Il massacro

Apocalisse nei territori liberati

Le forze ucraine sono entrate nelle zone occupate dai russi nei pressi di Kiev e hanno scoperto centinaia di corpi di civili uccisi lungo le strade e all’interno delle abitazioni - Sconvolta Ursula von der Leyen: «Un’inchiesta indipendente è necessaria e urgente»
© OLEKSANDR RATUSHNIAK
Nello Scavo
Nello Scavo
04.04.2022 06:00

Finora sono 410 i corpi di civili uccisi recuperati nei territori della regione di Kiev riconquistati dalle forze ucraine, da Bucha a Gostomel fino ad Irpin. Lo ha riferito la procuratrice generale Iryna Venediktova, precisando che le autorità «ne hanno già esaminati 140».

«Sconvolta dalle notizie di indicibili orrori nelle aree da cui si sono ritirati i russi. Un’inchiesta indipendente è necessaria e urgente. Gli esecutori di crimini di guerra ne saranno ritenuti responsabili», ha scritto su Twitter la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen. «Dobbiamo fare chiarezza senza mezzi termini su questi crimini», dice il cancelliere tedesco Olaf Scholz, commentando le «spaventose» immagini del massacro dei civili a Bucha. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha definito le scene dei cadaveri come «un pugno nello stomaco». Ma il ministero della Difesa russo ha negato le accuse, sostenendo che filmati e foto sono «un’altra provocazione» di Kiev.

La giornata di ieri è cominciata con un bombardamento ai danni di un deposito di carburanti nei pressi di Odessa, la strategica città portuale meridionale dell’Ucraina che affaccia sul Mar Nero. Intanto il lavoro di evacuazione da Mariupol, con l’aiuto della Croce Rossa, è proseguito nuovamente tra molti ostacoli. La Russia raggiungerà tutti gli obiettivi della sua «operazione militare speciale» e spera che Mosca e Kiev possano alla fine firmare un’intesa, ha dichiarato una fonte del Cremlino citata dall’agenzia Inferfax.

«Deliberata crudeltà»
Il campionario degli orrori documentato da vari osservatori indipendenti toglie il fiato. Le testimonianze raccolte dai giornalisti e dalle organizzazioni internazionali sono un duro atto d’accusa per l’intera catena di comando russa. La raccolta e la verifica delle testimonianze è avvenuta in particolare grazie al lavoro sul campo di Human right watch (HRW). A dimostrazione della sua imparzialità, HRW il 31 marzo aveva denunciato le presunte violazioni commesse dai militari ucraini contro i prigionieri russi, chiedendo a Kiev l’apertura di una inchiesta.

Le accuse mosse negli ultimi due giorni vanno dallo stupro ripetuto alle esecuzioni sommarie, saccheggio e violenza contro civili disarmati. «Una deliberata crudeltà e violenza», ha affermato Hugh Williamson, direttore per l’Europa e l’Asia centrale di Human Rights Watch. I principali testimoni sono 10, alcuni anche nella veste di vittima di reato di guerra. Qualcuno ha chiesto di non essere citato, ma sono disponibili a testimoniare davanti alla giustizia internazionale. Tutte le dichiarazioni e le prove sono già a disposizione della procura presso la Corte penale internazionale dell’Aja, che fin dai primi giorni di conflitto aveva aperto una inchiesta e inviato investigatori a Kiev.

Il superstite
Uno dei superstiti di Bucha ha raccontato che i soldati hanno costretto cinque uomini a inginocchiarsi sul ciglio della strada, poi hanno sparato a uno di loro. «Mi è caduto addosso», ha detto il sopravvissuto. Il cadavere di un altro uomo è stato trovato in un tombino, mentre altre vittime sono state rinvenute lungo il percorso d’uscita dalla città in direzione della Bielorussia, dove le truppe straniere stanno ripiegando. Alcuni erano stati legati con degli stracci e trucidati, altri sono stati freddati mentre andavano in bicicletta. La sorte peggiore, come in ogni guerra, è toccata alle donne. Due sono state trovate sul ciglio della carreggiata, denudate e date alle fiamme.

Ma non c’è solo Bucha. Un uomo di 60 anni ha raccontato a Human Rights Watch che il 4 marzo un soldato russo ha minacciato di giustiziare sommariamente lui e suo figlio a Zabuchchya, un villaggio a nord-ovest di Kiev, dopo aver perquisito la loro casa e trovato un fucile da caccia e benzina nel cortile. Un altro soldato russo - ha riferito l’uomo - è intervenuto per evitare che il commilitone li freddasse. La ricostruzione è stata confermata dalla figlia, con tutti i dettagli, nel corso di una intervista separata. Nel villaggio di Vorzel, circa 50 chilometri a nord-ovest di Kiev, il 6 marzo soldati russi hanno lanciato una granata fumogena in uno scantinato, poi hanno sparato a una donna e a un bambino di 14 anni mentre uscivano dal seminterrato dove si erano nascosti. Un uomo che si era rifugiato nello stesso scantinato ed è riuscito a nascondersi sfuggendo ai colpi, ha spiegato che la donna è morta dopo due giorni di agonia, mentre il bambino aveva perso la vità all’istante. Il 14 marzo una donna di 31 anni madre di una bambina, ha chiesto aiuto a dei soccorritori di Kharkiv. Si era presentata con il viso sfregiato da diversi tagli. Le fotografie ricevute dal team di investigatori di HRW e le testimonianze dei medici confermano la versione della giovane, scappata dal suo aguzzino. Ha raccontato che un soldato russo l’aveva catturata e violentata ripetutamente. Il militare con un grosso coltello ha ferito la ragazza anche al collo, le ha tagliato i capelli e deturpato il volto. Mentre abusava di lei sparava colpi in aria con il fucile: «Diceva che lo faceva per motivarmi».

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