Al posto delle monetine, il TicinoCoin

LUGANO - «Kodak aveva inventato la fotografia digitale, ma subito ha parcheggiato le macchine digitali perché l’innovazione cannibalizzava i guadagni che ai tempi l’azienda faceva con le pellicole fotografiche. La tecnologia è poi stata sviluppata da altri e Kodak è fallita». Una parabola imprenditoriale questa che il deputato de La Destra Paolo Pamini si augura non venga replicata dal progetto di TicinoCoin (TIC), una criptovaluta tutta ticinese che vuole porsi come moneta complementare al franco svizzero mantenendo un cambio 1:1. Il tutto basandosi sulla tecnologia blockchain. Ma in cosa consiste esattamente il TIC? «Si tratta di un sistema di pagamento senza intermediari. È come pagare in cash, i costi delle transazioni sono infatti irrisori e il pagamento è praticamente immediato» spiega Michele Fiscalini, l’ideatore del progetto insieme agli sviluppatori informatici Claudio Rossini e Adriano Meyer. In un prossimo futuro, stando ai promotori, si potrà forse pagare in TicinoCoin il conto del panettiere o della farmacia sotto casa. Sì perché il TIC potrà impattare sulla quotidianità di tutti. «Il TIC vuole sostenere l’economia locale che opera in maniera socialmente responsabile e rispettosa dell’ambiente. Il tutto – prosegue Fiscalini – mantenendo la ricchezza la dove viene creata, favorendo in questo senso la crescita dell’economia reale». Ma è sicuro? «Certo, la tecnologia garantisce la sicurezza. Nel sistema figurano tutti i numeri di conto e per ciascuno si sa se la controparte ha i soldi per pagare o meno» rassicura Pamini. L’idea del TIC era già nata nel 2014, ma solo nel corso del 2017 ha iniziato a prendere una forma più definita. La bontà del progetto è sostenuta in particolare da Pamini, primo firmatario di un’interrogazione che verrà inoltrata al Consiglio di Stato lunedì. «Vogliamo semplicemente chiedere se vi sia un possibile interesse strategico nel sostenere l’attuazione e la diffusione del TIC. Non vuole essere un’interrogazione aggressiva che possa mettere in difficoltà il Governo – indica - mira piuttosto a permettere all’Esecutivo di esprimere un’opinione specifica sulla ricevibilità del progetto». E tra i firmatari vi sono rappresentanti di tutte le forze politiche, tranne il PS che ad oggi non si è ancora espresso. «Crediamo ci sia un grande potenziale in Ticino, perché ci si può innestare sul substrato della tradizione bancaria e finanziaria cantonale e allo stesso tempo si può contare sulla tradizione delle grandi scuole di ingegneristica e di informatica presenti sul territorio» aggiunge Pamini. Tra i sostenitori del TicinoCoin vi sono 11 imprese Fintech e blockchain – tra le quali Aave Sagl e Eidoo Sagl che rientrano tra le top 50 della Crypto Valley che si estende tra Zugo e Zurigo – 14 imprese in altri settori e anche il Comune di Chiasso. «Aveva avuto un’eco mediatica incredibile l’annuncio della città sulla possibilità di pagare le imposte comunali fino a 250 franchi in bitcoin. Un’apertura verso le criptovalute agirebbe certamente da richiamo per gli investimenti sul nostro territorio - conclude Pamini - ora è importante fare in modo di non perdere il treno».