Cinema

Bad Boys, una formula che non cessa di divertire

Nelle nostre sale «Ride or Die», quarto capitolo della saga con Will Smith e Martin Lawrence – La formula del «buddy movie» non ne vuole sapere di andare in pensione
© SONY PICTURES
Max Borg
08.07.2024 06:00

Quasi trent’anni fa, nel 1995, i produttori di successo Don Simpson e Jerry Bruckheimer, già artefici di campioni d’incasso come Top Gun e Beverly Hills Cop, diedero a Michael Bay la possibilità di esordire nel lungometraggio con Bad Boys, una commedia action ambientata e girata sotto il sole rovente di Miami. Un’epoca talmente remota che basta sapere che Will Smith, allora noto solo come rapper e attore televisivo, dovette accontentarsi del secondo posto nei titoli di testa, dietro il leggermente più famoso Martin Lawrence. Oggi i ruoli sono invertiti, Simpson non è più tra noi (ma il logo all’inizio è quello vintage, per omaggiarlo) e Bay ha ceduto il timone ai cineasti belgi Adil El Arbi e Bilall Fallah, ma l’atmosfera è rimasta più o meno la stessa, principalmente perché i due poliziotti rifiutano di ammettere che stanno invecchiando.

Sono passati alcuni anni da quando Mike Lowrey (Smith) e Marcus Burnett (Lawrence) sono stati presi di mira dai narcotrafficanti sudamericani, scoprendo nel medesimo contesto che tra questi c’era il figlio illegittimo di Mike, Armando, di cui egli ignorava l’esistenza. Con la prole che sconta la pena in carcere, Lowrey va avanti con la vita grazie alla nuova moglie, mentre Marcus, colpito da un infarto proprio durante il ricevimento nuziale dell’amico, deve abituarsi a un nuovo stile di vita. Ma il meritato riposo è una chimera per entrambi, grazie a un inatteso messaggio postumo del loro superiore, il capitano Howard (Joe Pantoliano, ancora una volta il motivo migliore per vedere questi film sul piano puramente recitativo), ucciso nel capitolo precedente. Un misterioso antagonista sta infatti infangando la reputazione di Howard, accusandolo di essere stato al soldo del cartello messicano, e il messaggio mandato a Mike e Marcus («i miei bad boys», dice il capitano) era una misura di sicurezza per trovare le prove in grado di scagionarlo e dimostrare chi sta veramente giocando sporco all’interno del dipartimento di polizia. Solo che i cattivi di turno, per non rischiare, hanno incastrato anche i due eroi, costretti ad allearsi con Armando per improvvisarsi latitanti in giro per la Florida…

Se i primi due lungometraggi, classe 1995 e 2003, si facevano notare soprattutto per l’impianto strettamente spettacolare (il secondo è forse l’apoteosi di tutte le fissazioni visive di Michael Bay), il terzo, arrivato nel 2020 e ricordato anche come uno degli ultimi successi in sala prima del lockdown mondiale di quell’anno, introduceva una componente introspettiva che dava spessore umano alle sparatorie e agli inseguimenti. Spessore che rimane in questo Bad Boys: Ride or Die, dove il contrasto fra i due amici di una vita si basa esplicitamente sulle personalità dei rispettivi interpreti, con Lawrence che ha tranquillamente accettato di non essere più un giovincello, mentre Smith, un po’ come Tom Cruise, vuole dimostrare a tutti i costi di essere ancora la stessa star che era ai tempi del primo Bad Boys (entrambi i divi, un tempo garanzia di successo al box office a prescindere dal progetto, da una quindicina d’anni arrancano se non c’è di mezzo un franchise capace di attirare il pubblico). I battibecchi tra i due poliziotti, uniti a trovate pirotecniche che sfruttano pienamente il paesaggio floridiano (inclusi gli alligatori, protagonisti di una delle sequenze più strepitose), dettano il ritmo di un sequel che è allo stesso tempo crepuscolare - la morte aleggia sul duo sin dall’inizio, anche prima che entri in scena il «fantasma» di Howard - e un concentrato di vitalità che ribadisce l’efficacia e il fascino di una formula, quella del «buddy movie», che esattamente come Lowrey e Burnett non ne vuole sapere di andare in pensione. E a giudicare dalle reazioni di chi riempie le sale, quella pensione è ancora lontana…