Il caso

Bally: la speranza di Lugano, gli scongiuri di Caslano

Le reazioni dei Comuni sul passaggio di proprietà della ditta, fra progetti culturali e indotto fiscale
©Chiara Zocchetti

Non saremo ai livelli del caso Kering, la cui riorganizzazione, cinque anni fa, aveva avuto l’effetto di un terremoto sui bilanci e le ambizioni dei Comuni toccati e in generale di tutto il Ticino. Il passaggio di proprietà di Bally, tuttavia, qualche pensiero più o meno preoccupato lo sta suscitando nel Luganese. Iniziamo dal Comune in cui la storica azienda produttrice di scarpe, vestiti e accessori ha sede, Caslano, il cui sindaco Emilio Taiana è sorpreso fino a un certo punto. «Noi non abbiamo molti contatti con loro né molte informazioni – premette – però si vociferava che non navigasse in acque tranquillissime». Della vendita al fondo statunitense Regent LP, il Municipio lo ha saputo dalla stampa. «Bally per noi è una realtà importante, voglio sperare che questo nuovo fondo voglia farla crescere, mantenerla ed effettuare anche degli investimenti». Lo sperano tutti, in Ticino, soprattutto i dipendenti di Bally, ma se le cose andassero diversamente? Cosa significherebbe a livello economico, per il Comune malcantonese, un’ipotetica smobilitazione della ditta? «Sarebbe un guaio, perché comprese le imposte alla fonte degli oltre duecento dipendenti, siamo sull’ordine delle centinaia di migliaia di franchi». Per ulteriori informazioni sul tema si può chiedere a Cadempino, Bioggio (no... forse non è il momento) e Vezia.

Lugano, invece, di preoccupazioni finanziarie legate alle ultime notizie non ne ha, però osserva con occhio attento l’evolversi della situazione, perché proprio a Bally, o meglio alla Bally Foundation, ha messo a disposizione uno dei suoi gioielli più preziosi: Villa Heleneum. La residenza affacciata sul Ceresio, un tempo sede del Museo delle culture, accoglie da un paio d’anni il Bally Heleneum Lab, uno spazio espositivo dedicato ad arte, moda, design, artigianato, sostenibilità e innovazione. La domanda, ora, è se tutte queste cose, o almeno alcune di esse, rientrino nei radar dei nuovi proprietari. In parole povere, che ne sarà del progetto portato avanti insieme alla Città. «Un progetto che ci piace molto» chiarisce subito il municipale responsabile della cultura Roberto Badaracco, che comunque non si esime dal ragionare sul «cosa succede se...». «Il nostro contratto è cominciato nel 2021 e ha una durata quinquennale. Una eventuale disdetta andrebbe data sei mesi prima della scadenza, quindi a metà 2025. Potrebbe farlo Bally, così come la Città. In quel caso, dovremmo riprendere in considerazione altre proposte che erano state presentate per la villa. Non direttamente, ma rifacendo lo stesso ‘esercizio’ di tre anni fa», cioè una call for expression of interest. Allora – in una delle ultime decisioni prese dal Municipio prima che, l’11 agosto, morisse Marco Borradori – l’idea di Bally aveva prevalso su altre due: quella di realizzare un centro di studi d’arte orientale e accogliere la collezione d’arte giapponese di Jeffrey Montgomery, e quella di creare un incubatore d’idee per mettere in relazione diversi attori della scena culturale.

«Personalmente, spero che il progetto attuale possa proseguire» commenta il vicesindaco. «Bally ha investito centinaia di migliaia di franchi per ristrutturare Villa Heleneum, che ora è bellissima. Inoltre, sono state organizzate mostre che hanno avuto grande risonanza e hanno attirato giornalisti da vari Paesi del mondo». Di segnali che l’impresa non navigasse in buone acque, insomma, Lugano non ne aveva avuti. «E con i pagamenti – conclude Badaracco – sono stati sempre puntuali». Ora lo sguardo è rivolto al nuovo fondo proprietario di Bally. Diciamo «nuovo» perché l’azienda di Caslano già prima era detenuta dalla holding d’investimenti JAB. Da un fondo all’altro, in pratica. Chi è appassionato di calcio e tifa Milan, conosce la sensazione. «È l’economia, bellezza» dicono gli addetti ai lavori. Il cittadino medio annuisce pensieroso.