La destinazione

Monet in Normandia: l’impressionismo al top

Un viaggio nella regione francese che, con i suoi colori e la sua luce, è stata raccontata in alcune delle opere più celebri dell’artista
La terrazza a Sainte-Adresse (Jardin à Sainte-Adresse) è un dipinto del pittore francese Claude Monet, realizzato nel 1867 e conservato al Metropolitan Museum of Art di New York
Red. Online
21.11.2019 18:10

Non bisogna essere dei grandi appassionati d’arte per conoscere alcune delle sue opere più famose, come “La colazione sull’erba”, del 1866, o il ciclo pittorico delle Ninfee: Claude Monet è infatti uno di quegli artisti capace di marcare un vero e proprio cambio di prospettiva nel mondo della pittura e di dare vita ad alcuni quadri ormai entrati nell’immaginario collettivo.

Nato a Parigi nel 1840, è considerato uno dei più importanti – se non addirittura il più importante – esponente della rivoluzione impressionista. Senza dubbio fu l’artista che rimase più fedele ai principi di questo movimento. Ed ecco perché la sua vita è stata una continua ricerca dei luoghi in cui trovare quelle sfumature di colore che poi riproduceva nei suoi dipinti.

In questo percorso, in cui la vita personale si intreccia indissolubilmente alla ricerca artistica, un ruolo fondamentale ce l’ha la Normandia: è qui – e più precisamente a Giverny – che Monet si trasferisce nel 1883 e dove resta fino alla morte nel 1926. Non si tratta di una scelta casuale, anzi: il pittoresco villaggio aveva spesso attirato l’attenzione dell’artista nel viaggio in treno che da Saint-Lazare lo portava fino ad Argenteuil, attraversando le campagne francesi. Monet vi si stabilisce in un momento complicato e di grande irrequietezza: nel 1879 era mancata, a soli 32 anni, la moglie Camille, e nel 1883, con la morte di Edouard Manet, anche il movimento impressionista sembrava aver perso spinta e propulsione. Monet si trova quindi solo, ad allontanarsi dalla ricerca figurativa dei colleghi, e in grandi difficoltà economiche. Il trasferimento a Giverny coincide con una vera e propria rinascita. “La luce era unica: non si trova uguale in nessun’altra parte del mondo”, scrive lo stesso artista parlando del borgo della Normandia.

È proprio in questo periodo che prendono vita alcuni dei suoi dipinti più famosi: “Nevicata ad Argenteuil”, “Tramonto sulla Senna in inverno”, “Mare selvaggio” e, più tardi, le celebri serie dedicate ai pioppi e ai covoni. Nello stresso periodo, anche attraverso una serie di fortunate esposizioni, il pubblico si accorge della sua arte e della forza dirompente della rivoluzione dell’impressionismo. La vita di Monet cambia, anche dal punto di vista della disponibilità economica. E l’artista si lega ancora di più alla Normandia. Nel 1890 compra il casolare di Giverny e comincia a dare vita al sogno che coltiva da una vita: quello di creare un giardino attorno alla sua casa e dedicarsi, insieme alla pittura, anche al giardinaggio, una passione che l’accompagna fin dalla giovinezza. “Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore” dirà Monet; ed è impossibile non vedere in questo suo progetto un ulteriore passo avanti nella sua ricerca artistica sulle sfumature del colore. La sua casa di Giverny viene dipinta di rosa e di verde e nel grande giardino trovano posto fiori colorati come iris, papaveri, peonie, rose e tulipani; viene creato anche un piccolo stagno, sormontato da un ponte e circondato da piante ornamentali, sulla cui superficie galleggiano le ninfee tanto amate – e riprodotte in diverse opere – dal pittore francese. Un vero e proprio microcosmo, quindi, in grado di offrirgli una grande varietà di soggetti da dipingere.

Pur dovendo affrontare una serie di disgrazie famigliari negli anni a seguire, Giverny resta sempre per il pittore un luogo di pace e tranquillità: quando muore, nel 1926, al suo funerale partecipa tutta la comunità del villaggio, sigillando così lo stretto rapporto tra Monet e la Normandia. Un rapporto che si può approfondire anche attraverso la mostra “Monet e gli impressionisti in Normandia”, in programma fino al 16 febbraio 2020 a Palazzo Mazzetti ad Asti, in Piemonte.