Domande e risposte

Canone, concessioni, ripartizioni: il punto con l'iniziativa all'orizzonte

All'interno delle discussioni in vista del voto, proviamo a definire il quadro mediatico attuale in Svizzera – Oltre al settore pubblico, anche le emittenti private sono coinvolte in quest'epoca di grandi cambiamenti – Ne parliamo con Alessandro Colombi
© CdT/Gabriele Putzu
Paolo Galli
06.03.2024 06:00

«Il Consiglio federale respinge l’iniziativa popolare federale “200 franchi bastano! (Iniziativa SSR)”. L’iniziativa avrebbe effetti di vasta portata sull’offerta giornalistica e sul radicamento regionale della SSR. Tuttavia, in considerazione dell’onere finanziario che grava sulle economie domestiche, il Consiglio federale intende ridurre il canone a 300 franchi all’anno».

1. Eravamo rimasti a questo comunicato del Consiglio federale. Da allora si è parlato molto di ciò che potrebbe accadere al servizio pubblico, e quindi alla SSR. Meno, invece, del futuro delle emittenti private. Facendo un passo indietro, che cosa dice il testo dell’iniziativa popolare?

L’articolo 93 verrebbe modificato come segue: «Per finanziare i programmi radiotelevisivi che forniscono un servizio indispensabile alla collettività, la Confederazione riscuote un canone annuo di 200 franchi esclusivamente dalle economie domestiche di tipo privato. Le persone giuridiche, le società di persone e le imprese individuali non pagano alcun canone». E sulle emittenti private, si legge: «La quota del canone spettante alle emittenti radiotelevisive regionali private corrisponde almeno all’importo definito nelle loro concessioni prima dell’entrata in vigore della presente modifica costituzionale».

2. Anche le emittenti private fanno servizio pubblico?

Sì. Lo ricorda il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC). «Secondo il mandato di prestazioni costituzionale di cui all’articolo 93 capoverso 2 della Costituzione del 18 aprile 1999, il sistema radiotelevisivo deve contribuire all’istruzione, allo sviluppo culturale, alla libera formazione delle opinioni e all’intrattenimento, tenendo sempre conto delle particolarità del Paese e dei bisogni dei Cantoni». E quindi: «L’attuazione di questo mandato di prestazioni costituzionale avviene su due livelli. La SSR deve assicurare il servizio pubblico a livello nazionale o di regione linguistica, mentre le emittenti private devono garantirlo a livello locale/regionale. Per queste è a disposizione il 4-6 per cento dei proventi del canone. Le concessioni locali-regionali con un mandato di prestazioni e partecipazione al canone sono rilasciate nelle zone in cui le possibilità di finanziamento sono insufficienti. Per questo motivo esistono concessioni televisive regionali su tutto il territorio nazionale, mentre le concessioni radiofoniche locali sono disponibili unicamente nelle regioni periferiche».

3. Qual è oggi la ripartizione dei proventi dal canone tra SSR e le emittenti regionali?

Risponde Alessandro Colombi, CEO del Gruppo Corriere del Ticino: «Gli ultimi dati pubblici riportano una raccolta totale annua da tassa Serafe pari a 1.387 milioni di franchi, di cui l’86% (1.200 milioni) a favore di SSR, mentre alle emittenti radiotelevisive regionali viene distribuita una quota del 6% (pendente una mozione per portare la forchetta dal 4-6% al 6-8%), equivalente a 86 milioni. Questi 86 milioni vengono a loro volta distribuiti, in funzione di vari criteri, fra 38 emittenti radiotelevisive regionali. Fra queste figurano, per la Svizzera italiana, Teleticino, Radio3i e Radio Ticino. E fra le 10 radio complementari, dal 2025, vi sarà una radio della Svizzera italiana, Radio Gwen».

4. Che cosa cambierà con le prossime concessioni?

Come spiega ancora Colombi, i milioni riservati alle emittenti regionali, dal 2025 al 2034, verranno distribuiti a loro volta per il 56% alle televisioni e per il 44% alle radio (il 7% del 44% va alle radio complementari). Fino al termine dell’attuale concessione, in scadenza al 31.12.2024, il 56% a favore delle televisioni regionali era in realtà pari al 58% (2% su 86 milioni sono comunque 1,7 milioni, che se distribuiti in 13 parti uguali significano 130 mila franchi per ciascuna emittente). Va inoltre notato, per dare un quadro completo, che dei 1.200 milioni a favore della SSR, il 22% - pari a 270 milioni - va alla RSI a fronte di una contribuzione sulla tassa Serafe da parte della Svizzera italiana pari al 4% (da cui una perequazione finanziaria a favore della RSI del 18%). La quota parte a favore invece delle emittenti televisive e radiofoniche regionali della Svizzera italiana è pari al 7% degli 86 milioni dedicati alle 38 emittenti regionali.

5. Il meccanismo con il quale vengono erogati i sussidi pubblici alle emittenti regionali non premia il merito. È così?

«Ogni anno tale sussidio non può superare il 70% dei costi operativi riconosciuti dall’UFCOM, l’Ufficio federale delle comunicazioni». Facciamo un esempio per capire meglio. Alessandro Colombi: «Ammettiamo di avere un sostegno pubblico pari a 3 milioni di franchi come limite superiore e ammettiamo che i miei costi operativi riconosciuti sono pari a 4,3 milioni; facendo la divisione fra 3 e 4,3 milioni otteniamo una percentuale pari al 69,8%, al di sotto quindi della soglia del 70% e che quindi confermerebbe il contributo di 3 milioni. Se, a causa di un cambio organizzativo o a causa di servizi quali l’informatica o l’amministrazione a un costo minore, fosse possibile abbassare i costi operativi a 4 milioni, il rapporto fra sussidio pubblico di 3 milioni e i nuovi costi operativi sarebbe pari al 75%, al di sopra quindi della soglia consentita del 70%. La conseguenza sarebbe che l’emittente, virtuosa perché in grado di operare con costi inferiori, verrebbe penalizzata per 200 mila franchi (dovendo essere il sussidio non superiore al 70% dei costi riconosciuti pari a 4 milioni di franchi, se ne deduce che il sussidio si ridurrebbe a 2,8 milioni, pari appunto al 70% di 4 milioni)».

6. Come funzionano attualmente le concessioni?

La legge federale sulla radiotelevisione prevede un’apertura periodica del mercato mettendo a concorso le concessioni. Quelle attualmente in vigore, scadono proprio alla fine dell’anno. Lo scorso mese di gennaio, però, il DATEC ha comunicato di aver rilasciato 15 concessioni per le radio locali commerciali, 10 per le radio locali complementari senza scopo di lucro e 13 per le televisioni regionali. Le cosiddette «zone di copertura del servizio pubblico regionale» sono però state recentemente rielaborate in considerazione della digitalizzazione della diffusione radiotelevisiva e del rilascio di nuove concessioni. Il 16 settembre del 2022, il Consiglio federale ha adottato le zone di copertura modificate tramite una revisione parziale dell’ordinanza sulla radiotelevisione. Come sottolinea lo stesso DATEC, per quanto riguarda le radio, rispetto alle attuali concessioni, dal 2025 «non verranno più rilasciate concessioni senza partecipazione al canone». Che cosa significa? Alessandro Colombi: «Scritta in questo modo, la frase è fuorviante; la ragione per cui non verranno più rilasciate concessioni senza partecipazione al canone è semplicemente perché passando alla trasmissione al DAB+ non sussiste più il problema dello spazio limitato sulle frequenze FM che, infatti, vanno verso la chiusura definitiva con il 31.12.2026; e anche qui si potrebbero aprire lunghi dibattiti su questa decisione del DATEC che, chiaramente, svantaggia le emittenti radiofoniche di confine come appunto Radio3i che, inevitabilmente, a fronte dello spegnimento delle proprie antenne FM, vedrà un inserimento massiccio sul mercato di propria competenza da parte delle radio italiane che, invece, proseguiranno con la trasmissione attraverso FM. Comunque, la suddetta frase significa che, mentre fino alla fine del 2025 per poter trasmettere in FM era necessaria una concessione federale anche senza beneficio del canone, dal 1.1.2025 le radio potranno liberamente presentarsi sul mercato senza chiedere una concessione federale in quanto attraverso la trasmissione in DAB+ non sussiste il problema dello spazio disponibile delle frequenze. Tradotto: non è più l’UFCOM a gestire chi può o non può andare sul mercato, sarà sufficiente acquistare una frequenza in DAB+ e trasmettere».

7. Mentre per quel che riguarda la Tv, il numero delle zone di copertura per le televisioni regionali rimane invariato. È così?

Risponde ancora Colombi: «Sì, le zone di copertura per le televisioni regionali rimarranno le stesse anche per il decennio 2025-2034, con una importante penalizzazione per quanto riguarda però l’emittente regionale della Svizzera italiana, e cioè Teleticino. Se fino al 31.12.2024 Teleticino riceveva un contributo annuo totale di 4,4 milioni di franchi (canone 4,13 milioni, contributo alla titolazione per 264 mila e formazione per 24 mila franchi), con il nuovo metodo di calcolo e ripartizione Teleticino vedrà decurtato il contributo annuo a 3,9 milioni di franchi. Le ragioni sono tuttora per noi sconosciute, in quanto tale nuovo corso è frutto di riflessioni unilaterali senza alcun coinvolgimento degli attori interessati. Tradotto: non vi è stata nessuna consultazione. Semmai potevamo aspettarci un aumento del contributo annuo, visto che la televisione ha un costo di esercizio elevato, e Teleticino non è propriamente la televisione che può rischiare produzioni commerciali senza avere la necessaria copertura finanziaria».

8. Nel dettaglio, quali contributi riceve Teleticino?

Colombi riassume: «Degli 86 milioni per le emittenti televisive e radiofoniche, il 56% va alle 13 emittenti televisive regionali. Tale 56% è poi moltiplicato per il 65% e suddiviso in 13 parti uguali (le 13 emittenti televisive regionali). Il secondo criterio, che rappresenta l’11% del totale destinato alle televisioni regionali, è in funzione della densità demografica dell’area di competenza; da cui, essendo questo un criterio oggettivo, è anche insindacabile. Il terzo criterio, che anche rappresenta l’11% del totale destinato alle televisioni regionali, è funzione del potenziale economico del mercato di riferimento; per come è calcolato il potenziale economico della Svizzera italiana, porta ad avere un contributo per l’emittente televisiva a beneficio del canone appunto della Svizzera italiana praticamente pari a quello della Svizzera centrale (Zurigo). Potenziale economico che è funzione del PIL procapite che nella Svizzera italiana è però calcolato considerando nella somma al numeratore anche il salario generato dai lavoratori frontalieri che, però, non vengono considerati nel denominatore, sovrastimando quindi tale grandezza e portando, di conseguenza, ad avere un contributo pubblico più basso essendo questo inversamente proporzionale al potenziale economico dell’area di competenza».

9. Riassumendo, in Ticino chi ha ottenuto le concessioni per il periodo 2025-2034

Le decisioni del DATEC sono state comunicate lo scorso 11 gennaio. Nell’ambito delle radio locali complementari senza scopo di lucro, è stata creata a Lugano una nuova zona di copertura. In questo caso, la concessione ha premiato Radio Gwendalyn, con una quota di 554.995 franchi. Tra le radio locali commerciali, è stata ribadita la concessione nel Sottoceneri a Radio 3i (1.405.261 franchi) e nel Sopraceneri a Radio Ticino (1.598.538 franchi). Per quanto concerne le televisioni regionali, Teleticino ha ricevuto una nuova concessione da 3.815.656 franchi). Va sottolineato che, per il periodo precedente (2020-2024), Teleticino aveva ricevuto una quota di 4.239.618 franchi.

10. In definitiva, quale sarà il ruolo delle emittenti radiotelevisive private in futuro?

Secondo l’attuale mandato, un ruolo centrale. Ma se le entrate si abbasseranno ulteriormente, che cosa succederà? Alessandro Colombi: «Se le entrate si abbassano, siano queste commerciali o appunto da sostegno pubblico, e considerando che gli esercizi delle emittenti televisive regionali, a causa anche dell’andamento commerciale attuale, sono costruiti per arrivare al pareggio - e se generassero un utile questo non potrebbe essere distribuito per le regole UFCOM -, l’unica strada per rendere sostenibile il conto economico, sarà la riduzione dei costi. Purtroppo, il più delle volte una riduzione dei costi significa una riduzione del personale e delle competenze che sono maturate nel corso degli anni, con quanto ne può conseguire in termini di offerta editoriale (ridotta) e qualità. Vi sono inoltre ulteriori nubi all’orizzonte dettate da ciò che succederà per le emittenti televisive e radiofoniche regionali con una riduzione del canone a 300 franchi; con l’iniziativa “200 franchi bastano” era stato assicurato che il contributo per le emittenti regionali non sarebbe stato modificato in cifre assolute, ma non è stata ancora data una risposta alla domanda su che cosa succederà qualora la tassa Serafe fosse portata a 300 franchi». 

In questo articolo: