Caccia bassa nel mirino: «Serve un approccio più moderno»
La caccia bassa, in futuro, potrebbe essere ben diversa da quella che conosciamo. Proprio in queste settimane, infatti, la Federazione ticinese dei cacciatori (FCTI) e il Dipartimento del territorio stanno portando avanti le discussioni per impostare un nuovo regolamento venatorio, valido per i prossimi tre anni, che dovrebbe introdurre una serie di normative per il periodo della caccia autunnale. «Con l’Ufficio caccia e pesca - premette il presidente della Federazione dei cacciatori Davide Corti - oggi i rapporti sono ottimi, e ci stiamo impegnato a collaborare per gestire in modo oculato le specie più sensibili». Proprio in questa direzione va la nuova strategia per la caccia bassa. «È un sistema di caccia molto delicato, perché alcune specie soffrono in modo particolare il cambiamento climatico, ma anche la diminuita diversità genetica nelle popolazioni. Al momento, tutte le specie sembrano godere di una certa stabilità per quanto riguarda gli effettivi, ma pensando al futuro occorre comunque affrontare il tema di una modernizzazione della caccia bassa». Le valutazioni, dice Corti, sono alle battute iniziali. Ma l’indirizzo in cui si vuole andare è quello di una maggiore regolamentazione. «L’abbattimento di determinate specie potrà continuare solo se saremo certi che sia scientificamente sostenibile. Insomma, la sola tradizione oggi non è più sufficiente a giustificare questo tipo di caccia; devono esserci basi scientifiche che la legittimino».
Dagli anni ’70 e ’80, ricorda il presidente dei cacciatori, vi è stata una continua erosione delle specie cacciabili. Oggi è autorizzata la cattura di volpi, tassi, faine, lepri e conigli selvatici. Per gli uccelli, invece, possono finire nel mirino dei cacciatori i fagiani di monte, le beccacce, i piccioni, i colombacci, le tortore, le cornacchie, i corvi imperiali, i germani reali e i cormorani. «Non credo che oggi vi sia la necessità di restringere ulteriormente questo elenco. Semmai, potremmo pensare a inserire dei contingenti, o introdurre l’obbligo di notifica dei capi abbattuti e delle ore di caccia dedicata per ogni specie. Cercando, insomma, di ottenere tutta una serie di dati che ci possano fornire una valutazione molto più precisa di cosa sta capitando sul territorio». L’idea è di arrivare con il nuovo pacchetto - valido dal 2025 al 2027 - tra febbraio e marzo.
Basi più scientifiche
«La caccia bassa, da qui a dieci anni, si modificherà parecchio», ammette Corti. «Se sopravviverà o meno dipenderà da come la si vorrà impostare. Una caccia bassa intesa come la possibilità di abbattere uccelli o animali di piccola taglia in modo autonomo, senza l’ausilio dei cani e senza un controllo costante e preciso, verrà meno. Invece, una caccia bassa moderna, esercitata con maggiore attenzione alla particolarità delle specie, alla cinofilia e nella quale l’abbattimento rientra in un monitoraggio scientifico, potrà essere ancora praticabile». Di certo, sottolinea, «dovrà essere una caccia fatta da cacciatori consapevoli di aver assunto questo ruolo. Alla stregua di quanto oggi avviene già per la caccia alta». La raccolta di dati, prosegue, permetterà anche di intervenire per tempo, limitando - se fosse necessario - la cattura di alcune specie: «Riteniamo sia arrivato il momento che la caccia venga impostata su basi scientifiche e moderne. Dobbiamo però anche essere pronti ad ascoltare la scienza: se il monitoraggio dovesse indicarci un rischio per alcune specie, dobbiamo essere pronti a fermarci».
L’impegno sui cinghiali
Oltre a una migliore gestione delle specie a rischio, i cacciatori sono impegnati in queste settimane nell’abbattimento dei cinghiali. Dall’inizio del 2024, sono stati catturati oltre duemila esemplari. Ma tra le autorità c’è preoccupazione, in quanto le catture non hanno portato all’auspicata riduzione degli effettivi secondo la strategia di prevenzione contro una potenziale epidemia di peste suina africana. Dal 16 novembre al 22 gennaio, quale incentivo, le autorità cantonali hanno quindi deciso di offrire ai cacciatori un punto agevolato di ritiro delle prede al Centro della Protezione civile a Rivera. Gli animali considerati idonei al consumo vengono ritirati e remunerati con un compenso di 4 franchi al kg. «Il cacciatore, di principio, non caccia per vendere la carne. Ma non è neppure disposto a uccidere un animale senza che la carne della preda venga adeguatamente valorizzata», dice Corti. «Per questa ragione si è pensato di introdurre questa possibilità, che consente ad esempio ai cacciatori con i congelatori ormai pieni di non buttare la carne. Un prodotto, ricordo, pregiato, oltre che a chilometro zero». Il sistema, prosegue il presidente della FCTI, sembra dare i suoi frutti. Tanto che le consegne al punto di raccolta sono già una ventina. «L’auspicio, ora, è che questo metodo possa essere esteso ad altre specie, come il cervo. Anche in questo caso si tratta di ungulati problematici per via dei danni, in particolare al bosco, ed è carne di selvaggina pregiata e salutare». Più in generale, nel tentativo di scongiurare l’arrivo in Ticino della peste suina africana, i cacciatori stanno collaborando con il Cantone su due livelli. «Da un lato, sul piano degli abbattimenti, in modo da raggiungere gli obiettivi di una diminuzione percentuale dei cinghiali sul territorio. La densità di questa specie si aggirava infatti tra i 10 e i 14 animali al chilometro quadrato, a fronte di una quota ottimale di 1-2 capi al chilometro quadrato». Da questo punto di vista, «sono stati fatti grossi progressi negli ultimi anni, ma non abbiamo ancora raggiunto la soglia imposta da questa crisi». Dall’altro lato, i cacciatori svolgeranno un monitoraggio importante, soprattutto per la ricerca e lo smaltimento delle carcasse in caso di apparizione dell’epizoozia: «Siamo un po’ le sentinelle del territorio. Con l’attività di caccia e le regolari opere di ripristino degli habitat, infatti, conosciamo e ci spingiamo in zone meno battute e frequentate dalla popolazione, riuscendo così a controllare anche le porzioni di territorio più impervie».