C'è chi soffre e chi guadagna, ma quanto è resistente l'economia di guerra russa?

Da ormai più di 3 anni quella russa è diventata un’economia di guerra. Nonostante molti analisti avessero previsto un crollo delle finanze di Mosca, in seguito all’introduzione di numerose sanzioni internazionali, le cose non sono andate proprio così. Certo, l’inflazione ha raggiunto livelli molto elevati, il prezzo di alcuni beni è schizzato alle stelle, mentre per altre merci, semplicemente, ci si è dovuti arrangiare sfruttando altre rotte commerciali o facendo rinunce. Tuttavia, Mosca non si è piegata e, anzi, alcuni settori hanno tratto benefici dal conflitto. Stando a un nuovo rapporto dell'agenzia di rating russa ACRA, dal titolo «Cambiamenti strutturali nell'economia russa nel 2022-2024», a partire dal 2022 la situazione finanziaria ha subito cambiamenti strutturali che hanno influenzato praticamente ogni aspetto della vita nel Paese. Il Cremlino e la Banca di Russia parlano di una «trasformazione strutturale».
Di fatto, settori come la pubblica amministrazione, l'edilizia, la produzione militare e l'informatica sono cresciuti economicamente, mentre quelli sanitario e della vendita al dettaglio, su tutti, hanno sofferto. E le previsioni per i prossimi mesi sono tutt’altro che rosee.
Il cambiamento nella struttura finanziaria russa è associato agli ingenti sforzi profusi nel settore bellico, nonché al cambiamento dei flussi di esportazione e di importazione, specialmente per quanto concerne le fonti energetiche. In questo senso, la Russia ha salutato l’Occidente (non tutto, qualche Paese in un modo o nell’altro ha continuato a fare affari con Mosca), spostando gran parte delle sue rotte commerciali verso Cina, India, Corea del Nord, Turchia e Iran, spesso utilizzando le petroliere della cosiddetta «flotta ombra». Allo stesso tempo, il ruolo dell'agricoltura, dell'attività mineraria, dell'assistenza sanitaria e del commercio è passato in secondo piano.
In termini regionali, il cambiamento nella struttura dell'economia nel suo complesso è stato centripeto, ma non ha comunque interessato solo Mosca e San Pietroburgo. Come mostrano le statistiche pubblicate da ACRA, dal punto di vista degli investimenti, negli ultimi tre anni è aumentato il ruolo delle città meno blasonate e dell'Estremo Oriente, mentre le regioni centrali del Paese, al contrario, hanno ricevuto meno investimenti e prestiti. Poiché l'attività mineraria è altamente concentrata geograficamente, le dinamiche negative in questo settore hanno portato al declino economico in diverse regioni.
La struttura del commercio estero ha subito contraccolpi significativi. Il cambiamento radicale nelle rotte commerciali ha interessato almeno il 40% delle esportazioni e delle importazioni di merci. Dal 2022 al 2023, è avvenuto un vero e proprio stravolgimento, in quanto i membri dei BRICS hanno sostituito i Paesi occidentali come principali partner commerciali della Russia.
L'aumento economico maggiore, pari al 18,5%, si è registrato nel settore della pubblica amministrazione, che ha iniziato a espandersi nel primo trimestre del 2022 e ha continuato a crescere, con un ritmo in accelerazione nel 2024. Le spese complessive sono aumentate di quasi il 50%, mentre la spesa per l'amministrazione governativa è aumentata di quasi 2,5 volte.
Tuttavia, anche se la pubblica amministrazione è aumentata a un ritmo crescente, l'economia russa nel suo complesso sta rallentando in modo significativo, sottolinea l'emittente indipendente russa Radio Svoboda. Ciò suggerisce che una maggiore spesa pubblica sta producendo rendimenti in calo. Secondo il Center for Macroeconomic Analysis and Short-Term Forecasting, entro la seconda metà del 2024 la spesa pubblica russa non sarà più sufficiente a sostenere il ritmo dell'industria bellica, con un inevitabile rallentamento nella produzione di armamenti e munizioni.
Il secondo settore che è cresciuto in modo significativo dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina è quello dell'edilizia, con un incremento del 15% in 3 anni. Nel 2024, però, è stato raggiunto il picco e ora sta iniziando un lento declino. Questo perché, nei 3 anni precedenti, le attività edilizie hanno lavorato senza sosta per ricostruire gli edifici distrutti nei territori ucraini occupati, per sviluppare strutture industriali in grado di supportare l’espansione della produzione militare e la sostituzione delle importazioni, e hanno irrobustito le infrastrutture in modo da eliminare i colli di bottiglia verso la Russia orientale. Ma nel 2024 i mutui agevolati sono terminati, il numero di città e villaggi occupati dalla Russia in Ucraina è rimasto pressoché invariato e il settore edile sta ora affrontando un forte calo della domanda.
A completare i primi tre settori in più rapida crescita, c'è il settore manifatturiero, che include tutta la produzione militare. Il settore ha inizialmente registrato una flessione all'inizio del 2022 a causa del ritiro degli investitori occidentali dai progetti civili, con gli impianti di assemblaggio per i marchi automobilistici colpiti più duramente. Tuttavia, entro il 2023, la rapida crescita della produzione bellica ha riportato il settore in territorio positivo rispetto ai livelli pre guerra. In questa fase del conflitto, la produzione di armi sta però creando più sfide economiche che benefici sia per l'economia che per la gente comune. L'aumento dell'inflazione, la carenza di manodopera e i tassi di interesse proibitivi sono, in larga misura, conseguenze dell'aumento della produzione di armi.
Per quanto riguarda i settori che più hanno sofferto, al primo posto svetta l'assistenza sanitaria, la quale si è contratta del 5,1%, nonostante la domanda di servizi medici sia aumentata a causa della guerra. Il taglio alle spese sanitarie rappresenta un indubbio segnale di come gli standard di vita dei russi si siano deteriorati.
Al secondo posto ci sono le industrie estrattive, che si sono contratte di poco meno del 5%. Il settore è stato colpito dagli effetti combinati di prezzi più elevati legati alla crisi energetica e delle sanzioni internazionali. La maggior parte delle perdite è ricaduta su Gazprom, che ha perso gran parte del suo mercato europeo e ha registrato un crollo record nel 2023.
Infine, anche il commercio è diminuito, riducendosi del 2,2%. La contrazione del settore rispetto ai livelli prebellici indica che la popolazione russa è stata costretta a tagliare i consumi di tutti i giorni, con un significativo impatto sulla qualità di vita. Decine di milioni di russi estranei al settore bellico hanno dovuto tirare la cinghia.