Italia

Briatore contro Sorbillo: qual è la migliore pizzeria d’Italia?

Flavio Briatore non è un pizzaiolo, a lui più delle buone critiche interessa che i suoi Crazy Pizza siano pieni: e l'apertura di un nuovo locale a Napoli è diventata il pretesto per l’ennesima polemica con Gino Sorbillo
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Stefano Olivari
31.03.2024 06:00

Tutti i pizzaioli d’Italia sono convinti di proporre la migliore pizza d’Italia. Ma Flavio Briatore non è un pizzaiolo, a lui più delle buone critiche interessa che i suoi Crazy Pizza siano pieni. E così l’annunciata apertura di un nuovo locale a Napoli è diventata il pretesto per l’ennesima polemica con Gino Sorbillo, con l’ugualmente mediatico Sorbillo a questo giro nella parte del napoletano custode della tradizione. Chi ha ragione? Ma soprattutto, quali sono le migliori pizzerie d’Italia?

Crazy Pizza

Aprire una catena di pizzerie non è esattamente un’idea innovativa, ma quando nel 2019 Briatore inaugurò il primo Crazy Pizza a Londra non aveva certo in mente un posto a buon mercato dove portare la famiglia. Fin da subito la sua idea è stata quella di puntare su un target alto, almeno a livello di spesa, e di rendere cool la pizza, da servire in un ambiente elegante e con qualche richiamo, non troppi, al mondo Billionaire. Nonostante il periodo Covid preso in pieno, Crazy Pizza ha resistito ed oggi, in attesa di Napoli e del Bahrein, e aperto dopo Londra a Monte Carlo, Porto Cervo, Roma, Catania, Doha, Riad, Kuwait City ed ovviamente a Milano, dove un milanese medio può stupirsi per i prezzi ma dove invece uno svizzero ha quasi la sensazione di risparmiare: margherita a 16 euro e parmigiana a 24, per poi salire quando salgono di prezzo gli ingredienti, con la pizza al tartufo a 55 euro e quella al pata negra a 68. Pizza di tipo basso, con il bordo croccante, quella che in Italia si definisce ‘Alla egiziana’ perché così la fanno i pizzaioli egiziani di periferia, i veri rivali dei napoletani. Certo nei Crazy Pizza si va per guardare e farsi guardare, soprattutto di sera, nella peggiore delle ipotesi per farsi un selfie dicendo di essere stati nel locale di Briatore: tutto su Instagram, per chi non ci credesse. Però stando al gossip del mondo della ristorazione Briatore si aspettava un successo maggiore e adesso vorrebbe vendere, quindi queste nuove aperture servono soprattutto a trasmettere un messaggio di salute e successo prima di sedersi al tavolo delle trattative.

Sorbillo

In ogni caso interessante la disfida con Sorbillo, perché fra i due il tradizionalista (raro trovare nel suo menu una pizza ‘strana’) è Briatore e l’innovatore è Sorbillo, criticato dai puristi napoletani per la sua pizza all’ananas, in realtà inventata negli Stati Uniti degli anni Sessanta. Critiche, con i vecchi maestri pizzaioli e Briatore dalla stessa parte della barricata, a cui Sorbillo ha risposto proponendo una pizza al ketchup: fiordilatte campano, salame Napoli e appunto ketchup. Certo nei tanti locali di Sorbillo le pizze classiche non mancano, sia pure con quell’enfasi sul ‘territorio’ che porta a sconfinare nel ridicolo a colpi di ‘DOP’, ‘artigianale’ e ‘biologico’. Certo i locali di Sorbillo sono puliti normalissimi, poco impostati, anche quelli frequentati da VIP: non ha stupito che nella sua recente apparizione milanese Jeff Bezos e il suo staff siano andati a pranzare in uno dei Sorbillo, di fianco ad impiegati in pausa pranzo che se non riescono ad arrivare alle 12:59 devono mettersi diligentemente in coda (di solito non si può prenotare, ma crediamo che per il signor Amazon sia stata fatta un’eccezione). Insomma, le parti continuano a scambiarsi e Sorbillo ridiventa tradizionalista quando critica Briatore per l’uso del nome Vesuvio in una delle sue pizze, parlando di appropriazione culturale, avendo forse orecchiato qualche delirio woke. Con tanto di risposta trash del signor Billionaire, che ha letto (in un caso in maniera sbagliata, dicendo ‘Piennòlo’ invece di ‘Piénnolo’: si tratta nella sostanza di un pomodorino) gli ingredienti della sua Vesuvio, campani, anzi campanissimi, e rispettosi della tradizione più dell’ananas di Sorbillo.

Migliori

Ma al di là di queste antipatie, benzina per i social network, dove si mangia la migliore pizza d’Italia? La risposta delle guide e degli esperti non è univoca. Secondo la ‘Top 50 pizza’ la migliore pizzeria d’Italia è la Diego Vitagliano di Napoli, con la margherita a 8,50 euro, la seconda quella di Simone Padoan, I Tigli, a San Bonificio (Verona), con la margherita a 29 euro, la terza la Seu Illuminati di Roma, prima però nel sottocampionato della pizza in teglia. A tiro di Canton Ticino due pizzerie milanesi, rispettivamente undicesima e diciassettesima in classifica. Si tratta di Confine, in centro, che punta moltissimo sull’abbinamento con vini (e del resto il guadagno vero lo si fa con le bottiglie), e di Denis, in zona Brera, che punta su pizze con ingredienti di montagna e su altre con abbinamenti creativi, come la pizza agrumata. Secondo il Gambero Rosso, che comunque considera molto Padoan, la migliore pizzeria d’Italia è invece la Pepe in grani di Franco Pepe, a Caiazzo (Caserta). Il Gambero Rosso allarga un po’ lo sguardo e considera svizzera la miglior pizzeria fuori dall’Italia: si tratta della Napulé di Meilen (Canton Zurigo), che spesso vede all’opera il fondatore Raffaele Tromiro, nato a Napoli e vincitore di tantissimi premi. La Napulé con i locali successivi è arrivata anche in Ticino, a Locarno.

Business

Con la pizza si guadagna? Domanda che ha cittadinanza, vista la quantità di nuove aperture in un contesto economico e demografico più o meno uguale a prima. La risposta è sì. Anzi, i grandi chef sostengono che sia uno dei pochi settori della ristorazione in cui si guadagnano cifre importanti se si ha l’intelligenza e l’umiltà di fare i pizzaioli senza ambizioni (sbagliate) di ristorazione a 360 gradi, con quei menu chilometrici da anni Settanta-Ottanta e la terrificante insegna ‘Pizzeria-Carne-Pesce’. La statistica dice che tutti si sentono creativi ma che sui grandi numeri ogni 10 pizze ordinate le margherite sono 7. E siccome stiamo parlando di 5 miliardi di pizze all’anno nel mondo, di cui 2,7 solo in Italia, escludendo dal conteggio quelle surgelate o comunque non provenienti dal ristorante, si capisce perché sia un buon affare. Mettendo tutto insieme si stima che le pizze mangiate ogni anno nel mondo siano circa 50 miliardi, mercato coperto dalle pizzerie più o meno tradizionali soltanto per il 10%.