Aldi cala «lo stipendione», la grande distribuzione reagisce

Ancora una volta la filiale svizzera di Aldi si smarca e sotto Natale cala l’asso. Una carta che negli scorsi giorni è valsa alla catena tedesca titoli da prima pagina sulla stampa nazionale italiana: «Svizzera, i supermercati Aldi portano il salario minimo a 5.000 euro. "Vogliamo che i nostri dipendenti non abbiano problemi economici"». In realtà, non è la prima volta che la catena di distribuzione prende in contropiede il settore con uno stile comunicativo quantomeno diretto. Solamente due mesi fa, il direttore Jérôme Mayer ricordava come «sempre più famiglie devono stringere la cinghia a causa dei rincari», ma che «la sua azienda, al contrario di altre, non fa la cresta sui prodotti bio»; per poi aggiungere, senza tanti giri di parole, che «la qualità dei nostri prodotti è nettamente superiore a quella delle linee economiche dei grandi distributori», oltre a essere «più conveniente», con buona pace dei "colleghi" Migros e Coop che fino a qualche anno prima dominavano il mercato della grande distribuzione in modo incontrastato. Il referente implicito dell’offensiva, del resto, sono sempre loro, a maggior ragione quando Aldi afferma di versare «il salario minimo di gran lunga più alto nel settore», ossia 4.700 franchi a partire dal 1.gennaio 2024. Ovviamente il salario in questione è lordo e, fatti due calcoli, c’è poco da scialacquare. Com’è facile intuire, però, la notizia in Italia, dove lo stipendio medio per un addetto alle vendite si aggira attorno a 1.200 euro netti al mese, ha sollevato un gran polverone e solleticato più di un interesse. Tanto che in pochi giorni le candidature provenienti dal Belpaese sono lievitate del 30-40%, come confermatoci dall’ufficio stampa della filiale elvetica. E i marchi storici che fanno?
Il motore dell’economia
«Il salario minimo di Migros Ticino è di 4.100 franchi (circa 4.300 euro) per 13 mensilità», commenta al CdT il direttore Mattia Keller. «Come cooperativa aderiamo a un contratto di lavoro collettivo nazionale Migros (CCNL). Rispetto al contratto collettivo cantonale, che fissa il minimo a 3.200 franchi, siamo quindi di ben 900 franchi sopra». Secondo Keller, inoltre, con i vari benefit in busta paga si arriva facilmente a 4.500 franchi. Bastano per vivere in Ticino? «È un salario dignitoso e giusto, che tiene conto anche della sostenibilità delle filiali ticinesi». Meno comunque rispetto ad Aldi: «È vero. Ma nel caso di Aldi è risaputo che nessun dipendente riceve effettivamente quel salario, in quanto la politica aziendale della catena prevede contratti con percentuali d’occupazione estremamente basse». Detto molto semplicemente nessun dipendente, se così stanno le cose, guadagna 5.000 mila euro al mese. E qui si arriva al nodo centrale della discussione: «Il 91% dei dipendenti di Migros Ticino è personale indigeno», commenta Keller. Parliamo di circa 1.130 residenti e 110 frontalieri. «Di fronte al crescente numero di frontalieri, per Migros Ticino assumere personale residente resta una priorità assoluta». Una scelta che secondo il direttore va inserita in una riflessione più ampia: «I consumi sono il sangue e il motore di ogni economia. Se 80 mila frontalieri percepiscono il salario qui, ma spendono poco o nulla in Ticino, la società inizia ad avere problemi cardio-vascolari. Se poi aggiungiamo anche il fenomeno del turismo della spesa, il problema si acuisce maggiormente». A questo punto, provocatoriamente, Keller chiede: «Questi lavoratori che si orientano all’estero per i propri consumi devono ricevere uno stipendio italiano o svizzero?». E ancora: «L’economia ticinese va difesa con scelte responsabili anche nel momento dell’assunzione e della spesa».
«Una questione privata»
Per quanto riguarda Coop, invece, il salario minimo nel 2024 crescerà di quasi il 3%, passando da 4.100 a 4.200 franchi al mese. «Per le retribuzioni superiori ai 4.800 franchi, gli aumenti saranno distribuiti su base individuale», spiega al CdT la portavoce per la Svizzera italiana Francesca Destefani. La quale ribadisce: «Le condizioni d’impiego sono le medesime per tutta la Svizzera e rispondono a un contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto con le principali sigle sindacali». Quanti sono, invece, i frontalieri? «Nei negozi Coop del Ticino e Moesano sono attivi circa 950 collaboratori. Per principio però non ci esprimiamo sul luogo di residenza. Si tratta di una questione privata». Quanto alle percentuali d’impiego, Destefani osserva che «ai nostri collaboratori offriamo anche la possibilità di lavorare a tempo pieno, cosa molto apprezzata». Solo circa un quarto dei dipendenti nei negozi Coop lavora infatti a tempo parziale.
«A preoccupare è il contratto collettivo cantonale»
«Effettivamente è un buon salario, purtroppo i tempi di impiego di Aldi raramente arrivano al 100%», commenta al CdT Chiara Landi. Secondo la sindacalista di Unia, tuttavia, la pratica del lavoro parziale è largamente diffusa in tutto il settore della grande distribuzione. Per quanto riguarda invece i livelli salariali riconosciuti in Ticino, secondo Landi la situazione è ancora più drammatica: «Ricordiamoci che il minimo salariale per il personale della vendita si attesta attorno a 3.200 franchi». La differenza in questo caso è sostanziale, anche rispetto - per esempio - ai livelli salariali previsti dal contratto collettivo nazionale di Coop, sottoscritto da Unia, che fissa il minimo a 4.200 franchi. «Abbiamo spinto per un riconoscimento del carovita e siamo soddisfatti per l’intesa raggiunta». Per il futuro dell’intesa sul CCL cantonale, non sottoscritto da Unia, Landi invece resta maggiormente critica: «Il contratto scade a fine anno, ma il decreto di obbligatorietà generale è già scaduto a giugno. Non partecipando alle negoziazioni non sappiamo se e come questo contratto verrà rinnovato». Ma l’interrogativo maggiore riguarda il livello salariale. «A dicembre entrerà in vigore la seconda forchetta del salario minimo cantonale che porta il salario tra 19,50 e 20,00 franchi all’ora. Il CCL della vendita prevede un salario di 19,00 franchi all'ora. Vedremo se le parti si adegueranno al salario minimo cantonale, ossia 19,50, oppure se, dopo il voto popolare, faranno uno sforzo per riconoscere un aumento ulteriore».