Alexander Lukashenko promette «aperture»
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La Bielorussia di Alexander Lukashenko continua ad essere attraversata da un’ondata di proteste non stop dallo scorso 9 agosto: data nella quale l’«ultimo dittatore d’Europa» - in carica ininterrottamente dal 1994 - è stato confermato con l’80 per cento dei voti. L’opposizione, con il sostegno dell’Occidente, ha definito quell’elezione una messa in scena orchestrata dal regime, che nel frattempo ha incarcerato migliaia di persone scese nelle strade a protestare pacificamente per chiedere la liberazione dei prigionieri politici ed elezioni libere in tutte le città bielorusse (nei report occidentali si parla anche di torture e stupri).
Quest’oggi nella capitale, dopo mesi di impasse nei quali Lukashenko è stato aspramente criticato e isolato dal resto del Mondo, avrebbe avuto luogo un primo segnale di cambiamento. Questo, almeno, è quanto terrebbe a far credere il leader di Minsk agli occhi del mondo. Lo stesso capo dello Stato bielorusso - contro il quale sono state decise sanzioni mirate dall’Unione europea con puntali condanne per le ripetute e gravi violenze perpetrate dalla polizia su una moltitudine di manifestanti inermi e l’adozione di provvedimenti restrittivi anche verso rappresentanti della stampa - ha ancora il sostegno della Russia di Vladimir Putin e della Cina di Xi Jing Ping, oltre ad una serie di Stati appartenenti soprattutto all’area dell’ex Unione sovietica. Ma tant’è.
Le ripetute azioni di protesta, con il sostegno dei governi di mezzo mondo, si dice lo abbiano indebolito. L’ex imprenditore agricolo divenuto presidente - è quanto emerge da racconti e testimonianze della gente comune nel Paese dell’Est - starebbe perdendo anche la fiducia delle vecchie generazioni, che lo hanno sostenuto fin oltre il periodo di transizione seguito al crollo dell’ex impero sovietico in nome dell’ordine e della stabilità. Le violenze gratuite e i processi sommari messi in atto dal suo regime lo hanno fatto precipitare ulteriormente nei consensi.
Dopo mesi di promesse, Lukashenko - oggi - ha nuovamente dichiarato che «una bozza di riforma costituzionale sarà preparata entro la fine del 2021» per essere poi, successivamente, «almeno sottoposta a referendum» all’inizio dell’anno prossimo. Il dittatore, come ha riferito l’agenzia Interfax, ha tenuto un articolato discorso durante l’Assemblea del popolo - dove erano presenti le massime cariche dello Stato, militari, civili e religiose - incentrata sulle riforme politiche in gestazione. Riforme che tuttavia, secondo gli oppositori del regime che si trovano all’estero (dato che in patria sono in carcere o sono stati zittiti), sarebbero in realtà un mero strumento per consentire allo stesso despota di rimanere al potere dopo mesi di proteste antiregime.