L’analisi

Aeroflot, Finnair e gli altri: la nuova «pandemia» dell’aviazione

Il balletto delle sanzioni fra Occidente e Mosca ha scatenato il caos nei cieli – Mentre i vettori russi non possono più contare sui pezzi di ricambio di Airbus e Boeing, quelli europei non possono «usare» la Russia per raggiungere l’Asia – E compagnie come quella finlandese rischiano perdite importanti sul lungo periodo
Marcello Pelizzari
28.02.2022 22:13

Non c’è pace a terra. Tant’è che il primo round di negoziati fra Russia e Ucraina si è concluso con un nulla di fatto. Peggio, a Kiev e Kharkiv si combatte ancora. A ben vedere, però, l’invasione russa ha scatenato il caos anche lassù, nei cieli. Dove volano, anzi volavano, gli aerei. E a soffrire non sono soltanto i vettori russi, ma anche quelli europei. Uno in particolare: Finnair, le cui azioni sono crollate lunedì. La compagnia finlandese, senza troppi giri di parole, ha definito «durissimo» il colpo subito. Il titolo, in Borsa, è calato del 21%. Ahia.

Il vantaggio di stare a nord
Lo avevamo detto, a più riprese. La chiusura dello spazio aereo europeo ai russi, beh, avrebbe spinto Mosca a chiudere la sua porzione di cielo. Il problema è che la Russia è vasta, vastissima e, soprattutto, viene «usata» per andare in Oriente. Ma perché, a piangere, è proprio Finnair? Prendete un mappamondo, puntate il dito su Helsinki e tracciate, sempre con il vostro dito, una rotta verso est. Sì, sfruttando i corridoi a nord è possibile arrivare in Asia prima, molto prima rispetto ad altri aeroporti europei. La compagnia, non a caso, ha costruito il suo business sfruttando questo vantaggio.

È evidente, di riflesso, che la vendetta di Mosca – all’improvviso – rende queste rotte poco profittevoli. Per non dire peggio. «Gli impatti finanziari negativi su Finnair saranno significativi soprattutto se la situazione si prolunga», si legge nel comunicato. E così, oggi, tutti i voli verso Giappone, Corea del Sud, Cina e Russia sono stati cancellati. I «tattici» del vettore sono al lavoro per cercare di ridisegnare, almeno, alcune rotte. Ma l’impresa si annuncia complicata.

Chi perde tanto e chi (per ora) poco
Finnair, è vero, non è la sola compagnia ad aver perso terreno in Borsa. Le altre, però, hanno limitato i danni. Wizz Air, molto attiva nell’Europa dell’Est, ha attutito il colpo (-5%). Lo stesso dicasi per easyJet e IAG, proprietaria di British Airways (-4%). Certo, il tonfo di Aeroflot (-35% lungo gli ultimi cinque giorni di contrattazioni) probabilmente è destinato a rimanere un unicum. Anche perché ai vettori russi, oltre allo spazio aereo, presto avranno problemi di manutenzione. Le sanzioni imposte, infatti, vietano l’invio di parti di ricambio in Russia. Significa che, ad esempio, Aeroflot non può ricevere pezzi «freschi» per i suoi Airbus e Boeing. Perfino i velivoli di fabbricazione russa, come i Sukhoi, montano parti occidentali.

© Shutterstock
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Torna in campo il governo
Nell’ultimo anno prima della pandemia, il 2019, Finnair serviva diciannove destinazioni asiatiche. Valevano il 44% delle vendite di biglietti. Di nuovo, il continente è stato descritto come la «pietra angolare» della strategia di sviluppo.

«Bypassare lo spazio aereo russo allunga considerevolmente i tempi di volo verso l’Asia» ha detto al riguardo Topi Manner, amministratore delegato di Finnair. Quindi, «la maggior parte dei nostri voli passeggeri e cargo verso l’Asia non è economicamente sostenibile o competitiva».

Nel comunicato, Manner ha spiegato che la compagnia sta valutando possibili soluzioni mentre è stato avviato un tavolo di lavoro con il governo. La Finlandia, nel senso del Paese, ha riversato nelle casse del vettore più di un miliardo di euro durante la pandemia. attraverso una garanzia di prestito statale, una ricapitalizzazione e altri aiuti di stato.

Una Russia molto occidentale
Tornando ad Aeroflot e alla Russia, dei quasi mille aerei (flotta passeggeri e cargo) attivi nel Paese circa tre quarti sono di origine occidentale. A suo tempo, Vladimir Putin aveva cercato di frenare questa occidentalizzazione istituendo – con un decreto presidenziale – la United Aircraft Company. Vi confluirono i marchi storici dell’era sovietica – Ilyushin, Irkut, Mikoyan, Sukhoi, Tupolev e Yakovlev – nella speranza di produrre, in serie, nuovi e moderni aerei militari e civili. Ad oggi i risultati sono pochi, quantomeno sul fronte civile. E piuttosto scarsi.

E così, oggi, l’europea Airbus afferma di avere oltre 340 aerei in servizio in Russia fra operatori commerciali e servizi VIP. Aeroflot, la compagnia di bandiera, ne ha 118. Parliamo di (tantissimi) A320, ma anche A330 e A350. Anche la low cost S7 Airlines, con 69 aerei delle famiglie A320 e A320 NEO, ha parecchio metallo Airbus in flotta.

Boeing, dal canto suo, ha 300 esemplari nel Paese. Aeroflot, anche qui, recita la parte del leone con una ventina di B777 ma anche S7, UTAir e Rossiya, una costola del gruppo Aeroflot, volano con modelli americani. Il guaio è che molti di questi velivoli sono in leasing. Gli operatori coinvolti? Tutti legati alle banche oggetto di sanzioni. Una frittata nella frittata, già.

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