Blocco degli specialisti: il giro di vite non convince tutti

Troppi medici specialisti? Dopo aver introdotto il blocco al rilascio di nuove autorizzazioni per una decina di specializzazioni, il Cantone compie un ulteriore passo avanti. Con l’ultima fase di quella che può essere considerata a tutti gli effetti una miniriforma sanitaria, si prepara infatti a regolare il numero massimo di medici autorizzati a esercitare a carico della LAMal in Ticino. Il messaggio con la richiesta di approvazione della specifica base legale (una modifica della legge di applicazione cantonale della LAMal) è stato licenziato oggi dal Consiglio di Stato. Nel concreto, a partire dal primo luglio 2025, i numeri massimi dei medici per specializzazione dovranno essere stabiliti secondo un modello di regressione. In sostanza, il Cantone avrà la facoltà, quando qualche specialista cesserà l’attività, di ridurre le autorizzazioni in funzione del fabbisogno effettivo di prestazioni sanitarie, calcolato periodicamente sulla base di un insieme di criteri.
Cosa cambia
Attualmente, ossia durante la fase transitoria (luglio 2023 - luglio 2025), il Cantone ha la facoltà di limitare il rilascio di nuove autorizzazioni per una decina di specializzazioni sottoposte a blocco. Lo specialista che vuole aprire uno studio medico o un’attività ambulatoriale ospedaliera in una di queste specialità viene quindi inserito in una lista di attesa, e nel momento in cui un altro professionista della sua specializzazione lascia l’attività, subentra al suo posto.
In futuro, invece, l’autorità sanitaria competente potrà negare allo specialista subentrante la possibilità di occupare il posto lasciato vacante, qualora il Cantone ritenga che il fabbisogno di cure sia già adeguatamente coperto. «Nelle specializzazioni dove il volume delle prestazioni erogate è eccessivo rispetto a quello atteso, si potrà stabilire che più medici debbano lasciare, prima che uno nuovo possa praticare in quella stessa specializzazione», spiega il coordinatore del DSS e direttore della Divisione della salute pubblica, Paolo Bianchi.
I criteri di calcolo
Ma con quali criteri verrà calcolato il numero massimo di medici per specializzazione? «Ci siamo basati sull’ordinanza federale che definisce il tasso di approvvigionamento in base al rapporto tra il volume di prestazioni fornite dai medici e la stima delle prestazioni necessarie a coprire il fabbisogno di cure in un campo di specializzazione». Il tasso di approvvigionamento, sottolinea Bianchi, tiene conto della quantità di prestazioni erogate e fatturate sul piano nazionale ponderate in funzione della struttura demografica e di fattori come l’invecchiamento della popolazione, caratteristiche peculiari del Ticino. «Attualmente, un gruppo di lavoro formato da rappresentanti del DSS e dei principali portatori di interesse (OMCT, EOC, Cliniche private) è impegnato nella valutazione delle metodologie e delle proiezioni di calcolo necessarie per definire i numeri massimi di medici per specializzazione». È prevedibile che gli operatori sanitari tenderanno a limitare il meno possibile il rilascio di nuove autorizzazioni, contrariamente al Cantone il cui obiettivo prioritario resta il contenimento della spesa sanitaria, beninteso garantendo comunque la necessaria copertura sanitaria. I costi del settore ambulatoriale rappresentano infatti il 39% dei costi LAMAl a livello cantonale. Il messaggio del Governo s’inserisce pertanto nel solco di un’azione volta limitare l’offerta e, di riflesso, l’aumento dei premi, particolarmente rilevante e preoccupante negli ultimi tre anni, soprattutto nel nostro Cantone.
Chi sarà toccato?
Al momento non è possibile stabilire quali specializzazioni mediche saranno soggette al pilotaggio regressivo, spiega Bianchi: «Il gruppo di lavoro dovrà fornire il suo rapporto al Consiglio di Stato che in ultima analisi farà le sue scelte». Tuttavia, è verosimile che le specialità mediche già incluse nel blocco delle autorizzazioni durante la fase transitoria vengano confermate anche in questa nuova fase. Considerando l’aumento della spesa sanitaria e la crescente pressione sui cantoni, è facile immaginare che il Consiglio di Stato voglia, se non allargare il ventaglio delle specializzazioni su cui intende intervenire, perlomeno non ridurlo.
La riforma, è bene precisarlo, non riguarda i medici in attività. «Chi ha già ottenuto l’autorizzazione a esercitare a carico della LAMal potrà continuare a farlo come finora», aggiunge Bianchi. «Questo implica che gli effetti concreti della riforma si manifesteranno solo nel lungo periodo, con il naturale ricambio generazionale».
Le specialità mediche
Attualmente, 11 delle 32 specializzazioni mediche esistenti sono soggette al blocco delle autorizzazioni. Su un totale di circa 1.800 medici attivi a tempo pieno nel settore ambulatoriale in Ticino, la fase transitoria introduce limitazioni in ambiti specialistici che coinvolgono circa 600 professionisti. Durante la fase transitoria sono state sottoposte a limitazione le seguenti specializzazioni: anestesiologia, cardiologia, oncologia, nefrologia, neurologia, chirurgia plastica, dermatologia e venereologia, gastroenterologia, radiologia, chirurgia ortopedica e traumatologia.
Il giro di vite non convince le Cliniche private e l'Ordine dei medici
La seconda fase del giro di vite deciso dal Consiglio di Stato non convince affatto gli addetti ai lavori. «Capiamo che, limitatamente a poche specializzazioni, possa esserci un problema di offerta sovrabbondante», premette il direttore del Gruppo Ospedaliero Moncucco Christian Camponovo. «Ma, in generale, questi sistemi causano maggiori problemi piuttosto che risolverli». Sì, perché provvedimenti simili, dice Camponovo, «andranno a incidere sulle scelte dei giovani ticinesi che vogliono formarsi nel campo della medicina. E questo lo pagheremo poi tra dieci o vent’anni». Già oggi, sostiene, ci sono medici che vorrebbero tornare in Ticino ma, essendosi formati in specializzazioni in cui oggi si ritiene vi sia un’offerta eccessiva, si trovano in difficoltà. «Questo rappresenta un problema e, a lungo termine, andrà a incidere sull’interesse esercitato dalla professione sanitaria, che sta perdendo rapidamente attrattività». Critiche al Cantone erano già state mosse durante la fase transitoria, ricorda Camponovo: «Avevamo anche presentato un ricorso, che poi non è stato accolto. Del resto, sapevamo che sarebbe stato difficile. Ora, in fase di applicazione, vedremo se e quali problemi creerà questa misura». Dal profilo operativo, «attualmente per noi è molto difficile incastrare tutto: da un lato, non sempre c’è un medico pronto a subentrare a un collega che lascia, dall’altro, invece, può capitare che ci sia un medico già formato, ma che non può lavorare qui perché non ci sono medici in partenza». A preoccupare molto, come detto, sono però le conseguenze più a lungo termine. «Il messaggio che esce ora è che in alcune specialità c’è sovrabbondanza, e quindi non ci saranno opportunità in Ticino in questi settori. I giovani che scelgono oggi in quale campo formarsi, finiranno gli studi nella migliore delle ipotesi tra 6-7 anni, quando la situazione sarà diversa. Quindi nei rami in cui oggi ci sono troppi medici, forse non ce ne saranno più abbastanza e mancheranno profili». Insomma, «il rischio è di trovarci a essere sempre in ricorsa. Del resto, è quanto accade in ogni situazione in cui si mette in atto una iper-regolamentazione».
Timori condivisi dal presidente dell’Ordine dei medici Franco Denti, che sottolinea: «Di principio, è una misura che non mi piace assolutamente». A suo avviso, infatti, il Cantone parte dal presupposto sbagliato: «Non è procedendo in questo modo che si va a intervenire sui costi della salute. Il problema non sono infatti i costi della prestazione medica, bensì i volumi. Per dire: io, da solo, potrei generare comunque più volumi di due medici». E sui volumi, dice, «nessuno vuole riflettere in modo adeguato». Denti evidenzia poi un secondo aspetto critico: «C’è una discrepanza evidente tra i costi della salute, che aumentano del 2-4% all’anno, e i premi di cassa malati, che invece subiscono un’impennata ben maggiore. Insomma, non c’è più corrispondenza tra il costo della prestazione sanitaria e il premio di cassa malati. Si continua a ripeterlo ma per ora nessuno interviene nel modo giusto». Ora, dice, il Ticino ha scelto questa via. «Una strada che, lo ribadisco, non condivido». Detto ciò, a questo punto è imprescindibile il ruolo del gruppo di lavoro creato in supporto. «Stiamo cercando di trovare la quadra tra le cifre che ci ha fornito la Confederazione e il censimento del Ticino. Stiamo passando in rassegna tutti i medici per capire quali siano le cifre esatte, e non è affatto semplice. Il mio auspicio è che questo gruppo di lavoro - composto da medici - possa anche in futuro essere un organo consultivo del Governo». Insomma, dice Denti, «il Governo ha deciso di andare in questa direzione e ne prendiamo atto, ma spero perlomeno che il gruppo di lavoro possa essere coinvolto davvero e che non sia solo un esercizio alibi». Martina Salvini