L'editoriale

Capire e agire per garantire un futuro alle valli

La resilienza, da sola, non basta: servono progetti concreti di salvaguardia e di rilancio
Paolo Galli
03.07.2024 06:00

Ieri era stato Luigi Pedrazzini, a sottolinearlo. A parlare del costo della messa in sicurezza di villaggi e infrastrutture di montagna. «Non si dovrà disinvestire, ma anzi fare di più per garantire la sicurezza massima possibile». Oggi rispondono, indirettamente, sempre sul Corriere del Ticino, anche Luigi Lorenzetti, storico delle Alpi, e Massimiliano Zappa, scienziato dell’istituto federale WSL. Lorenzetti ci avverte su quella che ritiene la maggiore minaccia, oggi: «Una politica di rinuncia. Dire di non riuscire a gestire i problemi, restare in balìa degli eventi climatici e abbandonarsi alla narrazione dell’incontrollabilità dei territori». E Zappa, dal canto suo, sancisce: «La lungimiranza non è mai scontata, e soprattutto ha un costo».

Un politico di lungo corso, uno storico e uno scienziato. Senza prevederlo, tutti e tre, con grande equilibrio, ognuno partendo dalle proprie convinzioni e dalle proprie esperienze, convergononel dirsi preoccupati per il futuro delle nostre montagne, nel riconoscere anche l’importanza di investire, oggi - non domani -, per evitare nuovi passi indietro, nuove fughe verso la città. Quello che era stato etichettato come un movimento demografico verso la montagna, successivo alla pandemia, direttamente connesso a essa - la riscoperta della natura, la necessità di spazi, di maggiori libertà, ma anche la possibilità del lavoro a distanza -, si è rivelato nulla più che un sussulto. Le statistiche non parlano a favore delle valli, anzi dicono l’esatto contrario. Con tutto ciò che ne consegue in termini economici, di sostentamento. Eppure sono proprio le valli, le nostre valli, a conservare parte del nostro passato, quella parte forse più intima e sentimentale, rurale e spontanea.

Ma se vogliamo scongiurare lo spopolamento, proprio come suggerisce Lorenzetti, va garantita un’edificazione sostenibile, che si confronti non con le conoscenze che avevamo in passato, ma con le proiezioni che abbiamo oggi, con la consapevolezza delle accelerazioni climatiche dovute al riscaldamento globale. Non sono proiezioni basate sul panico da eventi estremi, ma indicazioni che la scienza in realtà offre - o offrirebbe - ai decisori ormai da decenni. Di fronte alle temperature globali attuali, necessitiamo di adattamenti specifici. Non siamo dalle parti degli allarmismi tanto temuti da certa politica, ma semplicemente vanno riconosciuti determinati rischi, così come la trasformazione dei rischi stessi generata da condizioni che sono cambiate rispetto a quelle di decenni fa.

Rileggendo l’opinione di Pedrazzini, è particolarmente interessante un altro passaggio, che va proprio in questa stessa direzione. È quando sottolinea: «Adoperarsi per capire e per mettere in atto sistematicamente azioni volte ad aumentare la sicurezza, è il modo migliore e più concreto per rendere concretamente omaggio a chi in queste ore ha lavorato senza tregua per cercare i dispersi, aiutare le persone isolate, ripristinare un minimo di vivibilità nelle regioni colpite». Regioni colpite che non saranno vivibili ancora a lungo. I nostri colleghi sono saliti in Vallemaggia sia lunedì sia ieri, hanno visto con i loro occhi. Una volta rientrati a Muzzano dalle loro trasferte in Val Bavona e a Lavizzara, faticavano a descrivere il dramma. Massi grandi come palazzi, strade accartocciate. Le foto testimoniano questa devastazione. «Ma non rendono l’idea di ciò che è successo», ci garantiscono.

Intanto c’è chi, di fronte a tutto ciò, non ha il lusso di rimanere con le mani in mano. Sono i sindaci delle regioni di montagna, sono i municipali, le autorità e le forze dell’ordine, sono i volontari, sono intere comunità. Se vogliamo usare il termine tanto detestato - perché abusato - nel post-pandemia, be’ qui non è sbagliato parlare di resilienza. Ma la montagna non può basare il proprio futuro solo sulla resilienza, ha bisogno di progetti concreti di salvaguardia e di rilancio. Progetti che, come ricordano i nostri interlocutori, hanno un costo. Un costo necessario. Ne va di ciò che siamo, della nostra storia e dei nostri valori, ma soprattutto di ciò che saremo.

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