Dopo l'incidente

Alaska Airlines, tre passeggeri chiedono a Boeing 1 miliardo di dollari

Kyle Rinker, Amanda Strickland e Kevin Kwok erano seduti alla fila 27 – «Il solo rumore di un aereo mi provoca flashback, non so quando tonerò a volare di nuovo e l'incidente era evitabile visti i precedenti allarmanti»
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Red. Online
06.03.2024 11:30

Quanto «vale» un volo da incubo? Si può dare un prezzo alla paura? È la domanda alla quale dovrà trovare risposta un giudice dell'Oregon, poiché uno studio di avvocati ha intrapreso un'azione legale contro il produttore Boeing e Alaska Airlines per conto di tre passeggeri del volo AS 1282. Era il 5 gennaio 2024 e un 737 MAX 9, poco dopo il decollo da Portland, si è ritrovato senza un portellone d'emergenza e con un buco nella fusoliera.

Non è la prima e non sarà sicuramente l'ultima causa intentata dai passeggeri contro Boeing. Tra le persone a bordo c'erano Kyle Rinker, 29 anni, e la sua ragazza, Amanda Strickland, seduti nella fila 27. Accanto, Kevin Kwok. Tra Portland e l'Ontario li attendevano due ore di volo. Un viaggio che si è poi trasformato in un incubo. «Il decollo è andato bene, ma dopo soli cinque minuti abbiamo sentito un forte rumore», ricorda Kyle all'emittente locale KGW. «In cabina si è udito un «pop!». Le maschere di ossigeno si sono staccate e abbiamo avvertito un'ondata di aria gelida». I tre si accorgono che a pochi metri da loro l'uscita di emergenza ha lasciato il posto a un buco. Letteralmente. La camicia di un 15.enne viene risucchiata dalla corrente d'aria.

L'incidente è culminato in un atterraggio di emergenza. E nella messa a terra immediata di circa 171 aerei dello stesso tipo. Nei giorni successivi sono emersi bulloni avvitati male, il portellone ritrovato nel giardino dell'insegnante Bob Sauer ha evidenziato che la «door plug» era stata prodotta nel sud-est asiatico. In tre voli precedenti i piloti avevano segnalato la presenza di spie luminose e, di riflesso, avvertimenti riguardanti la pressurizzazione dell'aereo. «Affronteremo la questione con una trasparenza totale in ogni fase del processo», ha dichiarato David Calhoun, amministratore delegato di Boeing. «Lo faremo ammettendo il nostro errore».

Nelle 24 ore successive all'incidente, Alaska Airlines ha risarcito i suoi 174 passeggeri con un rimborso completo del volo e, «come gesto di assistenza immediata», un pagamento in contanti di «1.500 dollari per coprire tutte le spese accessorie», ha dichiarato la compagnia aerea in un comunicato stampa. Senza dimenticare «l'accesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7, a risorse per la salute mentale e a sessioni di consulenza». Ma per Kyle Rinker, Amanda Strickland e Kevin Kwok non è stato sufficiente. I tre passeggeri hanno dato un prezzo al loro trauma. E oggi chiedono un sostanzioso risarcimento di 1 miliardo di dollari per quello che descrivono come un «incidente evitabile». Secondo la denuncia, tutti e tre «hanno subito gravi lesioni mentali, emotive e psicologiche, compreso il disturbo da stress post-traumatico, oltre a lesioni fisiche».

La denuncia prosegue affermando la necessità di un'azione legale per costringere Boeing e Alaska Airlines a «dare priorità alla sicurezza piuttosto che ai soldi», con l'accusa di aver ignorato evidenti segnali di allarme. Per Kyle Rinke e Amanda Strickland, l'esperienza da incubo ha lasciato il segno. «Il solo rumore di un aereo mi provoca flashback. Non so quando tonerò a volare di nuovo», ha dichiarato la donna al Daily Mail.

Il loro trauma vale 1 miliardo di dollari? Lo decideranno i tribunali.

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