«Bloccano l'intelligenza artificiale in Italia? E io creo PizzaGPT!»

Dal 1. aprile 2023 la pagina di ChatGPT, in Italia, non è più accessibile. OpenAI – l'azienda che ha progettato la popolare tecnologia di intelligenza artificiale in grado di elaborare e simulare conversazioni umane – ha deciso di disattivarla a causa di una serie di contestazioni del Garante per la protezione dei dati personali. Una scelta che non è andata giù a Lorenzo Cella, che in poche ore si mette al lavoro sul suo computer e, dall'oggi al domani, crea PizzaGPT. Un'alternativa aperta a tutti e, soprattutto, perfettamente funzionante in tutta la Penisola. Il giovane ingegnere informatico, che vive e lavora a Zurigo, ha raccontato al Corriere del Ticino la sua avventura, che l'ha portato al centro delle cronache, trasformandolo in una sorta di icona. «Sì, sono diventato famoso proprio per questo. Sono italiano e voglio dare una mano ai miei connazionali», afferma l'autore dell'invenzione che permette di aggirare la muraglia digitale. «D'altronde, sono convinto del fatto che ci troviamo di fronte a una tecnologia troppo preziosa e che offre troppi vantaggi per essere spenta o proibita», dice il 29.enne.
Il Garante per la protezione dei dati personali c'è andato pesante, con il suo ultimatum di fine marzo: all'epoca, l'azienda statunitense proprietaria del sito ChatGPT doveva comunicare entro 20 giorni le misure intraprese sulla mancanza di un'informativa sulla raccolta di informazioni, come pure l'assenza di una base giuridica che ne giustifichi la loro conservazione in maniera massiccia. Altro punto contestato, poi, era l'assenza di filtri per la verifica dell'età degli utenti (il servizio è rivolto ai maggiori di 13 anni). Una delle molle che aveva fatto scattare le autorità era stata una vasta perdita dalle banche dati digitali, subita il 20 marzo, sulle conversazioni degli utenti e sui pagamenti degli abbonati. Viste le conseguenze (una sanzione fino a 20 milioni di euro), ecco la decisione di staccare tutto. Ma Lorenzo ha detto no. Originario di Bergamo, si è laureato a Milano e da cinque anni vive e lavora a Zurigo.
«Ritengo che l'intelligenza artificiale e ChatGPT siano strumenti molto utili e molto potenti», spiega in collegamento. «Proprio per questo motivo, vorrei che tutti ne avessero accesso. Penso ai miei amici e colleghi in Italia, che non possono utilizzare questi strumenti. Con questo senso di ingiustizia nella mia testa, ho deciso di creare un sito molto semplice. Una pagina in grado di comportarsi in maniera uguale a quella di ChatGPT. Addirittura, utilizza anche gli stessi suoi sistemi, quelli che noi programmatori chiamiamo API». E sono proprio questi canali digitali, in gergo interfacce di programmazione d'applicazione, a permettere di evadere dalla prigionia digitale. «Quelle non le hanno spente. Almeno per il momento, continuano a funzionare».


«Un danno a tutti gli italiani»
La pagina si presenta con un marchio molto semplice in alto e al centro dello schermo: una emoji di un trancio di margherita sulla sinistra, la scritta PizzaGPT e, subito sulla destra, la bandiera dell'Italia. «Non c'è registrazione. È molto facile, molto accessibile, molto veloce», racconta ancora Cella. Ma ci sono stati contatti con i signori di OpenAI? Hanno detto qualcosa? Lorenzo, sorride. «No, ci mancherebbe. Non ho sentito nessuno di loro. E non credo nemmeno che potrebbe sorgere qualche problema a usare il collegamento offerto da loro nel modo in cui l'ho messo a punto. In fin dei conti, sono loro stessi a fornire il servizio. In ogni caso, se ci fosse qualche genere di infrazione, smetterebbero di erogare il servizio. Cosa che finora non è successa».
Il tecnico torna sulla vicenda delle ultime settimane. «Capisco l'azienda statunitense che, un po' per proteggersi e un po' per mancanza di voglia nel rischiare le sanzioni minacciate dal Garante, ha deciso di chiudere l'accesso a tutti gli utenti italiani. D'altronde, chi non lo farebbe, se questo evita di ricevere multe e incorrere in problemi con uno Stato? Questo però è risultato, alla fine, in un grande danno per tutti gli italiani che, di fatto, non possono usare questo strumento molto utile e molto potente».


I costi di PizzaGPT
Lorenzo Cella capisce la portata dell'intelligenza artificiale. Una rivoluzione inarrestabile che, lentamente, arriverà a toccare tutti i settori della società. «Penso che sia perlomeno un po' miope decidere di bloccare strumenti così rivoluzionari. Non voglio puntare il dito contro nessuno, però la loro inaccessibilità penso sia controproducente. Oggi come oggi, soprattutto per gli italiani a cui è stata impedita “d'ufficio”. Ma con la mia interfaccia grafica semplice e basata su fumetti cerco di arginare questo divario tecnologico».
Già, tutto bello se non fosse che le API si devono pagare. «Esatto, comportano una spesa. Parliamo di pochi centesimi per ogni richiesta, per ogni domanda. Ma ormai siamo arrivati a 50.000 persone che utilizzano il sito ogni giorno, quindi iniziano a diventare qualche centinaio di franchi di spesa», sottolinea. «Il nome pizza serve anche a ricordare questo: riesco a coprire queste spese soltanto grazie alle donazioni. Ho aggiunto un pulsante per donare, il famoso “Dona una pizza”. È un prezzo molto vago e aperto, in Svizzera una pizza può costare una ventina di franchi, mentre in Italia possono partire da tre euro». Ma quante pizze sono arrivate, fino a oggi? Il nostro interlocutore ci pensa un po' su, non sa quanto sbilanciarsi. Poi esclama tutto d'un fiato: «Già un paio di centinaia».


La Svizzera
«Quindi dico grazie a tutti quelli che hanno donato e a coloro che decideranno di farlo. Sono proprio queste persone a permettere di tenere aperto il servizio». Il fatto che un importante strumento tecnologico sia bloccato dall'Italia non può che far sollevare qualche interrogativo. «Ma so che anche altri Paesi stanno facendo le loro valutazioni», evidenzia l'ingegnere. Quindi l'Italia che rifiuta la tecnologia è un'immagine esagerata? E la Svizzera che invece la accoglie? «Non saprei che dire, in realtà ammetto di non conoscere molto bene la situazione attuale italiana. Ma una cosa è certa. Sono in Svizzera per il lavoro, perché mi son trovato sempre molto bene dal punto di vista lavorativo, qui. Dal punto di vista di apertura mentale forse sì... Forse la Svizzera è un po' più aperta. Ho come l'impressione che si facciano meglio una serie di investimenti a lungo termine, anche dal punto di vista innovativo e tecnologico in generale», conclude Cella.