Andate allo stadio o alla pista? Breve guida dello striscione

Se l’origine dell’insulto si perde nella notte dei tempi, per il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer (1788-1860) insultare è un’arte che andrebbe appresa e utilizzata quando ci si trova con le spalle al muro perché «l’avversario è superiore». In mancanza di argomenti vincenti, «si diventi offensivi, oltraggiosi, grossolani, cioè si passi dall’oggetto della contesa al contendente e si attacchi in qualche modo la sua persona». Una regola «molto popolare - osserva il filosofo tedesco - poiché chiunque è in grado di metterla in pratica, e viene quindi impiegata spesso».
Turpiloquio, provocazione, sfottò. Il trash-talking, pare sia stato inaugurato nello sport da Muhammad Alì, il leggendario pugile che ha fatto alzare di notte a guardarlo in TV generazioni di persone anche in Ticino. Dal ring pugilistico è proliferato un po’ ovunque tra giocatori sui campi di basket, di calcio, sulle piste di hockey… e, «naturalmente», sugli spalti, tra tifoserie, tanto in forma verbale con cori e canti, quanto in forma scritta con l’impiego di striscioni.
Un’accurata raccolta di questa versione scritta si può sfogliare ad esempio nella nuova edizione rivista e aggiornata del libro «Giulietta è ‘na zoccola» di Cristiano Militello - personaggio reso «celebre» dalle sue apparizioni nel tg satirico Striscia la notizia in onda su Canale 5 - apparso l’ottobre scorso, il cui sottotitolo recita «cinquant’anni di calcio, negli striscioni più esilaranti degli stadi italiani». E negli stadi svizzero-italiani?
Insulti e striscioni ad personam
Il caso più prossimo si riferisce alla partita tra Lugano e Young Boys del 29 ottobre scorso svoltasi a Cornaredo. In quell’occasione, fatto rarissimo, le curve delle due squadre si sono trovate unite sì, ma nell’insultare il responsabile della sicurezza bianconero, «reo» di aver ostacolato la realizzazione di coreografie «pirotecniche». Qui si può aprire una parentesi in merito al sistema di sicurezza nel calcio svizzero, teoricamente ben costruito, ma di fatto non praticato. In quasi tutti gli stadi di calcio infatti, bengala, fuochi d’artificio, fumogeni, eccetera, accompagnano le sfide. Singolare, se si considera che a livello individuale se si viene colti in flagrante con in borsa o in tasca un accendino o un flacone di «Bioflorin» bisogna ripassare a prenderli dopo la partita in quanto oggetti contundenti. «Misteriosamente», gli «esplosivi» riescono a filtrare in tutta la Svizzera. Naturalmente, il problema è complesso, e questo articolo non ha soluzioni.
Nella direzione sopra esposta vanno anche gli striscioni e i cori che colpiscono a turno allenatori, direttori sportivi, dirigenti e giocatori a seconda dei risultati sportivi. Tra gli slogan verbali più «apprezzati» vi è sempre quello per i propri idoli, sempre prossimi a passare dalle stelle alle stalle: «Fuori i coglioni, tirate fuori i coglioni» e «Andate a lavorare».
Alla squadra avversaria «con amore»
Cori verbali diretti alle squadre avversarie. Quelli primordiali e sempre in voga consistono nel gridare il nome della squadra accompagnandolo con «vaffanculo». Un’arte in voga in tutti gli stadi di tutti gli sport che vedono opporsi due antagonisti. È molto raro se non nullo, infatti, che in occasione di una gara di bob a St. Moritz, si oda levarsi dal pubblico un «vfc» rivolto al pilota del veicolo o ai suoi frenatori.
Cori e canti che tornano indietro (boomerang)
Il più noto alle nostre latitudini è il canto della «Montanara» che si leva sotto le volte delle piste di hockey ticinesi di Ambrì e Lugano. Nato dai tifosi biancoblù per celebrare la vittoria sugli «odiati cugini» - ma i tifosi entrambi i fronti vi diranno di non aver cugini della fazione opposta, a meno che non siano consanguinei - è poi stato ripreso dalla Curva bianconera per celebrare «sfottendo» la loro sconfitta.
In Italia, tra i «boomerang» più noti vi è quello che ha visto protagoniste le curve di Verona e Napoli. In occasione di una sfida, i tifosi scaligeri non avevano trovato di meglio che esporre uno striscione con scritto «Vesuvio facci sognare». La risposta non tardò ad arrivare in seguito, quando i partenopei replicarono con lo striscione di culto: «Giulietta è ‘na zoccola».
Striscioni infamanti
Ci sono poi striscioni che chi li ha ideati dovrebbe vergognarsi. In Svizzera, ricordiamo quello esposto dai tifosi di hockey del Berna il 16 dicembre 2001, in occasione della partita contro lo Zugo, che ringraziava l’autore della strage nel parlamento di Zugo avvenuta quasi tre mesi prima. No comment.
Striscioni autoreferenziali
«Barcollo ma non mollo», noto «slogan fascista», apparve, a memoria, nella Curva Nord dell’HC Lugano nel 1999. Uno striscione semplice, due bastoni e una scritta nera su sfondo bianco elaborato da un singolo, che rende bene l’idea delle fluttuazioni fisiche ed emotive a cui va incontro ogni tifoso. In seguito, senza derivazione diretta e per contaminazione dagli stadi della vicina penisola, è scaturito il canto della Nord bianconera «Non mollare mai» divenuto poi una sorta di «mantra» del club.
Striscioni divertenti (e irriverenti)
In Ticino, aveva fatto «discutere» in termini relativi lo striscione esposto alla Resega il 5 aprile 1999 dalla tifoseria bianconera della tribuna ovest secondo livello: «Maga Yolanda cambia mestee». L’antefatto riguarda un articolo apparso in marzo per lanciare la finalissima tra Ambrì e Lugano, quando era stata contattata un’astrologa per fare un pronostico. L’esperta aveva scritto che «entrambe le squadre hanno ottime possibilità di imporsi. Ma secondo gli astri, in linea di principio, vincerà l’Ambrì». Il giornale in questione aveva poi titolato: «Le stelle assicurano: vincerà l’Ambrì». Come noto, vinse…. Da qui lo striscione bianconero, il malcontento dell’astrologa per il travisamento del suo pensiero con un titolo fuorviante e una tirata d’orecchie a chi redige i titoli nelle redazioni dei giornali ancora oggi.
Per quanto riguarda il calcio italiano, l’ex stella della Roma Francesco Totti è stata una delle figure più bistrattate dalle tifoserie rivali, soprattutto laziale, evidentemente: «Ilary-Totti: una letterina per un analfabeta», e ancora: «Totti, titoli di studio: battesimo».
Striscioni «rompiscatole» ma propositivi
Qui un «plauso» va alla Curva biancoblù dell’Ambrì-Piotta, che ha martellato per mesi e mesi il club in merito alla politica dei prezzi per i propri tifosi e per quelli ospiti. Striscione dopo striscione, infine la società leventinese lo scorso mese di ottobre ha rivisto la propria politica dei prezzi. Corollario a tutto ciò, il ruolo delle tifoserie, considerate fondamentali per i club ma, di fatto, le uniche a pagare un biglietto invece di essere stipendiate. Qatar a parte - leggasi i tifosi che sarebbero stati assunti dagli organizzatori qatarioti in occasione degli scorsi mondiali di calcio per «fare ambiente» e sostenere le diverse squadre.