AET parteciperà all’asta idroelettrica: «Diamo il nostro contributo al Paese»
L’Azienda elettrica ticinese (AET) parteciperà all’asta per la costituzione della riserva idroelettrica. Una «scorta» di 500 GWh decisa settimana scorsa dal Consiglio federale per far fronte – indicativamente alla fine dell’inverno – a una possibile penuria d’energia. A causa delle estreme oscillazioni dei prezzi, ha spiegato il Governo, il costo delle offerte nella gara pubblica potrebbe essere molto elevato: secondo una prima stima del DATEC, si parla di circa 700 milioni di franchi. Ma l’importo potrebbe aumentare ancora. L’asta – su base volontaria – è stata lanciata da Swissgrid, il gestore della rete di trasmissione: lo stoccaggio da parte dei produttori dovrà essere garantito dal primo dicembre al 15 maggio 2023.
Il 10% della produzione svizzera
Sul tavolo di Swissgrid, come visto, ci sarà anche l’offerta di AET. «Il Consiglio federale chiede di mantenere 500GWh di potenza nelle dighe fino ad aprile: riteniamo che il canton Ticino, che garantisce il 10% della produzione idroelettrica nazionale, debba fare la sua parte», spiega Roberto Pronini, direttore dell’AET. «È giusto dare un contributo importante al Paese in vista del prossimo inverno. È una questione di solidarietà, perché non dimentichiamo che siamo il terzo cantone a livello di produzione idroelettrica». A Sud delle Alpi la situazione dei bacini artificiali è tutto fuorché ottimale. L’inverno è stato avaro di precipitazioni, mentre abbiamo appena vissuto una delle estati più secche della storia. AET riuscirà comunque a garantire una riserva nel caso in cui dovesse vincere l’asta? Ancora Pronini: «È vero, l’acqua non è ancora arrivata. Di conseguenza potrebbe essere un problema. Per far fronte a questa eventualità, abbiamo però spostato un importante lavoro previsto fra pochi mesi, il rinnovo della centrale del Piottino. Metteremo la struttura fuori servizio per quattro mesi nell’estate 2023 anziché nell’inverno 2022/23, in modo da evitare perdite di produzione e tenere a disposizione più acqua nelle dighe dell’alta Leventina. E una parte di questo volume ‘‘risparmiato’’ verrà messo a disposizione della Confederazione». In generale, la situazione dei bacini idroelettrici ticinesi è attualmente piuttosto critica. Secondo AET, infatti, il tasso di riempimento medio ammonta a circa il 56%. A titolo di paragone, a Nord delle Alpi siamo già quasi all’80% «grazie» anche allo scioglimento estivo dei ghiacciai. «Ad oggi, il bacino della Verzasca (svuotato completamente lo scorso inverno per importanti lavori alla diga, ndr) è alla metà della sua capacità. E già questo è un segnale: solitamente riempiamo il bacino almeno tre volte all’anno. Stavolta non siamo riusciti a riempirlo nemmeno una volta. In oltre mezzo secolo di vita, la produzione della Verzasca non è mai stata così bassa».
Come funziona
Il meccanismo della riserva idroelettrica istituito dalla Confederazione è una delle due misure d’emergenza proposte a livello nazionale per far fronte a una possibile penuria d’energia. La seconda, da attivare però solo in casi estremi, è l’attivazione di otto centrali elettriche (a gas, olio o idrogeno). Ma come funziona un’asta nazionale di questo tipo, che non ha precedenti nella storia? «Le aziende produttrici possono offrire solo una certa quantità di energia garantita», chiarisce il direttore dell’AET. «Rimarrà appunto bloccata, e verrà rilasciata su ordine di Swissgrid in caso di necessità. L’offerta, per quanto ci riguarda, verrà fatta in blocco con una delle quattro ‘‘catene’’ ticinesi: Blenio, Maggia, Leventina o Verzasca. Complessivamente, dovremo però essere in grado di garantire almeno 3MW di potenza continuata. Starà poi a Swissgrid indicare ai produttori come e quando rilasciare la riserva». Nel caso in cui la situazione non dovesse richiedere l’utilizzo delle scorte entro metà aprile, «potremo liberamente turbinare l’acqua nel corso del mese di maggio».
L’asta per la riserva idroelettrica non si discosta molto dalle aste comuni. «Noi offriamo un prezzo per la riservazione dell’energia», spiega ancora Pronini. «A vincere, saranno le offerte migliori. Se la nostra riserva venisse utilizzata, verrebbe pagata al prezzo che abbiamo inserito nell’offerta. Per semplificare, il meccanismo è quello del diritto di compera sui terreni».
Quel giorno eccezionale
Ad ogni modo, l’utilizzo effettivo della riserva idroelettrica dipenderà da molti fattori. «Le variabili saranno le precipitazioni nei prossimi due mesi, la portata del Reno nel corso dell’inverno per produrre energia di banda, e il vento che soffierà in Europa», sottolinea il dirigente. «Inoltre, c’è la grande incognita delle centrali nucleari francesi. EDF, il gestore francese dell’energia, intende rimettere in servizio 12 impianti entro ottobre. Se davvero sarà così, la situazione sarà meno critica». Al momento, le certezze sono davvero pochissime a livello energetico. L’unico punto fermo è il mercato dell’elettricità, completamente schizofrenico. Prova ne è che, come anticipato dalla NZZ, a fine agosto AET ha dovuto far capo a una linea di credito del cantone per 110 milioni di franchi. «È stata una settimana mai vista», racconta Pronini. «Il prezzo dell’energia è salito in sette giorni di 40 centesimi al KWh. Quel giorno, era il 26 agosto, l’aumento è stato di 26 centesimi. Di colpo siamo arrivati a 1,10 franchi al Kwh. Per le regole della Borsa energetica abbiamo dovuto depositare liquidità a garanzia delle vendite effettuate in passato. Non era evidente in così poco tempo reperire certe somme, quindi, abbiamo attinto alla linea di credito concordata alcuni anni fa con il Cantone. Nel frattempo il prezzo è diminuito, e quindi abbiamo già restituito l’intera somma. Si è trattato di un momento eccezionale, a breve termine non intravediamo infatti problemi di liquidità». Axpo, negli stessi giorni, ha invece dovuto chiedere 4 miliardi di aiuti alla Confederazione. «Noi abbiamo la fortuna di avere un unico azionista : le procedure, oltre a essere pianificate da tempo, sono più semplici. Per contro, reperire 4 miliardi in poco tempo fra più azionisti come capitato ad Axpo è molto difficile senza il salvagente federale», conclude Pronini.