Interrogazione

Burocrazia e regolamentazione crescente, il Governo vuole davvero aiutare i Comuni?

I deputati Alessandro Speziali (PLR) e Giuseppe Cotti (Centro) chiedono al Consiglio di Stato di avviare un’analisi del quadro normativo vigente
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
20.11.2024 22:30

Il tema dell’interrogazione, stringi stringi, ancora una volta, riguarda il rapporto tra Cantone e Comuni. Il testo, inoltrato dai deputati Alessandro Speziali (PLR) e Giuseppe Cotti (Centro) solleva la questione, non nuova a dire il vero, dell’eccessiva e crescente burocratizzazione: un fenomeno che, per sua natura, «ha generato la necessità dell’emanazione di tutta una gamma di leggi e regolamenti, talvolta asfissianti e opprimenti». Così, nel 1991, si esprimeva Eros Ratti, citato nell’atto parlamentare come premessa di un ragionamento lucido che, in definitiva, chiede al Consiglio di Stato se intende «realmente» prendere in esame la questione. I due deputati, con una serie di esempi molto pratici mostrano come, ormai, «le normative siano diventate sempre più dettagliate e rigide», in ogni campo, «con un impatto sulla flessibilità operativa degli enti locali e dell’economia privata» e, spesso, anche dello Stato. Qualche esempio? «Nei settori dell’edilizia, della pianificazione territoriale e persino dell’educazione, la complessità normativa impone obblighi gravosi, comportando costi e rallentamenti sia per le amministrazioni locali sia per i privati, con un effetto disincentivante sugli investimenti e sulle iniziative di sviluppo». In ambito edilizio, per esempio, le normative impongono spesso parametri stringenti riguardo a spazi, materiali e criteri di sicurezza e salubrità per edifici sia pubblici che privati, «senza considerare le specificità dei singoli contesti o l’effettiva necessità delle misure». Per non parlare, poi, della procedura di approvazione dei Piani regolatori o, ancora, le misure introdotte in ambito educativo «che, se da un lato rispondono a esigenze di monitoraggio e trasparenza, dall’altro impongono un carico amministrativo significativo, non solo ai docenti ma anche al personale di supporto e ai dirigenti scolastici». Secondo Speziali e Cotti, occorre prendere atto che «un’eccessiva regolamentazione (e centralizzazione) può generare inefficienze, oltre che rallentare lo sviluppo e complicare l’attuazione di interventi utili per la comunità».

Gira e rigira

Un discorso che, di sponda (ma non troppo, a dire il vero), era entrato anche nella dura presa di posizione dell’Associazione dei Comuni all’indirizzo del Consiglio di Stato lo scorso 31 ottobre: «Il Cantone, colpito da una sorta di bulimia normativa, tende a introdurre in diversi ambiti nuove regole, avocando a sé le decisioni e delegando ai Comuni compiti di puro e semplice controllo che implicano l’aumento dei loro apparati amministrativi, senza tuttavia dare agli Enti di prossimità reali poteri decisionali». Parole dure che sottolineavano come «il Comune viene così progressivamente ridotto a puro sportello locale del Cantone, snaturandone la sua principale funzione di prima autorità al servizio del cittadino». Un’autorità da recuperare assieme a quel margine di manovra che, per contro, la crescente burocratizzazione ha contribuito negli anni a erodere. Ed è proprio su «una possibile semplificazione del sistema, senza pregiudicarne la qualità e la sicurezza» che l’atto parlamentare invita quindi il Consiglio di Stato a riflettere. Secondo i deputati, in prima battuta, occorre affrontare un’analisi del quadro normativo attuale per capire se questo sia «effettivamente aderente alle necessità del territorio». È un lavoro che l’Esecutivo intende promuovere realmente? E ancora: «Quali iniziative specifiche sono previste per alleggerire l’onere burocratico in settori particolarmente gravati da normative dettagliate?». Sia chiaro - spiegano i deputati - non si tratta di alleggerire per il gusto di farlo. Si tratta di «valutare la necessità di tali normative in una prospettiva di sussidiarietà, assicurando che gli interventi legislativi siano veramente indispensabili e non possano essere gestiti più agevolmente a livello locale». E ciò nella convinzione che l’attesa riforma di Ticino 2020 potrebbe essere lo strumento per intavolare immediatamente queste riflessioni e delineare delle semplificazioni normative già a breve termine. «Non darebbe un colpo di vitalità anche alla riforma stessa?», concludono i deputati.