Serbia

Marea umana a Belgrado contro il governo: «È ora di cambiare»

I manifestanti accusano il presidente Aleksandar Vucic di favorire la corruzione dilagante, di scarsa democrazia e di controllo sui media
© AP Photo/Marko Drobnjakovic
Ats
15.03.2025 19:51

Una marea umana di centinaia di migliaia persone ha invaso Belgrado in una enorme manifestazione di protesta contro il governo serbo e il presidente Aleksandar Vucic, accusati di favorire la corruzione dilagante, di scarsa democrazia e di controllo sui media.

Alcune fonti parlano di oltre mezzo ilione di partecipanti alla dimostrazione: una delle più massicce manifestazioni popolari degli ultimi anni, e insieme una potente prova di forza contro quello che viene definito da molti il regime di Vucic, ritenuto il responsabile morale della morte di 15 persone nel crollo del primo novembre scorso alla stazione di Novi Sad. Una sciagura messa in relazione all'incuria e agli scarsi controlli di funzionari corrotti che ha colpito profondamente l'intero Paese e che ha dato il via alla mobilitazione e alla protesta degli studenti in tutta la Serbia.

Protesta, quella degli studenti in agitazione, che si è andata via via espandendo ottenendo l'appoggio di altre categorie di lavoratori, delle forze di opposizione e di normali cittadini insoddisfatti, in particolare nelle città, con raduni, cortei e blocchi stradali pressocché quotidiani.

In un'atmosfera di alta tensione e in una città blindata con la massiccia presenza di agenti in assetto antisommossa per i timori di scontri e violenze paventati alla vigilia dalle autorità, le decine di migliaia di manifestanti - in tanti giunti a Belgrado da diverse altre città con ogni mezzo, anche in bicicletta e a piedi - si sono mossi in corteo sin dal mattino da vari punti della città raggiungendo in centro la spianata antistante il parlamento e la Piazza Slavija, luoghi designati per il programma principale della giornata di protesta.

Innumerevoli le bandiere della Serbia, ma anche vessilli di altro genere, dai nazionalisti di destra all'ultrasinistra, ai movimenti ecologosti e ai club sportivi. E il frastuono assordante e continuo di fischietti e vuvuzelas è stato regolarmente interrotto dal coro 'Pumpaj, Pumpaj' (Pompa, Pompa), divenuto lo slogan del movimento di protesta, a indicare l'energia continua che anima la protesta e che si alimenta in continuazione con l'impegno dei dimostranti. Su cartelli e striscioni immancabile la mano insanguinata, a voler significare che 'la corruzione uccide', come avvenuto alla stazione di Novi Sad.

Gli studenti intervenuti davanti alla folla di dimostranti, che si sono alternati con l'esibizione di cori e canti popolari, hanno ribadito la ferma volontà di andare avanti nella protesta contro il «regime di Vucic», sottolineando che «un cambiamento è possibile». Gli unici momenti di tensione, sin dalla vigilia, si sono registrati intorno al parco Pionirski, tra il parlamento e la sede della presidenza, dove dal 6 marzo sono accampati con tende gruppi di studenti filogovernativi, contrari alle proteste e che desiderano tornare al più presto nelle aule e alle lezioni.

Un accampamento tuttavia che, stando a testimoni, registra al tempo stesso la presenza inquietante di ultranazionalisti, uomini della sicurezza e veterani delle guerre balcaniche. Già nella serata di venerdì vi erano stati lanci di pietre, bottiglie e altri oggetti contro l'accampamento, con il danneggiamento di numerosi trattori che sono stati posti tutt'intorno al parco a protezione degli studenti anti-proteste. Le provocazioni sono proseguite anche oggi, ma senza gravi conseguenze. Sono stati effettuati alcuni arresti ma non vi sono stati feriti.