Svizzera

Abusi nella Chiesa, ecco le prime «ribellioni»

La parrocchia di Adligenswil (LU) annuncia il blocco del versamento di una parte delle imposte ecclesiastiche alla diocesi di Basilea: «Non vogliamo più finanziare una diocesi che si limita a vigilare e non agisce»
© KEYSTONE (OBS/KATHOLISCHE KIRCHENGEMEINDE ADLI)
Red. Online
21.09.2023 14:01

«Non posso escludere che in futuro ci si possa rifiutare di pagare le tasse ai vescovi». Così si era espressa, domenica, la presidente della Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera (RKZ) Renata Asal-Steger, anche presidente dell'organizzazione mantello delle Chiese cantonali, che amministra le tasse ecclesiastiche. «Se i dieci cantoni che versano una parte delle imposte ecclesiastiche alla diocesi di Basilea partecipassero al boicottaggio, al vescovo mancherebbero 3,8 milioni di franchi. Non sarebbe più in grado di svolgere le sue funzioni», ha aggiunto Asal-Steger, anche co-commissaria dello studio dell'Università di Zurigo sugli abusi sessuali perpetrati da chierici cattolici e appartenenti all'Ordine dal 1950 in Svizzera, nonché membro dell'organismo della RKZ che risarcisce le vittime. «Bisogna cambiare le strutture fondamentali che rendono possibili gli abusi». Un appello che inizia a ottenere i primi riscontri. Il consiglio ecclesiastico della parrocchia di Adligenswil (LU) – che rappresenta 2.700 fedeli – ha fatto sapere, tramite un comunicato stampa, che bloccherà immediatamente il versamento della quota delle imposte ecclesiastiche normalmente versata alla diocesi di Basilea.

«Temiamo che le strutture non cambieranno e che non verrà avviato alcun cambiamento culturale se la base non agirà e non farà pressione sulla leadership». I cattolici di Adligenswil, quindi, avanzano quattro richieste. Primo: le indagini siano affidate a un organo indipendente non ecclesiastico. Da più parti (compresa Renata Asal-Steger) è stato giudicato problematico il fatto che il vescovo di Coira Joseph Bonnemain sia responsabile dell'indagine incaricata dalla Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) sull'occultamento dei casi di abusi. Secondo: venga istituito un ufficio di tutela indipendente e professionale al quale le vittime possano rivolgersi senza conseguenze. Terzo: i documenti vengano d'ora in poi conservati in un luogo indipendente (ad esempio l'Archivio di Stato) per evitarne la distruzione. Quarto: vengano aperti anche gli archivi dell’ambasciatore del Papa in Svizzera, l’arcivescovo Martin Krebs (il SonntagsBlick ha scritto che Krebs ha rifiutato di aprire gli archivi della Nunziatura di Berna alle ricercatrici dell’Università di Zurigo che hanno effettuato lo studio). «Finché queste richieste non verranno soddisfatte, il Consiglio ecclesiastico di Adligenswil non cofinanzierà più una diocesi che si limita a vigilare e non agisce».

Ma non finisce qui. La parrocchia del Comune situato nel distretto di Lucerna Campagna auspica «un impegno inequivocabile e fermo da parte della Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) per avviare un cambiamento culturale e strutturale». In particolare, l'abolizione del celibato obbligatorio nella Chiesa cattolica. «Chi trova questo stile di vita giusto per se stesso dovrebbe poter continuare a viverlo, ma non dovrebbe più essere obbligatorio per la professione sacerdotale». Ma anche la concessione di pari diritti alle donne all'interno della Chiesa. «È importante dare l'esempio», conclude il comunicato, ecco perché «una rivolta della base»

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