Usi e supsi

A un anno dalla laurea, quanto guadagnano gli ex studenti?

I salari dei neolaureati preoccupano la Commissione di controllo per l’enorme divario tra uomo e donna e tra Ticino e il resto della Svizzera - Sono da rivedere gli obiettivi relativi alle quote di studenti stranieri
Le donne laureate al primo impiego guadagnano il 20% in meno degli uomini. (Foto Maffi)
Federica Galfetti
26.02.2019 06:00

BELLINZONA - USI e SUPSI hanno fatto bene i compiti, ma i margini di miglioramento non mancano. È quanto sostiene la neonata Commissione parlamentare di controllo che per la prima volta si è chinata sull’attività dei due istituti valutando il rispetto dei contratti di prestazioni stipulati con il Cantone. E come detto per il 2017 le osservate speciali – e i rispettivi conti – hanno ottenuto preavviso positivo. Anche dalla Commissione speciale scolastica, che ha discusso e approvato il rapporto redatto da Roul Ghisletta (PS) per la Commissione di controllo per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi della politica cantonale universitaria per l’anno indicato. Non solo. Ai raggi X è finita anche l’annunciata affiliazione della Facoltà di Teologia (FTL) all’USI. Nella prossima legislatura – sottolinea il relatore – il Ticino «dovrà decidere se assumersi i costi della Facoltà», che stando al rapporto ammonterebbero a «circa un milione di franchi annui, che però potrebbero lievitare qualora i generosi donatori privati oggi attualmente reperiti dalla FTL venissero a mancare».

I salari dei neolaureati fanno suonare i campanelli d’allarme

E a proposito di soldi: i commissari non hanno mancato di sollevare alcune perplessità in merito ad alcuni indicatori che «possono e devono essere sviluppati, per migliorare l’efficacia e l’efficienza del sistema universitario» indica il rapporto.

Il primo campanello d’allarme viene suonato per i neolaureati all’USI, la cui entrata nel mondo del lavoro è ritenuta alquanto critica in termini salariali. La Commissione di controllo chiede al Governo di «fare una riflessione sui dati emersi e di monitorare attentamente i dati nei prossimi messaggi». Su richiesta della Commissione, l’USI ha infatti aggiornato i numeri a un anno dalla laurea. Il bilancio? Il divario salariale tra uomo e donna è definito «enorme». «Le donne laureate al primo impiego guadagnano il 20% in meno degli uomini» si legge nel rapporto. Un secondo problema è «l’enorme divario tra i salari conseguiti in Ticino e nel resto della Svizzera tra i laureati al primo impiego», con il reddito medio che risulta «del 24% inferiore rispetto a quello conseguito da chi lavora in altri Cantoni». Una percentuale che dopo 5 anni dalla laurea raggiunge il 37%. «Il terzo problema – scrive Ghisletta – consiste nel fatto che il reddito conseguito dai titolari di bachelor al primo impiego è al limite della povertà: 46.300 franchi annui per chi lavora in Svizzera». Una situazione non molto diversa è quella dipinta per i diplomati della SUPSI. In particolare, «vi è purtroppo un peggioramento della media salariale negli ultimi 5 anni: aumento che si riscontra dalla crescita dei diplomati che guadagnano meno di 3.000 franchi al mese, passata per i diplomati da un anno dal 18% nella rilevazione 2013 al 33% nella rilevazione 2017; e aumentata anche per i diplomati da 3 anni dal 10% al 22%». La Commissione di controllo chiede pertanto al Consiglio di Stato di «approfondire maggiormente i problemi emersi nel messaggio per quanto riguarda il preoccupante calo dei livelli retributivi».

Ma i commissari si sono soffermati anche sulla presenza degli studenti svizzeri ed esteri nell’USI. Da contratto l’obiettivo per gli studenti da fuori Cantone è pari al 10% per il bachelor e al 15% per il master, ma attualmente si raggiunge il 6% e il 9% rispettivamente. Per gli studenti esteri sarebbe auspicabile una percentuale massima del 50%, ora del 56% per il bachelor e del 70% per il master. Obiettivi – indica Ghisletta – definiti «irraggiungibili» dallo stesso ateneo. Malgrado la promozione svolta dall’USI nella Svizzera interna, l’istituto spiega questa situazione con il vincolo della lingua. Mentre per il dato relativo agli studenti provenienti dall’estero, l’USI indica che «fintanto che la capienza lo permette, non intende applicare restrizioni». Perciò, la Commissione di controllo chiede al Consiglio di Stato di «sottoporre una valutazione sul senso e l’interesse degli obiettivi, – si legge nel rapporto – se del caso modificandoli in modo da renderli realistici e utili nel Contratto di prestazione 2020». Lo stesso discorso vale per la SUPSI, che «riesce solo parzialmente a raggiungere i tassi minimi di studenti da altri Cantoni e i tassi massimi di studenti stranieri» si legge ancora. La percentuale del 5% di studenti bachelor provenienti da altri Cantoni per i settori non artistici non è raggiunta. Attualmente è di una media del 3%. Idem per la percentuale massima del 30% di studenti dall’estero per i settori non artistici, che ora è in media del 23,5%. L’obiettivo di un massimo del 40% di studenti dall’estero per il DTI non è rispettato, è infatti del 46%. E il discorso non cambia nemmeno per il master: la percentuale desiderata del 10% di studenti master provenienti da altri Cantoni per i settori non artistici non è raggiunta, è infatti ferma al 2,2%, mentre il massimo del 40% di studenti master dall’estero per i settori non artistici è superata (57%). A causa di queste e altre criticità sollevate nel rapporto, la Commissione propone di «poter disporre di un collaboratore scientifico di alto livello nell’Amministrazione cantonale, che sia in grado di effettuare un’analisi approfondita e critica del funzionamento del sistema universitario ticinese». Un sistema questo «giovane, ma che ha raggiunto un conto economico superiore ai 240 milioni di franchi nel 2017».