Buco all'Oceano: due anni sospesi

«Lui nella società aveva il potere di fare. E determinate cose le ha fatte». Quando il giudice Siro Quadri ha pronunciato queste parole, è stato chiaro che l’ex direttore dell’Oceano di Pazzallo, processato il 30 luglio con l’accusa di aver sottratto oltre un milione dalle casse della società, sarebbe andato incontro a una condanna. Restavano da capire le motivazioni e l’entità. Quest’ultima è di ventiquattro mesi sospesi per tre anni, a cui si aggiunge un risarcimento di 54 mila franchi alla Bar Oceano SA. Per ulteriori pretese finanziarie, il solito rimando alla sede civile. «La contabilità della società è stata gestita senza scienza né coscienza, e nemmeno correttezza» ha commentato Quadri, che ha sottolineato una contraddizione in particolare: «Lo stile di vita dell’imputato non era certo parsimonioso, ma il suo salario non era sufficiente per giustificare tutte quelle spese».
«Vivevo a trecento all’ora» aveva del resto dichiarato l’ex direttore del postribolo, difeso dall’avvocato Giuseppe Gianella. «Con questa costellazione – ha riassunto il giudice – non si poteva che ritenere fondato l’atto d’accusa» firmato dalla procuratrice pubblica Caterina Jaquinta Defilippi. L’unica ipotesi di reato che non ha retto è stata quella di riciclaggio. «Rimane una sensazione strana – ha detto Quadri – ma non basta per dire che l’invio di quei soldi in Romania avesse un filo diretto con il reato a monte».