Il vertice

Cambiano le ambizioni dei BRICS, ma l’Europa frena: «Un fallimento»

Concluso a Kazan l’incontro delle economie emergenti: è emerso con forza l’intento di costituire un polo geopolitico contrapposto all’Occidente, ma all’interno non mancano i dissidi e le lotte di potere - Putin gela Guterres: «Illusorio che la Russia perda la guerra»
©ALEXANDER NEMENOV / POOL
Marta Ottaviani
25.10.2024 06:00

Da qualunque parte la si guardi, il vertice dei BRICS, che si è tenuto a Kazan, in Russia, negli ultimi tre giorni, ha rappresentato un punto di svolta negli equilibri mondiali, in attesa del voto americano e con il presidente russo, Vladimir Putin che, a distanza, ha già strizzato l’occhio a Donald Trump. L’acronimo che identifica il club delle economie emergenti, coniato dall’economista della Goldman Sachs, Jim O’Neill nel 2001, inizia ad andare stretto. I Paesi membri sono diventati 10. Ma, soprattutto, sono cambiate le ambizioni. Se prima era un club economico, adesso l’intento di costituire un polo geopolitico contrapposto all’Occidente è evidente. Vladimir Putin, lo ha detto chiaramente: c’è un nuovo ordine mondiale, multipolare, che si sta costituendo e si tratta di un processo in divenire e inevitabile. A dargli man forte, c’è l’omologo cinese, Ji Xinping. I due leader sono stati i mattatori indiscussi della tre giorni. Il numero uno di Pechino ha definito Putin «un grande amico», ripetendo il consueto schema con il quale la Cina si tiene buona la Russia ormai da anni: trattarla come una superpotenza con pari grado e dignità nella forma, usarla come un vassallo nella sostanza. Il cosiddetto Global South, insomma, chiede il suo posto nel mondo e ieri, nell’ultima giornata di vertice, la presenza del segretario generale ONU, Antonio Guterres, a Kazan per incontrare Putin e parlare dei conflitti in corso, ha validato queste ambizioni. Il tutto con buona pace di Kiev, che ha accusato il numero uno del Palazzo di Vetro di avere tolto credibilità alle Nazioni Unite, partecipando a un summit dove gli invitati sono tutti leader alla testa di Paesi poco democratici.

Dal canto suo, Guterres ha detto a Putin che in Ucraina occorre una «pace giusta» che tenga conto del diritto internazionale e delle risoluzioni dell’ONU, chiedendo anche un «immediato cessate il fuoco» a Gaza e «un’immediata cessazione delle ostilità» in Libano. Le sue parole non sembrano avere avuto un grande effetto sul presidente russo, che nella conferenza stampa finale ha gelato le aspettative di Guterres sottolineando come la Russia stia avanzando in territorio ucraino e come la pace debba «partire dalla realtà», quindi dalle conquiste di Mosca.

Il ruolo ambiguo della Cina

Il messaggio principale della tre giorni sta tutto nella risoluzione approvata due giorni fa dai partecipanti. Nel documento si chiede «una partecipazione più attiva e significativa dei Paesi con economie emergenti, per i Paesi in via di sviluppo e per quelli meno sviluppati, in modo particolare per i Paesi africani, latinoamericani e caraibici, nelle strutture e nei processi globali decisionali». Il presidente Xi ieri ha rincarato la dose, spiegando che i BRICS devono rappresentare «una forza stabilizzatrice per la pace ed esplorare soluzioni ai problemi critici che affrontino sia i sintomi che le cause profonde».

L’Unione europea, intanto, attacca e accusa Putin di aver utilizzato l’appuntamento come kermesse per uscire dall’isolamento internazionale di cui è vittima la Russia da quando ha invaso l’Ucraina. Non per nulla, nel suo intervento conclusivo di ieri, il numero uno del Cremlino ha usato toni molto aggressivi, ribadendo che è «illusorio» pensare che Mosca possa perdere la guerra contro Kiev, mentre in Medioriente si rischia la «guerra totale». Un avvertimento a Washington e, nel secondo caso, un assist all’alleato iraniano. Il presidente di Teheran, Massud Pezeshkian, ha definito l’ONU «insufficiente per risolvere il conflitto in Medioriente ».

E se Putin e Xi sognano un mondo a trazione russo-cinese, con la prima a fare solo da comparsa, l’Unione europea ha bollato il summit come un «fallimento». Il portavoce della Commissione ha notato come nella dichiarazione di Kazan «non emerga una posizione unitaria sulle guerre in corso ». Tutti i torti non li ha, anche se fallimento è un termine esagerato. A volerla dire tutta, i BRICS non sono quel monolite che appaiono dall’esterno. Le differenze fra i componenti dell’organizzazione sono considerevoli, soprattutto se si parla di rapporto con l’Occidente. Alla linea belligerante e prevaricatrice di Mosca e di Pechino, si contrappone quella dell’India e del Brasile, per nulla intenzionati a mettersi di traverso a Bruxelles e a Washington. Ci sono poi le rivalità interne. In questo momento dei BRICS fanno parte anche Arabia Saudita e Iran, che hanno interessi contrapposti e il Brasile ha posto il veto sull’ingresso del Venezuela.

Si affaccia la Turchia

Il presidente Putin ha annunciato che altri 30 Paesi sono interessati all’ingresso. Fra questi potrebbe esserci la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, mentre il Kazakhstan ha detto di non essere interessato e non è un particolare di poco conto, considerata la sua vicinanza a Mosca, ma anche il fatto che rappresenta il Paese più importante dell’Asia Centrale, intenzionato a rimanere in buoni rapporti con Washington.

Una banca di sviluppo

Rimane da vedere i passi che verranno fatti in futuro per fare evolvere il gruppo. Xi lo ha capito molto bene e punta sull’implementazione della Nuova banca di sviluppo (Ndb), la banca dei BRICS, che dovrebbe sovvenzionare progetti nei Paesi membri. «Occorre mantenere un elevato livello di sicurezza finanziaria – ha spiegato il numero uno di Pechino –, rendere la New Development Bank più grande e più forte e promuovere il sistema finanziario internazionale per riflettere meglio i cambiamenti nel panorama economico mondiale». Bisogna vedere se la leva dello sviluppo e del benessere porterà i membri dei BRICS a sposare anche la linea antioccidentale mostrata a più riprese, e sempre con maggiore insistenza, da Mosca e Pechino.

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