Politica

Canapa, il Cantone si chiama fuori

Respinta dal Gran Consiglio la mozione che chiedeva al Consiglio di Stato di accompagnare i due progetti pilota ticinesi per il consumoricreativo della cannabis - Forini (PS): «Chiediamo solo un atto di pragmatismo» - Filippini (UDC): «Progetto ideologico che rischia di fare danni»
©ROBIN VAN LONKHUIJSEN
Martina Salvini
24.03.2025 19:34

Se anche l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) dovesse dare il via libera alla sperimentazione in Ticino della canapa a scopo ricreativo, il Cantone non avrà alcun ruolo attivo. Oggi infatti il Gran Consiglio ha approvato (con 46 voti favorevoli, 35 contrari e 2 astenuti) il rapporto di maggioranza che chiedeva di non dare seguito alla mozione - inoltrata nel 2017 dall’allora deputato PS Carlo Lepori, poi ripresa da Laura Riget - che chiedeva al Governo di accompagnare la sperimentazione sul nostro territorio. «Negare una realtà non è mai una soluzione», ha esordito la co-presidente del PS Laura Riget, spiegando che «possiamo far finta che non esista, ma la verità è che oggi il consumo di cannabis è diffuso e il proibizionismo ha fallito, aggravando anzi il problema». Un concetto ribadito dalla co-relatrice del rapporto di minoranza Giulia Petralli (Verdi), secondo la quale «non deve essere una questione ideologica, ma di salute pubblica». Il Ticino, ha ricordato, «ad oggi non ospita alcun progetto pilota, lasciando un vuoto significativo nella raccolta di dati». Quella che si prospetta, con l’eventuale via libera alle due sperimentazioni, «è un’opportunità per farci trovare pronti e un passo necessario perché il dibattito si basi su dati completi». Al di là di convinzioni personali, le ha fatto eco il co-relatore Danilo Forini (PS), «chiediamo un atto di pragmatismo». Infatti, ha spiegato, «non stiamo votando sull’ipotesi che il Cantone si faccia promotore diretto, né si sta investendo lo Stato del compito di distribuire la cannabis. Chiediamo solo che gli attori sul territorio accompagnino in maniera proattiva queste sperimentazioni». Per le casse del Cantone, ha quindi chiarito, «non vi sarà alcun costo aggiuntivo».

Di parere nettamente opposto, invece, la co-relatrice del testo di maggioranza, la democentrista Lara Filippini: «Normalizzare la canapa e presentarla come una sostanza addirittura sana significa cambiare la percezione del rischio e creare un problema serio per i giovani. Quanti milioni siamo disposti a gettare al vento per qualcosa che non serve? È un progetto velleitario, ideologico e rischia di fare danni». Da parte sua, il co-relatore Maurizio Agustoni (Centro) ha ricordato che, tenendo conto del numero di abitanti, per il Ticino avere due sperimentazioni sarebbe come averne 12 o 13 a Zurigo: «Nonostante ci siano già due privati, vogliamo che lo Stato ne faccia una terza?». Richiamando poi la Costituzione cantonale e il principio di sussidiarietà ha aggiunto: «Se qualcuno sta già portando avanti un compito, non tocca allo Stato impicciarsi. Accontentiamoci dei progetti pilota che già ci sono, considerando tra l’altro che la situazione finanziaria è quella che è».

Durante il dibattito, se il PLR ha lasciato libertà di voto, il Centro si è schierato compatto con il rapporto di maggioranza. «Investire risorse in questo settore non è per noi una priorità», ha detto Claudio Isabella. «Non farci trovare pronti su questo tema non sarebbe un problema, sono altre le situazioni in cui non dobbiamo perdere tempo». La legalizzazione della canapa, ha quindi evidenziato, «non è una battaglia di civiltà, né una soluzione ai problemi dei giovani». Un parere condiviso anche dall’UDC. «Davvero il Ticino, con i problemi che ha, deve ritagliarsi un ruolo nella sperimentazione?», ha chiesto Alain Bühler. «Noi scegliamo di non prestare il fianco a un atto parlamentare inutile». Per il co-presidente socialista Fabrizio Sirica, invece, «il tema non è dire sì o no alla canapa, ma scegliere se vogliamo stare alla finestra o contribuire al processo in corso». E ancora: «L’alternativa è lasciare migliaia di persone nelle mani del mercato nero, senza alcun controllo e tutela. Essere al passo con i tempi, invece, significa assumersi la responsabilità di governare i cambiamenti con rigore e scientificità». Avere una sperimentazione anche in Ticino, ha quindi osservato Nara Valsangiacomo (Verdi), «risponde al criterio di essere rappresentativi. Quale cantone di confine, il Ticino si presta bene per rilevare tendenze regionali». Favorevoli al testo di minoranza si sono dette anche Tamara Merlo (Più Donne), secondo cui «deve prevalere la cautela e la serietà, e per questo vale la pena che il Governo sia parte attiva in questi progetti», e Sara Beretta Piccoli (PVL), per cui «una regolamentazione della canapa potrebbe favorire una maggiore consapevolezza, assicurando che i prodotti siano controllati e sicuri».

Da parte sua, infine, il direttore del DSS Raffaele De Rosa ha ribadito l’approccio prudente del Governo sul tema: «Viene da chiedersi se sia opportuno destinare risorse cantonali, quando possiamo già beneficiare degli studi condotti in altri cantoni e se l’UFSP valuterà i progetti ticinesi possano essere autorizzati», ricordando che il Cantone «ha svolto un ruolo precursore sul tema e non è affatto impreparato sulla regolamentazione della canapa».

Sette progetti in corso

Attualmente, ricordiamo, sono sette le sperimentazioni in corso oltre San Gottardo, disciplinate da regole molto rigorose. Per esempio, hanno una durata di cinque anni, prorogabile per altri due. La partecipazione a ciascuno studio può essere al massimo di 5 mila persone, tutte maggiorenni e che fanno già uso di canapa. Nelle diverse città in cui è partito un progetto pilota si fa capo a diversi modelli di distribuzione: ci sono le farmacie, ma anche i cannabis social club e i negozi senza scopo di lucro. Le sperimentazioni possono essere svolte da organizzazioni private o pubbliche, ma è necessario anche il coinvolgimento di un istituto di ricerca riconosciuto.