Ticino

C'è chi sta male ma evita le visite per risparmiare

La scelta di non farsi controllare o di non chiamare l'ambulanza pensando ai costi è ricorrente anche in Ticino – Lo sa bene chi opera sul campo – La testimonianza di una madre di famiglia: «Basta controlli, so già quanto li pagherei»
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Un dolore forte al petto. Il primo pensiero, spinto da un timore crescente, è logico: andare dal medico. Poi arrivano altri pensieri. Sono accompagnati da numeri e da un altro tipo di paura. «Quanto mi costerà?» si chiede il protagonista di questa storia. Aspetta un minuto. «Sarà una fitta muscolare». Sarà. Man mano il dolore svanisce, ma non è un lieto fine: una persona ha messo in secondo piano la sua salute per far quadrare il bilancio familiare, che evidentemente in quel momento era in equilibrio precario, o era condizionato da altre priorità. È un caso accaduto e non isolato. Non curarsi per evitare il costo di una visita - di solito quando la franchigia è tenuta al massimo per arginare i sempre meno sostenibili premi di cassa malati - è una scelta ricorrente anche in Ticino. Lo conferma chi lavora sul campo. Come Massimo Odorico, dottore al Centromedico di Lugano. «Ricordo un paziente - racconta - che aveva bisogno di controlli almeno tre o quattro volte l’anno. Quando gliel’ho detto, mi ha risposto “calma…”: non voleva fare più di due visite. Poi, essendoci un rapporto di amicizia, mi ha confidato i suoi problemi economici. E come lui altri». In casi del genere il dialogo e la comprensione non mancano, ma ciò, a mente di Odorico, non toglie la gravità del problema di fondo. «I ragionamenti finanziari non dovrebbero mai entrare in un discorso medico. Un dottore non può scendere a compromessi: è contrario alla sua etica. Alcuni pazienti però fanno valere questo tipo di argomenti e per noi diventa difficile far bene il nostro lavoro».

I medici di famiglia come Odorico sono poi confrontati con un ulteriore problema, che li catapulta da un estremo all’altro: le persone che vanno dal dottore anche se non ne avrebbero bisogno. «Cerchiamo di spiegare quando una visita o una terapia non sono necessarie, però anche questo è sempre più difficile. La pandemia ha rotto alcuni equilibri ed è venuta meno la fiducia nel sistema. Inoltre, vari pazienti pensano di aver acquisito competenze mediche e di saper da soli cosa fare». Tendenze che s’intrecciano con i cambiamenti del settore. «La medicina è sempre più avanzata: si possono fare molte cose, soprattutto nella diagnostica precoce, e la gente sente il bisogno di avere più medicina. Questo però ha un costo. Pensiamo alla chirurgia robotica: svilupparla comporta investimenti altissimi. Così il sistema diventa sempre più oneroso, i cittadini faticano a pagare i premi e alcuni non si curano per motivi economici».

I soldi caratterizzano anche un’altra «battaglia» a cui sono chiamati i dottori: quella con le casse malati. «Quando scelgo un farmaco pensando che sia il migliore per il mio paziente, spesso le assicurazioni mi rispondono: “È caro, perché non gli prescrivi quest’altro che costa meno ed è comunque efficace?”. In pratica, devo dimostrare perché ho scelto un medicamento anziché un altro».

Lo strano caso del 144

Il problema di chi risparmia sulla salute è noto anche a chi presta il primo soccorso - o vorrebbe prestarlo - come gli operatori delle ambulanze. Il quadro dipinto dal direttore della Federazione Cantonale Ticinese Servizi Autoambulanze Roberto Cianella è allarmante e destinato a peggiorare: «Il “paziente tipo” dell’ambulanza ha almeno 65 anni e nel prossimo decennio il 30% dei residenti in Ticino supererà quell’età, con gli over 80 che cresceranno di quasi il 50%. Ciò aumenterà il numero dei potenziali interventi, ma con un grosso problema a monte: i pazienti non ci chiameranno più, perché non potranno pagare il servizio». Questo scenario è figlio di un sistema che, a Cianella, risulta essere «fortemente antisociale». Facciamo un esempio. «Il 2 gennaio un’anziana esce di casa, si rompe una gamba e ha solo l’assicurazione di base. Arriva l’ambulanza, che le fattura 1.000 franchi. La cassa malati copre il 50% - fino a un tetto annuo massimo di 500 franchi o, se si è in pericolo di morte, 5.000 -, dunque almeno 500 franchi sono a carico della donna, che esaurisce così tutta la copertura annuale. Ma se ad aprile dovesse avere un problema al cuore, chiamerebbe ancora l’ambulanza? No».

Per il direttore il costo della «macchina» che garantisce la prontezza d’intervento, quindi la sicurezza sanitaria, dovrebbe essere a carico del Cantone e dei Comuni, così da far pagare al paziente solo le ore di prestazione di cui beneficia. «Invece accade che sia l’utente a dover finanziare una parte di questa prontezza. È come se un agente emettesse una multa di parcheggio e, al posto di fatturare 40 franchi, ne facesse pagare 4.500, caricando una parte dei costi del personale della polizia».

Il Ticino è poi l’unico cantone in cui il 144 non è di proprietà dell’ente pubblico, bensì dei Servizi ambulanza, che alla fine riversano i costi sul paziente. Parliamo di 2,5 milioni annui. «Il sistema è quindi finanziato quasi interamente da chi usa l’ambulanza». Per evitare che in futuro, viste le difficoltà descritte, questo finanziamento venga a mancare, il settore sta spingendo per una modifica della LAMal che porti la copertura fra l’80% e il 100%. «In questo caso il premio annuo per ogni assicurato - conclude Cianella - crescerebbe di 12 franchi. Un’alternativa sarebbe sostenere il Servizio ambulanza tramite le imposte, che salirebbero di circa 100 franchi annui, e mettere a disposizione il servizio gratis. In ambedue i casi non impediremmo ai meno abbienti di accedere al soccorso». Il rovescio della medaglia, secondo alcuni, è il rischio che le persone chiamino l’ambulanza anche quando forse non sarebbe necessario. 

La testimonianza: «Basta controlli, so quanto li pagherei»

Parla una madre di famiglia che soffre di una malattia agli occhi: «Fatture esorbitanti»

«Ammalarsi oggi è considerato un lusso». «Vado dal dottore solo quando la soglia del dolore è al massimo». «Evito le visite mediche, anche quelle preventive, per non avere ulteriori costi che pesino sul bilancio familiare». «Sono stato male di notte e sono andato al pronto soccorso con la mia auto». Sono solo alcune delle frasi che abbiamo raccolto dai nostri lettori e che testimoniano come diverse persone mettano in secondo piano la salute per far quadrare i conti.

Un po’ come è accaduto - e accade tuttora - a Lucia (nome di fantasia) che dallo scorso dicembre non si è più sottoposta a visite mediche per tenere monitorata una malattia autoimmune agli occhi di cui soffre, memore delle «fatture esorbitanti» che si era vista recapitare in passato. «Due anni fa ho avuto l’uveite in maniera importante. Facevo visite una o due volte al mese e costanti prelievi di sangue - ci racconta - oltre ad acquistare vari medicamenti. La cura è durata un anno e avevo la franchigia alta per risparmiare sulla polizza mensile. La prima fattura è stata di 1.500 franchi, le seguenti tra i 600 e i 700. Lo scorso giugno sarei dovuta andare dal medico per un’altra visita, ma ho evitato, perché sarebbe costata più di 500 franchi per un controllo di pochi minuti. Oltretutto, ospedali e medici di famiglia non si parlano: mi è capitato di pagare due volte lo stesso esame del sangue a distanza di alcuni giorni. Io e mio marito abbiamo due figli a carico e un mutuo da pagare. Non è giusto essere costretti a risparmiare su questo aspetto».

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