Stati Uniti

Aborto, in Arizona e Ohio interviene la Corte

Nello Stato dell'Arizona la corte d'appello si è schierata con Planned Parenthood e ha bloccato di fatto la legge varata – In Ohio, dove fu vietata l'interruzione di gravidanza a una bimba di 10 anni vittima di stupro, si attende che le varie dispute legali vengano risolte
© KEYSTONE (AP Photo/Natacha Pisarenko)
Jenny Covelli
08.10.2022 08:45

Piccola vittoria per chi difende il diritto all'aborto in Arizona e in Ohio, almeno per il momento.

Nello Stato dell'Arizona la corte d'appello si è schierata con Planned Parenthood e ha bloccato di fatto la legge varata che vietava quasi completamente l'aborto, imponendo un massimo di 15 settimane per interrompere la gravidanza. Tre settimane fa una corte minore aveva infatti reintrodotto una controversa legge anti-abortista nata 150 anni fa, quando ancora lo Stato non si era neppure costituito. La legge, del 1864, vieta ogni tipo di aborto, compresi i casi di stupro e incesto, imponendo le 15 settimane come tempo massimo per un'interruzione di gravidanza. Ora, con la decisone della corte d'appello dello Stato, in Arizona gli aborti possono tornare a essere eseguiti. La corte, di fatto, ha per il momento autorizzato di nuovo medici e centri clinici a riprendere la normale attività. Anche se non è chiaro se e quali altri ricorsi lo Stato presenterà.

Anche in Ohio

Ma buone notizie arrivano anche dall'Ohio. Anche qui una corte ha bloccato il divieto di aborto dopo le prime sei settimane di gravidanza, almeno fino a quando le varie dispute legali intorno alla legge non saranno risolte. Con questa decisione le interruzioni di gravidanza restano legali fino alla 22. settimana. «Festeggiamo la vittoria in una battaglia, ma il nostro lavoro è lungi dall'essere completato», afferma Iri Harvey, il numero uno di Planned Parenthood dell'Ohio. Il giudice Christian Jenkins, un democratico, ha detto che «vietare a una persona affetta da cancro di prendere farmaci salvavita», ma che potrebbero provocare un'interruzione di gravidanza, «rappresenta una violazione del diritto alla cura stabilito» dalla Costituzione dell'Ohio. Lo Stato ha già annunciato il ricorso.

Il caso della bimba di 10 anni

In Ohio aveva fatto molto discutere il caso di una bambina di 10 anni, rimasta incinta a causa di uno stupro, costretta a uscire dallo Stato per poter abortire. La notizia era stata confermata in estate dalla polizia dello Stato in questione, dopo che era stata messa in dubbio nelle settimane precedenti. «Sembra un’invenzione», aveva detto il procuratore generale Dave Yost. Così come molti anti abortisti che avevano tacciato di falsità la vicenda. La quale sarebbe stata inventata «solo per difendere le posizioni» del presidente Joe Biden che ha criticato la scelta della Corte Suprema. Invece è tutto vero. La bambina era incinta di sei settimane e tre giorni e ha abortito il 30 giugno in uno stato del Midwest, in Indiana, che permetteva la procedura fino alla 21. settimana.

Ma non è finita qui: sono seguite minacce e gogna mediatica per la dottoressa che ha aiutato la bambina di 10 anni ad abortire. Caitlin Bernard, ginecologa e assistente professore della facoltà di Medicina dell’Università dell’Indiana, era quindi finita nel mirino non solo degli antiabortisti più estremi e delle testate giornalistiche più schierate, ma anche dello stesso Stato dell’Indiana: il procuratore generale, mercoledì 13 luglio ha dichiarato su Fox News, davanti a tutto il Paese e con tanto di fotografia, di avere aperto un’indagine su di lei. L’accanimento contro la ginecologa, come detto, era iniziato già giorni prima quando alcuni media e il procuratore generale dell’Ohio, il repubblicano Dave Yost, avevano cercato di screditare sia il suo nome che la storia della bambina da lei riportata, considerata «troppo perfetta per essere vera» dal Wall Street Journal. Una storia uscita fuori con un tempismo troppo giusto per essere una coincidenza, inventata da una bugiarda «solo per difendere le posizioni» del presidente contrario alla decisione della Corte Suprema di annullare la sentenza Roe vs Wade, che tutelava il diritto all’aborto a livello federale. E nemmeno l’evidenza dei fatti, con l’arresto e la confessione dello stupratore, aveva placato il clima di ostilità nei confronti di Bernard.

Se anche le cliniche chiudono

Mentre in Arizona e Ohio oggi si festeggia due piccole vittorie (seppur provvisorie), stando al nuovo rapporto del Guttmacher Institute, un gruppo di ricerca e difesa del diritto all'aborto, sono ben 66 le cliniche in diversi Stati che hanno smesso di fornire il servizio dell’interruzione di gravidanza dopo la decisione della Corte Suprema che ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade. Di queste, 40 offrono ancora altri servizi sanitari, mentre 26 hanno proprio annullato ogni attività.

«Anche prima che Roe venisse cancellata, abortire era difficile o addirittura impossibile per molte persone - ha dichiarato Rachel Jones, ricercatrice del Guttmacher Institute -, specialmente per coloro che stavano già affrontando le barriere all'accesso all'assistenza sanitaria: le persone a basso reddito, gli afrodiscendenti, gli immigrati, i giovani, i disabili e le popolazioni rurali. È probabile che queste disuguaglianze peggiorino con la scomparsa del servizio dell’interruzione di gravidanza in molti Stati». 

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