Società

Case anziani in Ticino, il costo annuo supera il mezzo miliardo

Comuni e Cantone coprono attualmente circa 200 milioni, il resto è a carico degli ospiti e delle casse malati - Alcune strutture cominciano ad avere problemi nel far quadrare i propri bilanci - John Baldi (ADiCASI): «Si impone una riflessione a livello politico su quale offerta vogliamo garantire»
I costi di gestione delle case anziani in Ticino sono cresciuti ogni anno fino a superare il mezzo miliardo di franchi. ©Gabriele Putzu
Dario Campione
13.11.2024 06:00

È giusto chiedersi quanto costa alla comunità ticinese l’assistenza in casa anziani? Ed è giusto utilizzare il solo metro economico-finanziario per misurare la solidarietà necessaria a sostenere chi ha più bisogno di aiuto? Le domande non sono retoriche. Soprattutto di fronte alla crescita vertiginosa della spesa affrontata ogni anno da Comuni e Cantone: quasi 201 milioni di franchi nel 2023, oltre 205 milioni nel 2024.

Le rilevazioni dell’Ufficio federale di statistica (UST) meglio dettagliate nell’articolo in basso sono chiare. Inequivoche. E pongono il problema della sostenibilità finanziaria, particolarmente sentito, in Ticino, da alcune strutture. Quelle, in particolare - tra le 76 esistenti - che tuttora non sono riuscite a fare «rete» per gli acquisti, la manutenzione, la gestione del personale o dell’amministrazione.

«Ci sono case anziani che cominciano ad avere difficoltà finanziarie e bilanci in perdita - dice al CdT John Baldi, direttore della Fondazione Opera Charitas di Sonvico e dell’Associazione dei direttori delle case per anziani della Svizzera Italiana (ADiCASI) - La realtà descritta dall’UST è autentica, anche in Ticino. È chiaro come a questo punto si imponga sempre di più una riflessione a livello politico su dove vogliamo andare con la nostra offerta, sulla qualità delle cure, che è costosa, e su quanto siamo disposti a pagare come cittadini».

La discussione sull’adeguamento delle tariffe resta aperta, aggiunge Baldi, il quale dice di comprendere «le difficoltà del Cantone. Ma i nostri collaboratori non hanno adeguamenti salariali da anni, né si sono visti riconoscere il carovita. Erodere le riserve accantonate nel tempo significa limitare gli investimenti e lavorare meno sulla progettualità». Insomma, un deciso passo indietro che, quasi certamente, non aiuterebbe in alcun modo a risolvere le questioni aperte.

Perequazione da rivedere

Questioni che sono moltissime. Lorenzo Quadri, municipale di Lugano e direttore del Dicastero formazione, sostegno e socialità, prova a riassumerne qualcuna: «L’invecchiamento della popolazione, ad esempio, o un sistema di perequazione a livello cantonale che non funziona ed è del tutto problematico. Nel 2018 - dice Quadri al CdT - Lugano contribuiva per 40 milioni, diventati 60 nel 2023». Il 50% in 5 anni, soltanto in parte compensati «da una riduzione della spesa attivata grazie a una rete capace di alimentare le economie di scala».

Lo scontro politico fra Comuni e Cantone ha assunto toni burrascosi dopo la presentazione dei preventivi 2024 e 2025, caratterizzati da tagli lineari proprio delle spese sociali. E il 30 ottobre scorso, in una nota ufficiale, l’Associazione dei Comuni Ticinesi (ACT) non ha usato giri di parole per manifestare il proprio disappunto: «Nei preventivi del Cantone sono state introdotte riduzioni lineari nei contratti di prestazione delle case per anziani e dei servizi di aiuto domiciliare che saranno a carico dei Comuni - ha scritto l’ACT - Stesso discorso per i fondi di riserva. Questi tagli indeboliranno molte strutture comunali e consortili finanziate in misura preponderante dai Comuni». Il Governo taglia, dice l’ACT, e a coprire i buchi devono pensarci i Comuni, i cittadini e le casse malati. Ma mentre queste ultime si muovono all’interno di una griglia definita di cosiddetti «gradi di dipendenza», gli utenti sono chiamati spesso a un sacrificio ulteriore.

«Il costo medio di un utente in casa anziani in Ticino oscilla attorno ai 300 franchi al giorno - spiega al CdT Paolo Beltraminelli, già consigliere di Stato e direttore del DSS e oggi presidente del Consiglio di Fondazione di Ca’ Rezzonico - ciò significa che, complessivamente, la spesa nel nostro Cantone per questo tipo di assistenza si attesta attorno ai 520,8 milioni di franchi» (secondo l’UST, gli ospiti in casa anziani in Ticino alla fine del 2023 erano 4.756, ndr). Tolti i 200 milioni stanziati da Cantone e Comuni, ne restano 320 da dividere tra le rette e i contributi delle casse malati.

Rette a geometria variabile

Il fatto è, ammette Beltraminelli, che «le rette variano, e di molto, da struttura a struttura. A Lugano, il costo massimo è di 130 franchi al giorno, ma ci sono case anziani in cui si può arrivare a sborsare anche 200 franchi». Un divario difficile da giustificare. Soprattutto se si pensa che, in ospedale, un paziente paga 15 franchi al giorno e, se ricoverato in cura intensiva può arrivare fino a 50. Il problema è legato al calcolo del reddito, spiega Beltraminelli. Calcolo sul quale pesano molte variabili.

«Una di esse andrebbe corretta - dice ancora l’ex consigliere di Stato - mi riferisco all’incidenza del 10% dei valori immobiliari. Un anziano proprietario di casa, costretto a lasciare la sua abitazione per essere ricoverato in casa anziani, vede aggiungere al suo reddito un decimo del valore dell’immobile». E quindi, di conseguenza, vede salire il costo della retta in misura spesso impossibile da coprire.

Già adesso, il costo minimo della retta è di 84 franchi al giorno, ovvero 2.600 franchi al mese. Qualcosa in più della rendita massima AVS. Molto, molto meno dei 10.446 franchi di costo medio calcolato dall’UST. «Abbiamo creato un sistema con aspettative alte, le case anziani non sono più quelle di molti anni fa - sottolinea Baldi - sono strutture in cui si svolgono attività di ogni genere e nelle quali sono garantite cure personalizzate. È inevitabile che il loro costo sia crescente».