Olanda

Sulle tracce di van Gogh

Un viaggio sulle orme di uno degli artisti più amati al mondo, guidati da Marco Goldin, storico dell’arte e curatore di grandi mostre. I capolavori del genio olandese al Van Gogh Museum di Amsterdam e al Kröller-Müller Museum, i gusti dei collezionisti che per primi hanno creduto in lui, le origini lontane della sua arte, il contesto dentro il quale operava, i luoghi che lo hanno ispirato. Con un’escursione nel Seicento olandese di Rembrandt e di Vermeer al Rijksmuseum di Amsterdam e al Mauritshuis dell’Aia. Per terminare, la variopinta festa del tulipano a Keukenhof..
Giò Rezzonico
01.04.2016 12:00

Itinerario

(aprile 2016)

  • 1° giorno Ticino – Amsterdam
  • 2° giorno Amsterdam: Rijksmuseum e Van Gogh Museum
  • 3° giorno Amsterdam – L’Aia: Mauritshuis Museum, Mesdag Museum, Museum Panorama Mesdag e visita alla spiaggia di Scheveningen
  • 4° giorno L’Aia – Otterlo: Kröller-Müller Museum, casa di caccia di St. Hubertus, gita in bicicletta nel Parco nazionale De Hoge Veluwe
  • 5° giorno Visita del parco botanico Keukenhof – Amsterdam – Ticino

 

 

Durata del viaggio: 5 giorni

Operatore turistico: Linea d’Ombra

  

  

 

 

«Il Panorama Mesdag è la più bella sensazione della mia vita. Ha un solo piccolo difetto che è la sua mancanza di difetti». Così si esprime Vincent van Gogh nel 1881 dopo aver visitato quell'opera d’arte con cui si apre il nostro itinerario sulle orme del grande maestro olandese. Un viaggio realizzato con una guida d’eccezione: Marco Goldin, uno dei maggiori conoscitori dell’opera di van Gogh, autore di numerosi saggi e di mostre di grande successo, dove ha esposto molti capolavori di Vincent ottenuti in prestito da musei di mezzo mondo. Condotti da Goldin abbiamo scoperto l’evoluzione di questo pittore determinante per la storia dell’arte e collocato le sue opere all’interno del suo breve ma intenso percorso artistico. In questa occasione unica, il nostro accompagnatore ha commentato e interpretato i capolavori del genio olandese, i gusti dei collezionisti che per primi hanno creduto in lui, le origini lontane della sua arte, il contesto dentro il quale operava, i luoghi che lo hanno ispirato. E tra questi luoghi figurano proprio le dune di Scheveningen rappresentate nel «Panorama Mesdag» e ritratte da van Gogh in un solo dipinto giovanile, oggi purtroppo scomparso in quanto rubato proprio al Van Gogh Museum. 

  

Il «Panorama Mesdag», opera «perfetta»

Il «Panorama Mesdag» è un’opera spettacolare ed eccezionale. Si tratta di un dipinto di forma circolare di 120 metri di circonferenza per 14 di altezza. Lo spettatore si trova al centro della «rotonda», a 14 metri di distanza dall’opera, e ha l’impressione di ammirare un panorama dall’alto di una duna. Infatti tra lui e il dipinto c’è una distesa di sabbia vera. A fine Ottocento, sia in Europa che negli Stati Uniti era diventata una moda montare capannoni dove si potevano ammirare panorami di questo genere. Per entrare si pagava il biglietto come per andare al cinema. Spesso all’interno si suonava musica dal vivo. Hendrik Willem Mesdag, ideatore e autore di questa originale opera d’arte, ha voluto rappresentare la vera anima di Scheveningen nel 1880, con le sue dune e l’antico villaggio di pescatori, per fermare il tempo, prima che il turismo snaturasse in parte quello splendido paesaggio.

 

Le origini di van Gogh al Museum Panorama Mesdag

Ma il «Panorama Mesdag» è interessante anche per un altro aspetto. A realizzare l’opera furono alcuni autori di quella scuola dell’Aia che hanno ispirato van Gogh quando all’età di 27 anni ha scoperto la sua vocazione per l’arte. A cominciare dallo stesso Mesdag, che oltre a essere artista fu anche un grande collezionista e cliente di una casa d’aste gestita da uno zio di van Gogh. E la tappa successiva del nostro viaggio è proprio la visita di questa collezione (Museum Panorama Mesdag), che il suo proprietario ha donato allo Stato nel 1903. Le opere esposte sono molto interessanti perché permettono di confrontare la scuola francese di Barbizon, cui appartenevano Millet, Daubigny, Corot, Rousseau e Courbet, con la scuola dell’Aia, di cui facevano parte lo stesso Mesdag, Jozef Israëls e Mauve, lo zio di van Gogh che lo incoraggiò ad avvicinarsi alla carriera artistica. Nei quadri naturalistici dai toni scuri e con profonda sensibilità sociale delle due scuole affondano le radici pittoriche di van Gogh. Ma il nostro autore – spiega Goldin – va oltre la rappresentazione della natura: la interpreta. Le immagini a cui si ispira sono le stesse di quelle dei suoi predecessori e in una prima fase anche i colori rimangono cupi, ma il suo approccio – prosegue la nostra guida  – è completamente diverso e assolutamente innovativo. «Non conosco altra via che quella di lottare con la natura – scriveva Vincent al fratello Theo – finché non mi riveli il suo segreto». In van Gogh, spiega Goldin, la natura e l’animo umano si compenetrano muovendosi reciprocamente l’una verso l’altro e viceversa, così che il respiro della natura diventa il respiro di colui che quella natura dipinge. E questo rende i paesaggi di van Gogh forse i più straordinari di tutta la storia della pittura. Nel 1882, osserva Goldin, Vincent scrive al fratello Theo di come i suoi colori si vadano sempre più schiarendo nell’osservazione della natura. Ma il culmine del suo incontro con la luce van Gogh lo raggiunge quando, dopo aver vissuto ad Anversa e Parigi, parte per il sud della Francia. «E quando vi sarà giunto non potrà che constatare come lì la luce abbia il suo senso e che da lì non si possa partire» (si veda anche «Nei paesaggi di van Gogh e Cézanne»).

 

Van Gogh Museum e Kröller-Müller Museum

Il tragitto artistico di van Gogh dura solo dieci intensissimi anni, dal 1880 al 1890, durante i quali dipinge oltre 900 opere, 200 delle quali, grazie a una donazione dei discendenti dell’artista, appartengono al Van Gogh Museum di Amsterdam, assieme a 580 disegni. 

Un’altra novantina di quadri e 200 disegni sono invece di proprietà del Kröller-Müller Museum, che si trova immerso nello splendido Parco nazionale De Hoge Veluwe, e sono frutto del lavoro di una ricca e sensibile collezionista privata. Helene Kröller-Müller è stata tra i primi a scoprire l’opera di van Gogh e nel 1935 ha ceduto i suoi dipinti allo Stato olandese. 

Sono queste le due tappe successive del nostro viaggio. In entrambi i musei Goldin sottolinea l’incredibile evoluzione pittorica di questo genio dell’arte, partendo dalle tele buie del periodo olandese – caratterizzate da capolavori come «I mangiatori di patate» o «I tessitori al telaio» (alcune versioni si trovano in entrambe i musei) – per giungere alle opere più note come «La casa gialla» o la sua camera da letto di Arles, il «Ramo di mandorlo in fiore» dipinto per la nascita del figlio di Theo, un’incredibile serie di autoritratti, gli indimenticabili campi di grano con i corvi minacciosi nel cielo (uno dei suoi ultimi quadri) al Van Gogh Museum di Amsterdam, oppure «I Girasoli», «Il caffè di notte», «Gli ulivi», «Il postino Joseph Roulin», il «Seminatore al tramonto» al Kröller-Müller Museum. 

Nel parco di questo museo si può inoltre visitare uno dei giardini delle sculture più ampi d’Europa con oltre 150 opere di artisti contemporanei mentre a una ventina di minuti in bicicletta si può ammirare il Padiglione di caccia St. Hubertus, costruito tra il 1914 e il 1920 dall’architetto olandese Hendrik Petrus Berlage sulle rive di un lago artificiale.

 

«Vorrei realizzare un opera che vada al cuore della gente»

«Van Gogh – scrive Marco Goldin - è il più personale di tutti i pittori, colui che inventa una lingua nuova che è della mano e del cuore insieme, che tocca i confini inesplorati della vastità». Vincent è oggi forse il pittore universalmente più amato proprio perché sa parlare direttamente ai nostri sentimenti. A rendere difficile la sua breve vita, terminata in tragedia, fu la sua estrema sensibilità, che sfociò in malattia. Della sua vocazione artistica prese coscienza solo all’età di 27 anni; da quel momento si dedicò anima e corpo alla pittura senza avere seguito nessuna scuola. Durante tutta la sua vita visse con l’angoscia di non riuscire a realizzare quella grande opera che era nei suoi sogni. «È una prospettiva triste – scrisse all’amatissimo fratello Theo nell’agosto 1888, due anni prima di suicidarsi– quella di sapere che forse la pittura che faccio non avrà mai nessun valore». La lettura dei suoi scritti, oltre che a permettere un migliore approccio alla sua pittura, rappresenta anche una pagina straordinaria di letteratura. In un’ultima lettera (mai spedita) a Theo scrive: «… attraverso di me, hai partecipato alla produzione stessa di alcuni quadri che, pur nel totale fallimento, possiedono una loro serenità. Perché siamo a questo punto, e questo è tutto, o per lo meno la cosa principale, che posso dirti in un momento di relativa crisi». Nel catalogo alla mostra «Van Gogh e il viaggio di Gauguin» (Trieste 2012), Goldin spiega che «Van Gogh sopravvive fin quando a restare in vita è il sogno della pittura», ma quando questo sogno «di un’arte essenziale, totalmente rinnovata nella forza e nella pregnanza del colore» si spezza, «il peso diventa insopportabile». Nell’agosto 1888 scriveva ancora a Theo: «Il mondo non mi interessa molto se non fosse che ho un debito nei suoi confronti, e anche l’obbligo – perché ci ho camminato sopra per trent’anni – di lasciargli in segno di gratitudine, qualche ricordo sotto forma di disegni o di quadri, che non sono fatti per piacere a una o all’altra tendenza, ma per esprimere un sentimento umano sincero». E ancora: «… non conosco altra via che quella di lottare con la natura finché essa non mi riveli il suo segreto». Aveva il presentimento che la sua vita sarebbe stata breve. Per questo già nel 1883 annotava: «… devo realizzare in pochi anni un’opera piena di cuore e di amore», una pittura «che vada al cuore della gente». Un messaggio che ha raggiunto i nostri cuori senza che lui l’abbia mai saputo.

 

La «Golden Age» olandese al Rijksmuseum

Il secondo obiettivo del nostro viaggio in Olanda era la scoperta di molte tra le opere più significative del Seicento olandese, la «Golden Age». «Già nei primi anni del XVII secolo – scrive E. H. Kossmann in «Storia del Mondo Moderno, volume IV», Cambridge 1982 – (l’Olanda) si stava abituando al suo status di paese indipendente e sovrano; diveniva in tutto e per tutto una nazione». La Compagnia delle Indie Orientali, che si può considerare la prima multinazionale della storia, fu «l’arma commerciale e militare con la quale gli Olandesi avrebbero distrutto il centenario impero portoghese in Asia» per diventare la principale potenza commerciale marittima d’Europa, retta da una borghesia e subordinata ai suoi interessi. «Nella storia – commenta ancora Kossmann – non c’è forse altro esempio di una civiltà, originalissima e completa, sorta in così breve tempo e in un territorio così angusto». Questa epoca d’oro durò fino alla fine del XVII secolo, quando «gli influssi stranieri fecero perdere alla repubblica olandese i suoi caratteri profondamente originali e la resero più uniforme al resto d’Europa». D’altra parte, «allo stesso tempo gli altri paesi cominciarono a imitare i suoi moduli di pensiero e di comportamento», tanto che «l’illuminismo poté fondarsi su molte conquiste olandesi. E non è forse anche vero – conclude Kossmann – che anche la struttura sociale di altri paesi cominciò a evolversi nella stessa direzione»? 

Parallelamente, nella storia dell’arte, fa notare Marco Goldin, il Seicento olandese fu un momento unico e irripetibile. Mai prima di allora, né dopo, si verificò una tale concentrazione di pittori: non tutti grandi, ma con una qualità media molto elevata. È in Olanda che in quegli anni iniziò il collezionismo legato alla borghesia nascente. Fino ad allora i committenti delle opere erano i nobili o gli alti prelati. Ora l’arte veniva proposta sul libero mercato e venduta nelle gallerie o direttamente negli studi dei pittori. Ma questo comportò naturalmente un cambiamento dei soggetti e persino dei formati dei quadri. Vennero individuati temi che potessero piacere agli acquirenti. Si trattava insomma di un mondo in profondo mutamento in cui l’arte non veniva più considerata un bene di lusso. Nacquero molti generi pittorici: i ritratti, le nature morte, i paesaggi, le marine, le architetture, eccetera. Ma si assistette anche a un grande salto qualitativo. I ritratti non furono più celebrativi, ma diventarono introspettivi e cercarono di interpretare la psicologia del personaggio. Nei paesaggi il tema della realtà balzò in primissimo piano e due secoli più tardi Monet e gli impressionisti guardarono a queste opere per trovare la loro ispirazione.

Per scoprire questi straordinari capolavori del Seicento olandese abbiamo visitato il Rijksmuseum di Amsterdam e il Mauritshuis all’Aia. Con la guida di Goldin abbiamo constatato come ogni movimento artistico esprima dei geni, che ne hanno determinato l’evoluzione, ma anche come tra le varie opere di questi grandi maestri esistano capolavori  fondamentali sia per lo sviluppo artistico del singolo artista, sia per un’intera epoca. E non sempre si tratta delle opere più famose. 

Hanno lasciato una traccia indelebile dentro di noi alcuni quadri di Rembrandt, soprattutto ritratti e autoritratti, e i capolavori di Vermeer, questo autore di cui si conoscono solo una trentina di opere, di cui abbiamo visto sei capolavori. La visita di questi due musei, per tutto quanto propongono, rimane un momento davvero indimenticabile del viaggio.

 

L’Esposizione Floreale Nazionale del Keukenhof

Abbiamo fin qui parlato di artisti eccezionali, ma a pochi chilometri da Amsterdam abbiamo incontrato forse il più straordinario di tutti: la natura. Anche in questo caso, però, con un’intermediazione umana, perché sono 500 i produttori che da una settantina di anni ogni primavera creano uno degli spettacoli più unici al mondo per chi ama i fiori: l’Esposizione Floreale Nazionale del Keukenhof (si veda anche «Un approccio all’arte, alla storia, ma anche al paesaggio»). Si tratta di un’esperienza indescrivibile, che si tiene da fine marzo a metà maggio, ma che raggiunge il suo culmine nella seconda metà di aprile. 7 milioni di bulbi, 800 specie di tulipani, 32 ettari fioriti sono i numeri di questa kermesse. Per la visita occorre almeno mezza giornata. Si può passeggiare tra le aiuole del parco e visitare i tre padiglioni nei quali si tengono straordinarie mostre temporanee floreali. Quando l'abbiamo visitato noi il padiglione principale Willem-Alexander proponeva migliaia di tulipani sistemati in aiuole per creare un mosaico variopinto di macchie di colore. All’Oranje Nassau erano invece esposte migliaia di rose ordinate secondo le tinte. Il Beatrix era dedicato al mondo delle orchidee, mentre al padiglione Juliana si racconta la storia del tulipano, che giunse in Olanda nel Cinquecento importato dalla Turchia. Nel Seicento si assistette a una vera tulipanomania: i prezzi dei bulbi raggiunsero infatti il valore di una casa. Ma ancora oggi per l’Olanda questo mercato ricopre un’importanza particolare: il 62 per cento dei bulbi presenti nel mondo proviene infatti da questo paese.

 

 

Per saperne di più

  • Marco Goldin, van Gogh e il viaggio di Gauguin, Linea d’Ombra 2012
  • Marco Goldin, van Gogh – L’autobiografia mai scritta, Linea d’Ombra 2020
  • Olanda, Guida Michelin verde
  • Olanda, Touring Club Italiano
  • Olanda, Lonely Planet
  • Olanda, Istituto geografico De Agostini, Baedeker
  • Amsterdam, Le Guide Mondadori
  • Amsterdam, Clup Guide
  • La storia dell’arte raccontatat da Ernst H. Gombrich, Leonardo Arte, Milano 1998
  • Lettere a Theo di Vincent van Gogh, Guanda Editore
  • Benelux 2005, Guida Michelin rossa

 

In questo articolo: