Sanità

Braccio di ferro pubblico-privato sulla riduzione dell’orario di lavoro

Il passaggio a 46 ore settimanali per i medici assistenti dell’Ente ospedaliero cantonale non verrà applicato dalle cliniche – L’Associazione dei capiclinica ha scritto al Governo: «Se non si adeguano, perdono i mandati di prestazione» – Camponovo replica: «Non siamo tenuti ad allinearci»
©CHRISTIAN BEUTLER
Martina Salvini
23.01.2025 06:00

Negli ultimi tempi, sembra essere in atto un vero e proprio braccio di ferro tra il settore pubblico e le cliniche private. E a dirimere la questione potrebbe essere il Consiglio di Stato. Oggetto del contendere è il nuovo Contratto collettivo di lavoro concordato tra l’Associazione ticinese dei medici assistenti e capiclinica (ASMACT) e l’Ente ospedaliero cantonale. O meglio, un aspetto particolare del nuovo CCL, ossia quello relativo all’orario lavorativo di medici assistenti e capiclinica. Sì, perché il contratto entrato in vigore ormai due anni fa prevede una serie di miglioramenti, tra cui una riduzione dell’orario di lavoro da 50 ore alla settimana a 46. O meglio, come tiene a precisare la presidente dell’ASMACT, la dottoressa Giorgia Lo Presti, «di 42+4, visto che 4 ore settimanali sono rivolte espressamente al perfezionamento professionale». La riduzione dell’orario settimanale, ricorda Lo Presti, «era stato pattuito già nel 2023 con l’EOC, il quale aveva però chiesto di avere due anni di tempo per potersi organizzare». Dal 1. gennaio di quest’anno è diventato realtà. Ma non per tutti. «Le cliniche private sono intenzionate a non applicare la riduzione dell’orario. Non ci è arrivata alcuna comunicazione scritta, ma pare proprio vogliano fare orecchie da mercante», dice la dottoressa Lo Presti. Eppure, sostiene, non potrebbero farlo: «Le cliniche private, benché non abbiano un CCL, sono comunque tenute a offrire condizioni di lavoro conformi al contratto collettivo se vogliono mantenere i mandati di prestazione. Di conseguenza, ci aspettiamo che si adeguino».

Per chiarire la questione, prosegue la presidente di ASMACT, è stato interpellato direttamente il Consiglio di Stato. «Abbiamo scritto al Governo, chiedendo una presa di posizione. A nostro avviso si tratta di una chiara violazione rispetto a quanto è previsto dalla legislazione sanitaria cantonale: per l’assegnazione dei mandati di prestazione statali, infatti, anche le cliniche private devono offrire condizioni almeno equivalenti ai contratti collettivi di riferimento. Di conseguenza, contratto collettivo o meno, anche i privati dovranno rivedere la durata settimanale del lavoro al ribasso se non vogliono perdere i mandati».

L’Associazione dei medici assistenti e capiclinica ribadisce l’importanza del «passo avanti» compiuto dall’EOC, «che fa del Ticino uno dei pionieri a livello Svizzero». «Innanzitutto, la riduzione dell’orario permette di conciliare meglio la vita professionale con quella privata. In più, il fatto di destinare 4 ore alla settimana alla formazione è per noi imprescindibile: consente ai giovani medici di progredire più rapidamente verso il titolo di specialista e, grazie al perfezionamento professionale, di garantire una migliore qualità delle cure ai pazienti». Per quanto riguarda un eventuale aumento dei costi, Lo Presti chiarisce: «Non è così. L’EOC ha dimostrato che non sono necessarie nuove assunzioni, semplicemente si tratta di ottimizzare i processi, snellendo le procedure ed eliminando l’eccessiva burocrazia che ci sta fagocitando».

«Non pensiamo che serva»

Di parere diverso, come detto, le cliniche private. «Noi non abbiamo un CCL per i medici assistenti e non abbiamo previsto al momento adeguamenti ai contratti in essere», spiega Christian Camponovo, direttore del Gruppo Ospedaliero Moncucco, le cui posizioni sono condivise anche dai colleghi delle altre cliniche private. «Per ovvie ragioni non pensiamo che la professione di medico richieda una regolamentazione tipica di un contratto collettivo di lavoro, di solito riservato a volumi di lavoratori maggiori e per situazioni nelle quali vi sono problematiche a livello salariale o di condizioni di lavoro». Per quanto riguarda invece l’introduzione del nuovo orario, Camponovo appare scettico, soprattutto perché «ridurre l’orario di lavoro di quasi il 10% a parità di salario significa aumentare il costo orario del personale e quindi delle prestazioni di cura in un momento in cui il sistema si trova già al limite del sopportabile». Quindi Camponovo ritiene che «o di pari passo si aumenta la produttività, o questa misura rappresenta un aumento dei costi che il sistema non può permettersi senza rischiare che qualcosa si rompa nel sistema».

Ma è soprattutto su un altro punto che il direttore intende replicare, quello relativo al rispetto della legislazione cantonale, che secondo l’Associazione dei medici assistenti non sarebbe rispettata dalle cliniche private. «La Legge di applicazione della legge federale sull’assicurazione malattie (LCAMal) all’articolo 66 g (capoverso 3) recita: ‘‘La sottoscrizione di un contratto di prestazione, nella misura in cui i rapporti di impiego non sono disciplinati da normative di diritto pubblico, è subordinata alla verifica del rispetto delle condizioni di lavoro usuali del settore (...)’’. Ora, il fatto che qualcuno abbia sottoscritto un contratto più vantaggioso di quello in vigore in precedenza non significa che sia usuale e che quindi tutti gli altri si debbano allineare. Piuttosto, significa che devono essere rispettate le condizioni applicate dalla maggioranza degli ospedali e delle cliniche della Svizzera. Al proposito, posso confermare che oggi le condizioni offerte in Ticino dalle cliniche private sono sicuramente in linea con quelle garantite nel resto della Svizzera». Anzi, sottolinea, «nel nostro cantone i salari per i medici assistenti sono addirittura più elevati. Non credo sia corretto, quindi, sostenere che le cliniche private debbano allinearsi a quanto previsto dal CCL adottato dall’EOC, quando le condizioni da noi offerte sono perfettamente in linea con quelle del resto della Svizzera, se non addirittura migliori».

Insomma, il direttore del Gruppo Moncucco non concorda con le critiche e con la soluzione proposta. Che dire, invece, della maggiore attrattività dell’EOC, in grado oggi di offrire una settimana lavorativa più corta? Camponovo non si dice troppo preoccupato. «In Ticino la maggior parte dei medici assistenti proviene dall’Italia perché è risaputo che formiamo troppo pochi medici in Svizzera. Questo è e resta il vero problema che interessa tutte le strutture. Per il resto, noi offriamo salari inferiori all’EOC, ma superiori alla maggior parte dei nosocomi del resto della Svizzera e quindi penso che possiamo, se il salario è il punto centrale, competere con molti altri cantoni». In generale, comunque, «succede regolarmente che il personale si sposti da un istituto all’altro, passando dal pubblico al privato e viceversa. Fa parte del gioco, ma a mio avviso non è solo il salario a essere determinante nella scelta, non almeno per i medici».

La palla passa al Cantone

A questo punto, l’ultima parola spetterà al Consiglio di Stato. Da noi contattato, il Dipartimento della sanità e della socialità guidato dal consigliere di Stato Raffaele De Rosa conferma di aver già ricevuto la lettera da parte dell’Associazione dei medici assistenti e capiclinica. «Ora valuteremo nel merito la questione, svolgendo i necessari approfondimenti».