«Bellinzona è più triste senza Rabadan»
Niente Rabadan. Nemmeno nella sua versione «light» che era stata ipotizzata per evitare di cancellare definitivamente quel che sarebbe potuta essere l’edizione numero 159 della festa di carnevale più grande e importante della Svizzera italiana. Cortei, carri, musica e «tendine» fino a notte fonda..., la città si sarebbe potuta animare per una settimana, come sempre, con migliaia di persone nelle strade. Il carnevale del Rabadan di Bellinzona è una lunga, lunghissima tradizione popolare... interrotta a causa della pandemia. Per due volte di fila. Bellinzona, insomma, questa volta si mette in riga, senza fiatare. Già all’ultima edizione, quella del 2020, il virus bussava alle porte. La situazione, all’epoca, sembrava sotto controllo. Anche se, il 21 febbraio, nel padovano si registrava il primo morto per COVID-19. All’avvio della grande manifestazione ticinese, tra il 21 e il 22 febbraio, si contavano 100 mila persone. Il giorno successivo, in Italia, si annunciava la chiusura in Lombardia di scuole, uffici, atenei, cinema. Il 23 si svolgeva il corteo di carnevale a Bellinzona: 28 mila persone. Il 24 febbraio toccava a quello dedicato ai bambini. Ma, tra il 24 e il 25, si registrava già il primo caso di coronavirus in Svizzera, alla clinica Moncucco. Da lì in avanti l’esplosione di infezioni, chiusure, semiconfinamenti e morti. Tanti morti (il primo in una casa anziani, il 10 marzo 2020). Ecco perché nella capitale ticinese l’atmosfera è decisamente sottotono. «Bellinzona è triste senza Rabadan. Non ci sono le condizioni per divertirsi». Si potrebbe riassumere così il pensiero dei bellinzonesi che hanno voluto confidare come hanno vissuto la decisione del comitato promotore di far saltare anche l’edizione 2022 (guarda il video allegato quest’articolo).
Bellinzona città triste, quindi. «Sì, era sempre pieno, quando c’era il Rabadan - conferma Noah, studente in cammino nei dintorni di Piazza del Sole, indicando Viale della Stazione - . A causa della situazione attuale non ci può più essere. La mancanza del carnevale si farà sentire. E la città, in quel periodo, quella settimana, sarà più triste». Roberta, invece, è in attesa per un incontro organizzato dall’associazione nella quale è attiva. «Anni fa ero in un gruppo che si organizzava con una “tendina” alla manifestazione, ho visto parecchie edizioni. Però, onestamente, questi non sono due anni qualsiasi. Sono due anni particolari e mi permetto di pensare che ci siano cose più gravi che non fare il carnevale. Mi sembra un po’ una forzatura. Non riesco a immaginare di partecipare a una kermesse così gioiosa in modo “non spensierato”. E il non farlo in modo “spensierato” equivale a non farlo».
Anche a Nathan il Rabadan piace. Giovane, capelli spigliati e sorridente sotto la barba corta, cerca di immaginare una situazione nella quale sia possibile mettere in piedi l’edizione 2022: «Chissà, magari, rispettando tutte le misure, sarebbe stato possibile. Introducendo qualche limitazione. Attenendosi alle varie regole». Ma una cosa è certa: «Senza il carnevale, la città perde il suo splendore. È un po’ più triste».
Qualche metro dietro di lui c’è Monica, che vive proprio in centro a Bellinzona. «È stata una decisione saggia. Mi dispiace tantissimo, però le condizioni non lo permettono. Come si fa a fare un carnevale in sicurezza? Impossibile. A malincuore, è meglio aspettare tempi migliori». Il silenzio governerà il suo quartiere anche nel febbraio 2022: «Quando c’era il Rabadan sembrava di vivere in una tendina! A me piaceva questa effervescenza», esclama. Monica è una delle tante persone che vive la manifestazione come un rito: «Sì, lo aspettiamo. Prepariamo i costumi, anche con mia figlia. Io stessa, quando ero bambina, sentivo che si stava avvicinando un periodo contraddistinto da un’atmosfera particolare». E conclude con una speranza: «Che questa abitudine non si perda. E non si sa mai che il comitato sia pronto a un semplice rinvio di qualche mese».
Massimo ammette di non essere un assiduo frequentatore dei bagordi sotto i castelli, ma capisce l’importanza di questo evento: «Però il comitato ha ragione. Questi assembramenti possono essere un possibile inizio di focolaio. Perché si è troppo vicini, troppo a contatto».
Salendo dal centro storico verso il Piazzale della Stazione, ecco Nadia. Capelli rossi, grandi occhiali: «È sempre più triste. Il Rabadan ravvivava gli animi di Bellinzona. E ora non c’è più nemmeno quello... No, Bellinzona non è più divertente senza il Rabadan, diventa subito noiosa. Mi dispiace che non ci sia, è un vero peccato», conclude.
Leo, sulla mezze età e voce profonda, sta spingendo una carrozzina. «Sì, mia moglie è una grande amante del carnevale. Io un po’ meno. Magari un tempo... Ma qui è sempre bello, soprattutto i cortei, anche per i bambini: è una tradizione molto sentita. Chissà cosa dirà mia moglie quando le porterò questa brutta notizia, lei sperava che lo facessero ugualmente». Con lui, seduto ai tavolini di un bar sulla via principale, c’è Giuseppe. Occhiali con lenti a specchio, si gode gli ultimi istanti di sole: «Lavoro nel settore della ristorazione. Questa decisione è triste. Anch’io frequentavo il Rabadan. Anche nel 2022 tutta la categoria, a causa di questo importante annullamento, subirà un danno economico notevole. Non ci resta che accettare questa cosa, l’importante è la salute!», dice.
In un altro bar, all’esterno, Michelle e Alessandra stanno discutendo di fronte a un aperitivo: «Si aspetta tutto l’anno il periodo del carnevale: a me dispiace tantissimo che non ci sia nemmeno nel 2022. Ma non si può tirare troppo la corda. Bisogna guardare il bene comune». Le fa eco Alessandra: «Ho svolto degli stage all’estero e una delle cose che dicevo alle persone che volevo venissero a trovarmi era proprio “Se vi capita di passare nel periodo febbraio-marzo, mi raccomando non perdetevi il Rabadan qui a Bellinzona, il carnevale tradizionale del posto» Come non detto. E mi dispiace. Dava quel tono di felicità e nel contempo era anche un modo per trasmettere la tradizione. Pure i miei familiari sono dispiaciuti di questa situazione e del rinvio».
Filippo, in un altro tavolino nelle vicinanze, anche lui giovanissimo, occhi chiari e cappotto grigio con felpa nera, dice di essersi stabilito in Ticino da quasi due anni: «Sì, ho sentito parlare parecchio di questo “Rabadan”. Mi sarebbe piaciuto parteciparvi, ma finora non mi è ancora capitato. So che c’è della musica, delle grandi feste. Ma ripeto, per me è solo un “sentito dire”, una leggenda», conclude.