Botta e risposta a suon di razzi: sale la tensione
Israele non si lascia sorprendere. E l’attacco di Hezbollah per vendicare la morte del suo numero due si è risolto quasi con un nulla di fatto, anche se ha portato alla morte di tre persone, un militare israeliano e due membri proprio di Hezbollah. Poteva e, nelle intenzioni del gruppo sciita libanese doveva, essere qualcosa di più devastante, una risposta che Israele avrebbe dovuto ricordarsi, e invece non è stato così. Quasi una fotocopia dell’attacco che ad aprile fu lanciato dall’Iran contro Israele, con una mole di droni, razzi e missili che provocarono “solo” il ferimento di una povera bambina beduina che, nel deserto, non aveva rifugio.
Ancora una volta, allora, l’impatto è stato minimo. Un’operazione che serve più ad accontentare la sete di sangue e vendetta degli sciiti libanesi e degli altri proxy dell’Iran, che per colpire veramente nel cuore di Israele. Addirittura sui social sono molti i post che ridicolizzano l’attacco libanese.
I caccia israeliani, allertati dall’intelligence, hanno colpito simultaneamente molti obiettivi di Hezbollah nel Libano meridionale, in quella che l’esercito ha definito un’operazione preventiva e di successo per bloccare e neutralizzare un attacco importante nel centro e nel nord di Israele da parte di Hezbollah.
L’attacco sarebbe dovuto partire per le cinque - ora locale del mattino -, circa trenta minuti prima Israele ha lanciato il suo raid sul sud del Libano, colpendo diverse aree di lancio. Il resto del lavoro, lo ha fatto l’Iron Dome, il sistema antimissile israeliano.
Secondo quanto è emerso, la maggior parte dei missili di Hezbollah avrebbe dovuto colpire il nord di Israele, nella zona di confine con il Libano, ma anche la zona centrale del Paese, Tel Aviv inclusa. Le soffiate ottenute dall’intelligence israeliana hanno quindi permesso di evitare il peggio ma non di bloccare del tutto l’operazione. Come reazione all’omicidio di Fuad Shukr, avvenuto a Beirut a fine luglio e rivendicato da Israele, Hezbollah ha lanciato comunque oltre 320 tra missili e droni. Duecento quelli partiti, dice Israele. Molti dei quali sono stati intercettati, altri hanno colpito il suolo israeliano producendo danni minori. Altri ancora sono caduti in aree aperte.
In un messaggio video, il leader di Hezbollah, Nasrallah ha detto che non c’è stato alcun attacco preventivo e che il gruppo ha voluto colpire basi militari israeliane. Tra gli obiettivi, pure la base che ospita l’intelligence militare, l’unità 8200. Il leader sciita dice che la base di Glilot, a nord di Tel Aviv, e un’altra base non specificata situata a 40 chilometri a nord di Tel Aviv e 75 chilometri dal confine con il Libano, sono state colpite. Circostanze smentite dall’esercito.
Domenica d’allerta
Sia Israele che il gruppo sciita hanno fatto sapere indirettamente di non voler far sfociare gli attacchi in una guerra regionale, anche se la tensione resta alta. Altri gruppi, come gli Houthi yemeniti, si sono detti pronti ad attaccare il Paese ebraico.
Per Israele è stata comunque una domenica all’insegna dell’allerta. Sono stati aperti i rifugi comunali nelle città del nord, anche ad Haifa, ed è stata dichiarata l’emergenza per 48 ore nel Paese, sospendendo anche per alcune ore lo spazio aereo israeliano, bloccando i voli sull’aeroporto Ben Gurion. In tutte le città del nord, partendo da Tel Aviv, è stato fatto divieto di assembramento per più di trenta persone all’interno e trecento all’esterno. Le scuole potranno operare solo se hanno adeguati rifugi, perlomeno nelle vicinanze. Chiuse le spiagge al confine libanese. Si chiede ai cittadini delle zone nord di stare vicini ai rifugi antiaerei.
Il portavoce dell’esercito, Daniel Hagari, ha detto che il sistema antimissile, aerei e navi, sono tutti attivi per difendere Israele dall’attacco di Hezbollah. Intanto gli occhi sono puntati anche sull’Iran. Secondo i media israeliani non ci si aspetta, almeno per ora, che gli iraniani attacchino al fianco di Hezbollah, nonostante abbiano promesso vendetta per l’assassinio del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, che l’Iran attribuisce a Israele (e che però Israele non ha mai rivendicato).
Le pressioni sui colloqui
Nasrallah, nel suo messaggio, ha detto che il gruppo ha aspettato a vendicare l’uccisione del suo numero due - avvenuta nel quartiere di Dahia a Beirut -, perché stava aspettando di vedere l’esito dei colloqui tra Hamas e Israele e aveva bisogno di tempo per vedere se «l’asse della resistenza» composto dall’Iran e dai suoi delegati regionali avrebbe risposto contemporaneamente o separatamente. Negoziati che sono ripresi al Cairo ad alto livello. Hamas ha lodato l’attacco del gruppo libanese e si è recato in Egitto ad ascoltare, anche se non prende ufficialmente parte ai colloqui. Hezbollah ha più volte detto che un accordo a Gaza, fermerebbe anche la guerra al nord che il gruppo sciita ha scatenato dall’8 ottobre come sostegno ad Hamas a Gaza.
Questa sera la delegazione israeliana è tornata dal Cairo e ha incontrato Netanyahu per definire le prossime mosse. Hamas, per bocca del suo portavoce Osama Hamdan, ha fatto sapere che respinge le nuove condizioni, rimanendo sulle proprie posizioni. Parlando ad Al-Aqsa TV, Hamdan ha detto che l’ottimismo americano sulla conclusione positiva dei colloqui con un accordo, serve solo agli scopi elettorali americani, dichiarando false le voci di una intesa imminente. Il terzetto di mediatori americano, egiziano e qatarino sono ancora convinti della possibilità di una intesa. Israele ha ridimensionato alcune richieste sul controllo del corridoio Filadelfi, il confine tra Egitto e Gaza, dal quale entrano a Gaza armi e soldi. Egitto e Qatar stanno facendo pressioni sul capo di Hamas, Yahaya Sinwar, affinché accetti l’accordo. Lo stesso stanno facendo gli americani e i servizi israeliani su Netanyahu, perchè accetti di ridurre la presenza dell’esercito a Gaza.