Asilanti a Rovio

«Aiutatemi a restare in piedi, altrimenti darò le chiavi alla banca»

Parla per la prima volta il proprietario del Parkhotel, che dovrebbe accogliere quaranta migranti – Intanto il Municipio blocca i lavori interni
© CdT/Gabriele Putzu
Giuliano Gasperi
18.03.2025 17:33

In attesa del momento informativo previsto per questa sera, arrivano parole e novità importanti sul progetto di collocare una quarantina di migranti al Parkhotel di Rovio. Le parole sono quelle dell'avvocato Ernesto Palomba, proprietario della struttura ritenuta idonea dal Cantone per accogliere i profughi: persone la cui domanda di asilo è già stata accettata e che quindi hanno il diritto di cominciare un percorso d'integrazione in Ticino. L'iniziativa sociale, come annunciato dal nostro interlocutore, andrebbe di pari passo con la riapertura al pubblico del ristorante, che è prevista per dopodomani. Anzi, sarebbe fondamentale per la sua sostenibilità finanziaria. «Il fatto di mettere a disposizione qualche camera al Cantone mi garantirebbe un'entrata fissa che userei almeno per coprire i costi della struttura - acquistata sette anni fa - per la quale ho già speso tutti i miei risparmi. Se la popolazione di Rovio mi aiuta a rimanere in piedi, bene, altrimenti ad ottobre consegnerò le chiavi alla banca e l'hotel cadrà a pezzi. Sono profondamente rammaricato per la scarsa sensibilità di alcuni: dicono che l'hotel "farebbe bene a Rovio", ma come pensano che possa mantenere una struttura del genere oggi? Non si rendono conto».

Qui occorre fare un passo indietro di qualche anno, quando Palomba aveva cercato di rilanciare il suo progetto imprenditoriale attraverso un parziale cambio di destinazione del Parkhotel: una porzione sarebbe rimasta alberghiera, mentre l'altra sarebbe diventata residenziale. «Così sarei riuscito ad attrarre nuovi investitori e avevo già delle proposte sul tavolo, ma l'allora Comune di Rovio non era d'accordo». Sfumata quella possibilità, il proprietario aveva messo l'immobile sul mercato. «Ho provato in tutti i modi a venderlo, ma le offerte ricevute erano bassissime: meno della metà di quanto lo avevo pagato. Non perché fosse fatiscente: è una struttura datata, d'accordo, ma ha il suo fascino, in particolare la parte anteriore. A complicare le cose è stata la contrazione del settore turistico in Ticino e la concorrenza di chi, a Rovio, affitta case private e non deve sostenere i costi del personale che avevo io». La pandemia non ha certo aiutato «e il mutuo, con i suoi interessi, è diventato difficile da sostenere». L'unica via d'uscita, secondo Palomba, era rappresentata dalla doppia possibilità citata in precedenza: ristorante aperto al pubblico e camere per gli asilanti. Prospettiva, la seconda, che il proprietario dice di aver abbracciato anche per il suo spirito umanitario: «Non sono razzista e me ne vanto». Prospettiva che tuttavia ha innescato uno tsunami di reazioni contrarie.

A queste sfuriate, nelle ultime ore, si è aggiunta una decisione del Municipio: un ordine di sospensione dei lavori interni alla struttura, contro cui il proprietario ricorrerà al Consiglio di Stato. Il Comune chiede in pratica l'inoltro di una domanda di costruzione per regolarizzare la presenza dei migranti (una situazione simile a quella creatasi un anno fa a Claro). I rapporti con l'autorità locale si erano complicati quando Palomba, a precisa domanda del sindaco di Val Mara Jgor Zocchetti, aveva spiegato di voler riaprire l'hotel, ma senza confermare l'accordo con il Cantone per i migranti. «Perché non l'ho detto? Perché anche durante la pandemia il Cantone mi aveva fatto la stessa proposta, poi non se n'era fatto più nulla. Quando ho parlato con il sindaco, quindi, non avevo nessuna certezza». Nei giorni successivi, i funzionari di Bellinzona avevano confermato di voler puntare sul Parkhotel. La notizia era filtrata, ed era partita l'onda.

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