la città prima di aver fatto una breve incursione al Café Niederegger, di fronte al Rathaus, per gustare il marzapane, dolce tipico cittadino.

 

Amburgo, la città dalle mille vite

Nei secoli XIV e XV, Amburgo costituiva un elemento fondamentale della Lega anseatica grazie al suo porto sul Mare del Nord, di cui i suoi alleati avevano bisogno per garantire il commercio da oriente a occidente, da Novgorod a Bruges. Quando alla fine del ‘400 iniziò la decadenza della Lega, la città sulle rive dell’Elba, che non si accontentò mai di questo semplice ruolo di porto di transito, invece di farsi travolgere dalla crisi colse l’occasione per emanciparsi e allacciare rapporti autonomi con i paesi dell’Europa del nord, che le permisero non solo di mantenere la sua ricchezza, ma anzi di aumentarla, reinventandosi senza sosta. Ed è proprio questa attitudine di adattamento ai mutamenti sociali che ha fatto la fortuna di Amburgo nel corso dei secoli. Una città che è rinata dopo il disastroso incendio del 1848, che distrusse un terzo dei suoi edifici, così come è risorta dopo i terribili bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Uno spirito vitale che si respira ancora oggi passeggiando per le vie di questa dinamica e cosmopolita metropoli, seconda per popolazione (circa 2 milioni di abitanti, di cui un quinto costituito da immigranti) solo a Berlino. Amburgo ha una densità territoriale di popolazione molto bassa rispetto alla media europea. Solo un terzo, infatti, della sua superficie urbana è edificata, il resto è costituito da parchi, fiumi, canali e laghi. Per questo è una città molto vivibile, rinomata per l’arte e i teatri, un radicato movimento culturale alternativo che convive con gente alla moda, e una vita notturna molto intensa, tanto da giustificare il soprannome di capitale del peccato.

Il centro cittadino, racchiuso fra il fiume Elba dove si trova il porto, i suoi canali su cui si affacciano gli antichi magazzini portuali e l’affascinante Alster con i suoi due bacini, è facilmente percorribile a piedi. Dall’immancabile gita in battello sul Binnenalster e l'Aussenalster, si ammirano le altissime torri (oltre 100 metri) dei monumenti più significativi: delle principali chiese (St. Jacobi Kirche, St. Petri Kirche, St. Michaelis Kirche e St. Nikolai Kirche) e del Rathaus, ricostruito nel 1897, sede di senato e parlamento regionali, cuore pulsante della città, fulcro della sua anima commerciale e quartiere dello shopping. Altro punto nevralgico della città è il porto, uno dei più importanti d’Europa, che confina con il quartiere a luci rosse di St. Pauli, con il suggestivo Speicherstadt, l’antica zona franca ricca di costruzioni in mattoni e tetti in rame e con il modernissimo HafenCity, dove si costruisce la città del futuro.

 

Colonia, Roma del Nord

Il nostro viaggio, dapprima attraverso l’ex DDR («Deutsche Demokratische Republik») e in seguito alla scoperta delle principali città che nel Medioevo diedero origine alla Lega anseatica, si sta ormai concludendo. Proponiamo un’ultima veloce tappa a Colonia per visitare una delle cattedrali più rinomate al mondo e per interrompere la lunga trasferta da Amburgo al Ticino. D’altra parte il collegamento tra Colonia e la Lega anseatica fu significativo, perché questa città, grazie alla sua posizione sulle rive del Reno e al centro di importanti vie di comunicazioni commerciali, aderì alla Lega.

Città di origine romana, molto aperta, nota per il suo dialetto e per la sua birra Kölsch, ma anche per l’Acqua di Colonia, presenta un centro storico molto animato con una moltitudine di chiese romaniche e case colorate lungo il fiume. Ma la ragione principale per visitare Colonia è la sua splendida cattedrale gotica, sede dell’autorità cattolica tedesca. Unico edificio risparmiato dai bombardamenti alleati nella Seconda guerra mondiale – il resto della città  venne raso al suolo – custodisce inestimabili tesori e opere d’arte: vetrate dei secoli XIII e XVI, il Reliquiario dei Re Magi offerto alla città da Federico Barbarossa nel XII secolo, la Croce di Gero, la più antica del mondo occidentale risalente al 970, diverse pale d’altare di fattura elevatissima e arredi sacri nella «Domschatzkammer». La costruzione, ispirata alle gigantesche cattedrali francesi, iniziò nel XII secolo. I lavori si protrassero stancamente fino al 1560 quando vennero interrotti per l’esaurimento dei fondi disponibili. Si dovettero attendere ben tre secoli, e cioè fino al 1880, per completare la costruzione. Una generosa donazione del re di Prussia Federico Guglielmo IV permise di costruire le due guglie che si elevano fino a 157 metri di altezza e costituiscono il simbolo di Colonia.

 

 

APPENDICE 1

  

Nella vita di due anziani la storia della Germania

La sera decidiamo di cenare in una birreria per gustare i piatti tipici regionali. Il locale è caratterizzato da lunghe tavolate dove ci si siede uno accanto all’altro, senza eccessiva privacy. Ci accomodiamo vicino a una coppia di anziani tedeschi e mi vien da pensare, mentre gusto uno stinco d’agnello, a tutti i cambiamenti politici e ai drammi provocati dalla guerra che devono aver vissuto quei due. Ma non oso rompere il ghiaccio. Sono loro a farlo quando ci sentono parlare italiano. È l’occasione per dare sfogo alla mia curiosità. Ci chiedono se amiamo la loro città e ci raccontano orgogliosi della ricostruzione e dei tempi d’oro del XVII e XVIII secolo. Io sono interessato a sapere come hanno vissuto la guerra, il nazismo, in seguito il comunismo, e infine il ritorno alla democrazia. Ulrich e sua moglie Hildegard hanno più di 80 anni. Durante la guerra avevano frequentato le scuole della Germania nazista. I padri di entrambi avevano perso la vita combattendo per Hitler. Il papà di Ulrich era un sostenitore del Führer, perché suo padre era stato un pezzo grosso dell’esercito prussiano durante la prima guerra mondiale. «Aveva vissuto come un’umiliazione – racconta Ulrich – le condizioni di pace imposte dai vincitori»: da qui le simpatie della sua famiglia per Hitler, «senza certo immaginare – aggiunge, quasi scusandosi – a quale catastrofe ci avrebbe portati». Dopo la Seconda guerra mondiale, il regime politico è radicalmente mutato e Ulrich ha proseguito gli studi, fino a conseguire il titolo di ingegnere nell’università gestita dai comunisti. «Mi sono concentrato sugli studi – osserva – cercando di rimanere il più lontano possibile dalla politica». Durante gli anni del regime ha continuato a lavorare ignorando le riunioni del partito a cui veniva regolarmente invitato. «Ma dopo la caduta del muro di Berlino e la riunificazione della Germania – commenta – mi sono sentito in obbligo di impegnarmi in politica». Oggi Ulrich e Hildegard sono degli ammiratori della signora Merkel perché sono convinti che sia riuscita a dare alla Germania quel prestigio e quel benessere che si merita.

 

 

APPENDICE 2

 

Il peso di una guerra atroce sulle grandi città tedesche

Una cartolina in vendita nelle edicole di Colonia ritrae il centro città nel 1945, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con il suo splendido duomo quasi intatto che troneggia su un deserto di macerie. Si tratta di un’immagine simbolo, valida per tutte le città tedesche, che mostra le terribili conseguenze della guerra e dei bombardamenti alleati. È il caro prezzo che il paese ha dovuto pagare per aver seguito Hitler nella sua follia militare. Ma erano davvero tutte necessarie queste distruzioni? È purtroppo questa una domanda che ci si può porre solo storicamente, ben consci che nell’ottica bellica i parametri di giudizio sono molto diversi da quelli della storia.

«Alla gente di Dresda: siamo stati costretti a bombardare la vostra città a causa del pesante traffico militare che i vostri impianti ferroviari hanno portato avanti. La distruzione di obiettivi diversi non è stata intenzionale». È questo il testo di un volantino lanciato sulla città dopo il bombardamento del febbraio 1945, quando furono sganciate su Dresda 3900 tonnellate di esplosivo che provocarono la morte di alcune decine di migliaia di persone: il numero delle vittime fu esagerato dapprima dalla propaganda nazista che parlò di 200 mila morti, e poi dai comunisti che ne stimarono 135 mila. Questo raid scatenò comunque il primo dissenso pubblico sulla politica dei bombardamenti. Churchill, che lo aveva approvato, se ne distanziò subito dopo lasciando la responsabilità dell’accaduto al maresciallo Arthur «Bomber» Harris, responsabile delle operazioni aeree. Gli storici dibattono ancora oggi sulla valutazione di questa operazione. Per molti si trattò di un crimine, perché ritengono che con l’Armata Rossa alle porte di Berlino la guerra era ormai decisa e Dresda fu una vittima inutile. Altri sostengono invece che il bombardamento era giustificato perché la città avrebbe potuto offrire rifugio alle truppe tedesche in fuga da est.

Molto diverso invece il discorso sull’Operazione Gomorra ad Amburgo, decisa dallo stesso maresciallo nel luglio del 1943. Questa città con il suo porto, allora il più importante d’Europa, costituiva infatti un punto nevralgico del Terzo Reich. La cosiddetta Feuersturm (tempesta di fuoco) durò una settimana, uccise decine di migliaia di civili e distrusse oltre la metà delle abitazioni, l’80 per cento della zona portuale e il 40 per cento di quella industriale. Nella cripta della chiesa di St. Nikolai ad Amburgo, gravemente danneggiata dai bombardamenti e mai ricostruita, una mostra molto toccante dedicata agli orrori della guerra mette a confronto tre eventi traumatici del secondo conflitto mondiale: da una parte l’Operazione Gomorra degli Alleati, dall’altra il bombardamento tedesco di Coventry nel 1940 e la distruzione di Varsavia perpetrate dalla Wehrmacht. L’esposizione inserisce i tre avvenimenti nel loro contesto storico rendendo evidenti le responsabilità politiche del Terzo Reich. Anche visitando il museo storico della città (Museum für Hamburgische Geschichte), che propone una mostra sulla storia degli ebrei ad Amburgo, non si ha mai l’impressione che la Germania odierna voglia glissare sul passato nazista non assumendosi le sue responsabilità storiche, anzi…!

 

 

Per saperne di più

  • Germania, La Guida Verde Michelin, Milano 2008
  • Germania, Rough Guides, Feltrinelli, Milano 2012
  • Germania, Lonely Planet, Torino 2013
  • Germania del Nord, Touring Club Italiano, Milano 2003

 

 

 

 

 

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