Il caso

Baby Reindeer va in tribunale, e il caso potrebbe cambiare per sempre lo streaming

Fiona Harvey, la donna che alcuni fan hanno identificato come la stalker Martha Scott della celebre serie TV, ha intentato causa contro la piattaforma per diffamazione – Tutta colpa della dicitura «storia vera»: le produzioni, ora, potrebbero puntare maggiormente alla fiction
©Evan Agostini
Red. Online
07.06.2024 18:10

«Farò causa a Netflix». Fiona Harvey lo aveva annunciato un mese fa, nel corso dell'intervista concessa al talk show Piers Morgan Uncensored. La promessa, scopriamo oggi, è stata mantenuta. Harvey, la donna che secondo alcuni avrebbe ispirato il personaggio della stalker Martha Scott nell'ormai celebre serie televisiva Baby Reindeer (qui riassunto e recensione), ha intentato una causa da 170 milioni di dollari (151 milioni di franchi) contro il gigante della grande N. Le accuse: diffamazione, inflizione intenzionale di stress emotivo, negligenza, negligenza grave e violazione dei suoi diritti della persona.

La storia, sin qui

Facciamo un passo indietro. La serie, lo ricordiamo, afferma di raccontare una storia vera, vissuta dallo stesso autore e protagonista, Richard Gadd (Donny Dunn nello show). Una storia fatta di dolore, traumi, vergogna e, sì, stalking. È attorno al personaggio di Martha Scott, la stalker che perseguita Dunn con mail, appostamenti e peggio, che ruota la causa intentata da Fiona Harvey. Alcuni appassionati della serie, improvvisatisi detective, hanno utilizzato il profilo del personaggio (età, fisionomia, accento scozzese, città di residenza e, soprattutto, contenuto di post presenti sui social, a più riprese mostrati nella serie) per scovare la «vera» Martha Scott. Una caccia terminata con il dito puntato contro Fiona Harvey.

Salto in avanti, all'intervista di Piers Morgan. Dopo settimane di speculazioni, Fiona Harvey esce allo scoperto e ammette, sostanzialmente, di aver avuto contatti con Gadd in passato, ma negando di averlo molestato sessualmente e aggredito. Un'intervista confusa, durante la quale dice tutto e il contrario di tutto.

Gadd, va detto, ha più volte sottolineato di aver cercato di rendere i caratteri della Martha fittizia più lontani possibile da quelli della vera Martha. Mai ha confermato le voci su Harvey e, anzi, ha lanciato appelli affinché si mettesse fine a questo tipo di indagine amatoriale: «Per favore, non speculate su chi potrebbero essere le persone nella vita reale. Smettete di dare la caccia» alla vera Martha e al vero Darrien, il produttore che nella serie TV abusa sessualmente di Donny. «Non è questo lo scopo dello spettacolo».

Un caso solido

E ora? Ora, l'industria della TV guarda con attenzione al caso. Già, perché la causa intentata da Fiona Harvey è tutto tranne che campata per aria e potrebbe fare scuola. La serie, infatti, si presenta come «una storia vera». Eppure, come ammesso da Gadd stesso, non tutti i fatti corrispondono alla realtà. Una situazione che espone tutta la produzione a cause per diffamazione e simili. Analisti legali, fa notare un articolo del Guardian, ritengono che molti di questi guai giudiziari si sarebbero potuti evitare utilizzando due parole in più a inizio serie: «Basato su». La differenza è importante: la dicitura «basato su» ammette la manipolazione di eventi a fini drammatici. Il più semplice «una storia vera», invece, presuppone un'aderenza pressoché totale agli eventi.

Sul breve termine, sostiene quindi il quotidiano britannico – indipendentemente dai risultati del caso Harvey –, è probabile che un numero maggiore di produzioni utilizzi disclaimer molto cauti a inizio serie. Sul lungo termine, poi, potrebbe succedere che certe rappresentazioni di casi realmente accaduti vengano del tutto abbandonate in favore della fiction. Troppe le seccature, come già evidenziato dai casi affrontati recentemente da Netflix, dalla La Regina di Scacchi, a Inventing Anna, passando per When They See Us.